Salviamo la Sfattoria!

- di: Barbara Leone
 
Gli animali sono nostri fratelli. E’ questo lo striscione che troneggia all’entrata della Sfattoria degli ultimi, un rifugio per animali maltrattati e destinati ai macelli che si trova sulla Flaminia alle porte di Roma. Un’oasi di pace, e di vita. Messa su con sacrifici e cuore da un gruppo di ragazzi che sono un massaggino per l’anima, perchè con la loro sensibilità ci fanno sperare davvero che un mondo migliore è possibile. Perché sì, esiste un’umanità silenziosa che è mille volte superiore a quella becera e sguaiata che popola ogni giorno le cronache dei nostri giornali a suon di violenze, soprusi e volgarità. E questi ragazzi ne sono la prova. Tutto il loro tempo libero e le loro risorse le investono sugli ultimi. E non gli ultimi umani, che sarebbe già più che encomiabile. Ma sugli ultimi degli ultimi tra gli animali: quelli che finiscono nei piatti.

Con l’ovvia conseguenza che si beccano insulti e derisioni d’ogni genere. Perché passi salvare cani e gatti, ma polli e maiali anche no. Quelli con le patate so’ na favola. E invece la favola la stanno scrivendo questi ragazzi, sottraendo dalle grinfie di cacciatori, macelli e allevamenti intensivi tantissimi animali destinati proprio a finire al forno con le patate. Non esiste specismo all’interno della Sfattoria. Tutti gli animali sono uguali. Che siano teneri agnellini, scrofe o vitelli l’imperativo è uno e uno solo: vivere. E in questa loro missione i giovani della Sfattoria ci mettono un cuore che la maggior parte di noi ha messo in cantina. Ma, come spesso accade, quando esiste una bella e sana realtà il diavolo ci mette lo zampino. Ed il diavolo, quando si tratta di animali, ha quasi sempre sembianze umane. Quest’allegro e festoso asilo a quattro zampe rischia ora di dover aprire i suoi cancelli agli aguzzini in camice bianco. Con la scusa delle peste suina africana, infatti, la Regione Lazio ha disposto la condanna a morte dei maiali e cinghiali ospitati nella struttura: circa 130 esemplari, tutti microchippati, amati, coccolati e monitorati sotto tutti i punti di vista. Cuccioli e adulti che godono di perfetta salute, e che quindi non potrebbero mai contagiare altri animali dal momento che non sono destinati alla produzione alimentare. Ma, anzi, vivono alla stregua di un qualunque cane o gatto di casa.

Che vuol dire scorazzare per i prati, interagire con gli esseri umani e dormire placidamente in calde cucce fatte apposta per loro. Perché, per chi non lo sapesse, i suini oltre ad essere molto intelligenti sono anche animali molto affettuosi. Senza contare che il loro abbattimento, che orrida parola, avverrebbe attraverso elettroshock. Così, per sfizio. Anzi, dicono dalla Regione, perché sono pericolosissimi per la salute degli esseri umani. Peccato che nella fattispecie stiamo parlando di animali sanissimi. Peccato che, oltretutto, la peste suina africana non fa il salto di specie (lo dice la scienza, non noi). E peccato, ancora, che non essendo animali destinati alla produzione alimentare pur se malati (e non lo sono) non contagerebbero altri animali da macellare. Di grazia, quindi, in cosa consisterebbe il pericolo per l’essere umano? Nel nulla cosmico, come la mente che ha partorito quest’assurda e crudelissima ordinanza. Che oltretutto, come giustamente fa notare Vittorio Feltri dalle sue pagine social, costituirebbe un pericolosissimo precedente. “In qualunque momento - scrive Feltri che, chapeau, quando ci si mette è di un acume e sensibilità straordinari -  qualunque direttore di una Asl veterinaria potrà addurre come pretesto un virus (in questo caso il diffondersi, assai limitato, della peste suina africana, una malattia virale che colpisce i suini domestici e selvatici, non si trasmette all’uomo e dunque non sussiste alcun pericolo per la salute umana) e comandare di abbattere i nostri cani, gatti, animali da compagnia. Si creerebbe un precedente intoccabile e, da quel momento in poi, faranno sempre ciò che vorranno dei nostri affetti!

Non possiamo permettere questo abuso di potere”. E difatti, in maniera totalmente trasversale, si sono mobilitati in tantissimi. E proprio in queste ore alla Sfattoria si è dato vita ad un vero e proprio cordone umano a difesa degli animali condannati a morte da una burocrazia stolta e cinica. Stanno venendo da tutt’Italia a presidiare il rifugio, e sono tantissime le voci di politici d’ogni colore che si stanno alzando per implorare pietà. E’ di poche ore fa la notizia che il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso presentato dall’associazione contro la decisione della Asl 1 di Roma che pochi giorni fa ha notificato questa barbara ordinanza. Gli appelli si moltiplicano sui canali social, ed è chiaro a tutti che questa condanna a morte non ha alcun senso. O forse sì. E non è la nostra salute, che è più che al sicuro. Ma per la salute, alias il portafogli, degli allevatori. Che, unitamente ai cacciatori, in Italia fanno il bello ed il cattivo tempo e hanno sempre l’ultima parola in fatto di benessere animale. E dire che nella vicina Svizzera, dove ad esempio l’allevamento di galline in batteria è stato vietato addirittura nel 1996, a settembre ci sarà un referendum per l’abolizione degli allevamenti intensivi.

Magari non passerà, ma intanto loro ci provano. Sanno che esiste un problema. Che è etico, morale ed anche, questo sì, di tutela della nostra salute. Perché viste le condizioni in cui vengono tenuti gli animali e gli evidenti usi di antibiotici non si può certo pensare che cibarsi della loro carne faccia bene alla salute. E lo dice la scienza, mica gli animalisti. Motivo per cui in Olanda e in altri Paesi del nord Europa stanno drasticamente riducendo il numero degli allevamenti intensivi. Perché piaccia o non piaccia il mondo dovrà necessariamente andare in quella direzione. Invece qui si pensa solo a ridurre drasticamente il numero degli animali: i cinghiali sono troppi, i caprioli sono troppi, e le nutrie sono troppe… Boom, boom, abbattiamoli! Con la storia dei cinghiali, poi, negli ultimi tempi i cacciatori stanno facendo carne di porco. Nel senso letterale del termine. Certo che c’è un problema di sovrappopolazione, ma si potrebbe anche pensare di risolverla diversamente. Troppa fatica, e troppi gli interessi dall’altro lato. Ma cosa ci vuole a capire che stiamo parlando di vite, e non di auto da rottamare? La folle decisione della Regione Lazio di abbattere più di 130 animali in salute in virtù di un pericolo che non esiste non si può e non si deve accettare. Chiunque abbia buon senso e cuore deve sposare la sua causa. Anche perché oggi sono i maiali, domani chissà… 
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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