Il basso, il grasso e il cattivo gusto

- di: Barbara Bizzarri
 
Il corpo delle donne è un campo di battaglia: lo è da tempo immemore, e già questo disturba, ma il fastidio si accentua ancora di più quando a intervenire è gente che farebbe meglio a starsene zitta in un angolo. Come ho sempre sostenuto, è buona norma guardarsi dai cosiddetti cessi: in genere sono più rancorosi dei belli, e hanno ingoiato troppi rospi che non vedono l’ora di risputare addosso a chi ha avuto la fortuna, e lo stigma, oppure i soldi, fate un po’ voi, di nascere oppure diventare bello. Tant’è: gliel’hanno giurata, soprattutto quando l’oggetto della distruzione è come vorrebbero essere e non sono né saranno mai. In questo caso, alta, magra e figa: ultimo esempio di questi tempi esageratamente ipocriti, dove da una parte si condanna il bullismo sull’aspetto fisico (che è sempre esistito, da che mondo è mondo), dall’altro i primi che si stracciano le vesti al grido di ‘no al bodyshaming’ sono poi in prima linea per metterlo in pratica (ma quando lo fanno loro è ‘irriverenza’), e perfino a frignare quando si ritrovano nei panni disagevoli delle vittime. Sono sempre gli stessi che vomitano astio partendo dal nemico numero uno: il corpo. 

Potenza della velocità a cambiar opinione, che da sola dovrebbe dare loro l’agio di dimagrire, invece di piagnucolare sui giornali a ogni deglutizione di palloncino da intervento gastrico. Fatto sta che la povera Ilaria Capponi, ex modella andata in tv dopo l’addio alle passerelle per raccontare i canoni stringenti e pericolosi imposti dalla moda per cui ormai sfilano soltanto ragazze dal metro e settantacinque in su e rigorosamente taglia 40 (niente di nuovo), dopo aver parlato anche dei disturbi alimentari da cui è stata afflitta per anni per mantenersi all’altezza di standard così irreali, si è sentita apostrofare da Platinette (Platinette!)  con un “ha il culo basso”, mentre usciva dallo studio, dopo l’ameno intervento di Guillermo Mariotto, armato di metro e considerazioni volte a banalizzare la battaglia contro i rischi per la salute nella ricerca di una magrezza eccessiva. 

Lei ha reagito con grande signorilità: “È stata la controprova che c’è bisogno di dire quello che ero andata a dire”. Non si può dire lo stesso dei cuordileone presenti a ItaliaSì!, dato che uno si è messo a frignare e l’altro, semplicemente, tace. D’altronde, lo stilista è noto per esternazioni di questo tipo: ricordo che apostrofò con un simpatico ‘vacca’ una mia amica, modella alta 1.82 centimetri e che portava la 40/42. Forse il leggero sbilanciamento verso la 42 lo disturbava, resta il fatto che coerentemente, Lagerfeld a un certo punto si mise a dieta per poter insultare le modelle da una posizione che non fosse quella di un bidone per l’umido abbandonato sulla spiaggia. Ma lui era il divino Karl. 

Guarda caso, però, sono quasi sempre gli uomini ad arrogarsi il diritto di giudicare il corpo delle donne, anche quelli che in virtù dei loro trascorsi dolorosi di emarginazione (o almeno così li descrivono, perché il fluire delle lacrime rientra sotto altra forma in saccoccia) dovrebbero avere il buongusto di tacere: ma perché resistere, se si può offendere qualcuno, in particolare se si trova nello stesso salotto televisivo a discettare di disturbi alimentari? Infatti, non si resiste, tanto le lacrimucce di coccodrillo sono un passepartout perfetto e a buon mercato per rinverdire ogni popolarità spenta, o anche leggermente offuscata. Non dico che le donne siano migliori, anzi, sanno essere squisitamente perfide: in questo caso, i commenti riuniscono la cattiveria tipica dei maschi padroni e il rodimento delle vorrei ma non posso, nel solito sciupìo devastante di denaro pubblico. Auguri. 
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