Confindustria: guerra, inflazione, pandemia frenano l'economia

- di: Diego Minuti
 
L'economia globale, che la fine della prima e più devastante ondata della pandemia mostrava incoraggianti segni di ripresa, è tornata a marciare in salita, zavorrata da molti fattori, alcuni arrivati inaspettati (come la guerra decisa dalla Russia contro l'Ucraina), altri, come l'inflazione, che aleggiava da tempo e contro cui le contromosse della Banche centrali sono forse arrivate con colpevole ritardo. Il rapporto del Centro Studi di Confindustria traccia un quadro delle evidenze della congiuntura negativa dell'economia, dicendo, a proposito di quella italiana, che la guerra, colpendo l'Europa, sta in particolare fortemente penalizzando il nostro Paese, che non ha gli strumenti per fronteggiare il lievitare dei prezzi dell'energia e di altre materie prime. Poi, per Confindustria, ''gli interventi pubblici sono ancora insufficienti'', l'industria registra il peggioramento di tutti gli indicatori, con i servizi ''in stallo'', mentre molte ombre si addensano sul nostro export. 

Ma anche gli ''altri'' hanno i loro problemi:  nell’Eurozona ''pesano incertezza e sfiducia e i tassi di interesse a lunga sono in rialzo''; negli Stati Uniti l’inflazione penalizza l'economia; in Cina il rimanifestarsi del Covid-19 rallenta la macchina produttiva.
Nel rapporto si evidenzia come la guerra in Ucraina abbia amplificato, per l'economia italiana, ''i rincari di energia e altre commodity'', accresciuto ''la scarsità di materiali e l'incertezza''. Questo, ''sommandosi agli effetti dei contagi'', contribuisce a ridurre il Pil nel primo trimestre dell'anno, con prospettive non positive anche per il secondo, posto che l’andamento in aprile appare compromesso.  Sono i costi energetici, schizzati a livelli altissimi, a determinare una situazione complessiva molto delicata. 
Il prezzo del petrolio ha toccato a marzo un picco di 133 dollari al barile a marzo (in aprile si è assestato a 104 dollari), quando a dicembre era di appena 74 dollari al barile. Stesso andamento per il gas naturale in Europa: picco a 227 euro/mwh a marzo, assestamento a 104 in aprile. Cosa che significa che costeggi un +700 per cento rispetto al prezzo pre-pandemia. In linea con gli altri costi dell'energia, anche quello dell’elettricità in Italia continua a crescere in modo impetuoso (+523% nello stesso periodo).  Anche le altre materie prime hanno risentito della situazione generale. metalli +86%, cereali +77% a marzo da fine 2019. 

In questa situazione, secondo Confindustria, la risposta del Governo non è stata efficace, per effetto di quelli che definisce ''interventi parziali'', spiegando che le iniziative dell'esecutivo (circa 14 miliardi di euro: 11 a sostegno di famiglie e imprese; tre per primi interventi strutturali su gas, energie rinnovabili e a sostegno delle filiere dell'automotive e dei microprocessori) sono state adottate senza ricorrere a deficit aggiuntivo. Il quadro che Confindustria disegna per il comparto produttivo è fortemente pessimistico, rilavando come ''peggiorano tutti gli indicatori'', mentre a marzo si è accentuata ''l’erosione della fiducia delle imprese manifatturiere, già in atto da fine 2021'', con gli ordini totali per la manifattura ''in flessione ancora contenuta''. 
Contagi e incertezza generale comprimono la mobilità delle famiglie (per il tempo libero -16,6% nel 1° trimestre dal pre-Covid), indebolendo la domanda di servizi, mentre il turismo non ha ancora recuperato rispetto ai livelli ante pandemia.   Le guerra in Ucraina ha avuto riflessi fortemente condizionanti per le nostre esportazioni.

''L’export italiano - si legge nel rapporto - cresceva prima del conflitto: +5,8% a dicembre-febbraio sui tre mesi precedenti, ben oltre i livelli pre-Covid. Buona parte dell’aumento era dovuta al rialzo dei prezzi sui mercati esteri (+2,8%). Erano in crescita le vendite nei principali mercati, UE ed extra-UE, e settori manifatturieri (ma ancora deboli gli autoveicoli). I primi effetti della guerra in Ucraina, però, sono già visibili negli ordini manifatturieri esteri, in forte calo a marzo''.  I Paesi dell'Eurozona stanno peraltro confrontandosi con una preoccupante inflazione (+7,5 a marzo), che grava sulle prospettive economiche.  Anche gli Stati Uniti stanno facendo i conti con l'inflazione, che è tra le cause di una revisione al ribasso della previsione di crescita per il 2022 (da +4% a +2,8), comunque con alcuni dati (crescita della produzione industriale, tasso di occupazione, vendite al dettaglio) che inducono a pensare che l'economia americana possa rispondere meglio di altre alla contingenza avversa. Diverso il panorama cinese che ha visto l'economia frenata dalle rigide misure adottate per contrastare l’ennesima ondata di pandemia. Costringendo milioni di persone a sottostare a ferree limitazioni negli spostamenti, i consumi si sono depressi, cosi come la fiducia degli imprenditori cinesi ai minimi da tre mesi. 

I dati evidenziano che l’economia europea sta risentendo di più di quella americana i contraccolpi del conflitto in Ucraina, come dimostrato dal balzo dell'inflazione. Una stretta monetaria, cioè un rialzo dei tassi, potrebbe poi frenare solo parzialmente i prezzi, ma abbatterebbe ancor più il PIL. Sul fronte dei tassi, si legge nel rapporto, mentre la Bce tiene fermi quelli ufficiali,  i tassi di mercato a lungo termine nell’Eurozona stanno già salendo rapidamente. Come dimostrato il Bund a 10 anni (negativo a fine gennaio, -0,03%,  balzato a 0,83% in aprile) e il BTP (salito da 1,26% a 2,44%).  Il Centro Studi di Confindustria sottolinea poi come ''il rialzo dei tassi a lunga è un problema per l’Italia (e gli altri paesi). Farà crescere gradualmente la spesa per interessi, man mano che le nuove emissioni avverranno a tassi più alti. Perciò, l’Italia avrà meno spazi di bilancio per mettere in campo una nuova manovra espansiva di finanza pubblica. Dato l’alto debito, le politiche dovranno essere prudenti anche per evitare ulteriori balzi dello spread. Inoltre, se il rialzo del BTP si trasferisse al costo della raccolta bancaria e facesse crescere anche il costo del credito, ciò determinerebbe un ulteriore aggravio di costi per imprese e famiglie, già colpite dal caro-energia. Questo penalizzerebbe sia gli investimenti che i consumi privati, zavorrando il PIL italiano''.
Nella foto: Carlo Bonomi, Presidente Confindustria
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