Morgan insulta chi lo contesta, dimenticando che l'artista è al servizio del pubblico

- di: Bianca Balvani
 
Essere o ritenersi un artista non dà l'autorizzazione a comportarsi come se, pur sentendosi al centro del mondo, tutto sia autorizzato, perché ci sono limiti (a cominciare dal rispetto per gli altri e dalla decenza) che non possono essere superati. Queste piccole e scontate regole di buonsenso non sembrano fare parte della dotazione neuronale di Morgan che nel corso di uno spettacolo, a Selinunte, ha battibeccato con una parte del pubblico che non aveva gradito che il tema della serata - un omaggio a Franco Battiato - fosse servito al cantante-performer per infilarci brani di altri artisti In linea di principio siamo d'accordo con Morgan sul fatto che, da autore del suo spettacolo, possa deciderne scaletta e sviluppo senza doversi giustificare con qualcuno del pubblico.

Che, se non gradisce o se si sente deluso dallo spettacolo, ha l'arma dell'abbandono: si alza e se ne va, magari mugugnando, magari dicendo di volersi lamentare, ma non intavolando un contraddittorio con chi sta sul palco. Il quale, però, non è un dio mandato sulla Terra a spargere la sua arte ritenendola per principio non contestabile. Invece Morgan non solo ha preso a bisticciare con quella parte di pubblico che lo contestava, quanto ha aperto la borsa della maleducazione, insultando, facendo ricorso a parolacce e, tanto per gradire, sparando un epiteto omofobo, come se chi lo stava contestando non potesse che essere gay e, peraltro, composto di materia organica effetto del processo della digestione. L'impressione che si è avuta assistendo allo spettacolo (non quello artistico, ma la sequenza di parolacce e considerazioni generali su cosa sia l'arte in Italia) è che Morgan cerchi sempre l'occasione per ribadire quello che per lui è scontato: essere il solo artista vero sulla piazza, l'unico che può spaziare tra gli stili e gli autori solo per il fatto di essere sé stesso e, quindi, di non dovere rispondere a nessuno delle sue scelte - e sin qui ci siamo - e del suo modo di esprimerle  - ed è qui che sbaglia, in modo clamoroso -.  

Morgan, anche se il suo spaventosamente sterminato egocentrismo non glielo farà mai ammettere, è figlio illegittimo dello sgarbismo, di quel modo di porsi davanti ad una platea - reale o virtuale - come se spargesse pillole di conoscenza a chi nemmeno le merita. Lo ha detto anche lui, a Selinunte, usando il concetto di ''perle ai porci'' che è insieme la conferma di una esagerata considerazione di sé stessi e la denigrazione dei destinatari del messaggio del ''vate''. Ma Morgan è Morgan e Sgarbi é Sgarbi e, censurando allo stesso modo la scurrilità delle cose che dicono o hanno detto, c'è una differenza abissale tra i due, accomunati solo dalla sicurezza di essere per gli altri un bene divino, calato dall'alto a portare saggezza a chi non la merita nemmeno. 

Poco, a questo punto, vale che Morgan da qualcuno (ieri ci ha scritto il sito di Repubblica, scatenando una montagna di post tutti critici sull'articolo) lo abbia in qualche modo difeso dicendo che tutti lo conoscono. Quindi, prendere o lasciare. 
Ma, col massimo rispetto, stiamo parlando di Morgan, non di Leonard Cohen, Paolo Conte o Bob Dylan. Stiamo parlando di qualcuno che per vivere deve esibirsi e quindi deve soggiacere alle leggi del palcoscenico, cercando di restare sé stessi. Cosa che in fondo Morgan ha fatto, ma senza alcun rispetto per gli spettatori e per quei suoi colleghi (anche se lui non li considererà mai tali) che ha citato come esempi negativi. E, infine, se si ritiene almeno un paio di spanne sopra gli altri, forse dovrebbe considerare che, per tutti, è solo un cantante che, per sbarcare il lunario, fa il giudice per un talent musicale. Cosa normalissima, ma che fa a pugni con la superiorità che Morgan sbandiera. Il ''tengo famiglia'' è un principio che vale quasi per tutti.  
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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