L'Italia sta abbandonando al loro destino le sue generazioni future

- di: Diego Minuti
 
Tanto per continuare a citare (sia pure stravolgendolo) uno dei giganti della letteratura americana degli ultimi decenni, Cormac McCarthy, potremmo dire che l'Italia non è più un Paese per giovani, per ragazzi e per bambini, visto che ormai questo fondamentale segmento della popolazione sta subendo un progressivo depauperamento, che si traduce in una diminuzione di numeri e percentuali di coloro che possono dire di avere un accesso normale all'istruzione, alla socializzazione e persino ad una alimentazione normale. Non è una singola condizione, perché in questo crogiuolo diseguaglianze si trovano bambini e ragazzi cui viene negato il diritto ad essere istruiti nel momento in cui vivono in nuclei familiari che non considerano lo studio come formazione, ma più banalmente come occasione per sottrarre potenziali fonti di reddito all'economia domestica. 

Molti di quelli cui la generazione degli adulti di oggi dovrà passare il testimone si vedono privati dell'accesso agli strumenti di accrescimento culturale semplicemente perché non se lo possono permettere, costringendoli sovente (lo fa un ragazzo su sette) ad abbandonare la scuola. E coloro che vanno avanti, non potranno, alla fine del loro percorso di formazione, essere realmente preparati per entrare nel mondo del lavoro. I numeri, sebbene non possano sempre radiografare con esattezza una situazione in continua evoluzione, raccontano di una povertà che cammina su un doppio drammatico binario che riguarda quella economica e quella educativa. La prima, secondo l’associazione Con i bambini, coinvolge, nella fascia di quella assoluta, quasi un milione e 400 mila i minori, mentre altri 2,2 milioni vivono in condizione di povertà relativa

Il disagio accentua la sua gravità quando si parla della fascia di età tra i 15 e i 29 anni, cioè di soggetti che sono in età scolare o che, una volta completato il percorso di formazione, si dovrebbero avvicinare al mondo del lavoro. Secondo le più recenti statistiche, in questo segmento di popolazione il 23,1% non ha un lavoro, non studia e non partecipa ad un processo formativo. Quello che dovrebbe fare riflettere non è solo la percentuale, quanto il fatto che è doppia di quella degli altri due più importanti Paesi europei - Francia e Germania -. Questa situazione, già preoccupante, è stata aggravata dall'abbattersi della pandemia, che ha peggiorato lo stato delle cose. A cominciare dal fenomeno della dispersione implicita, con cui si definisce quella parte degli studenti che ultimano il percorso scolastico, ma senza avere le competenze di base adeguate. Questa porzione di futuri cittadini che finiscono la scuola, ma sono impreparati alla vita come parte di una comunità, varia a seconda delle regioni. 

E devono fare riflettere i dati elaborati dalla fondazione Openpolis, in base a rilevazioni relative al 2022, che sottolineano una evidente divaricazione tra Nord e Sud per quanto riguarda la dispersione implicita. Numeri che non hanno bisogno di alcun commento:  Campania (19,8%), Sardegna (18,7%), Calabria (18%) e Sicilia (16%). Né migliore è il quadro dell'abbandono scolastico che, a fronte di una media nazionale del 12,7%, vede punte - intollerabili - in tutto il meridione, a cominciare dal  21,1 % della Sicilia. 
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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