Unicredit anche senza emergenza porte chiuse agli azionisti

- di: Redazione
 
Il 31 marzo l'Italia chiuderà un capitolo doloroso, ma reso necessario dalla pandemia, quello dello stato d'emergenza. Non rinnovando, per l'ennesima volta, la misura, il governo sta cercando di portare fuori il Paese dalla fase acuta delle gravi problematiche sanitarie.  Una svolta attesa, auspicata, ma soprattutto necessaria perché certifica che - questa è la speranza di tutti - il peggio è ormai alle nostre spalle e tutte le cautele imposte per evitare il dilagare del contagio possono essere allentate. Soprattutto se la loro perpetuazione limita diritti fondamentali dei cittadini. Ma c'è un enclave che resta arroccata, chiusa nel suo fortino, a protezione di rendite di posizione che, evidentemente, si intende difendere ad ogni costo.

UNICREDIT: Anche senza stato d'emergenza, si soffoca la libertà di dissenso nelle assemblee societarie 
 
E' quella legata al fatto che lo stato di emergenza aveva disposto che, a tutela della salute di tutti, le assemblee societarie sottostessero ad alcune regole abbastanza semplici: si dovevano tenere in un format in cui, adducendo esigenze sanitarie, la presenza dei singoli azionisti era limitata sostanzialmente, oltre ai designati dalla società, a pochi eletti cui dovevano essere indirizzate le domande che si intendeva porre. Si dirà: misure rigide, ma che dovevano essere prese e difese, perché troppo alto il rischio di contagio. Bene, capito. 

Ma se si continua su questa strada, di fatto si esclude la quasi totalità degli azionisti (soprattutto quelli ''piccoli'' che di domande ne hanno sempre da porre, spesso a buona ragione) dalle dinamiche democratiche in cui tutti valgono per quello che sono. Con il rischio reale di creare un perimetro di privilegio a discapito del sistema di garanzie che dovrebbero essere generali. Oggi, quando già si sa che alla fine del prossimo mese, lo stato di emergenza sarà fermato, tutto lascerebbe pensare che le società, tornando a respirare un afflato di ritrovata normalità, convochino le loro assemblee senza alcuna limitazione alla presenza fisica. Ed invece c'è chi, come Unicredit, aggrappandosi ad una possibilità concessa loro dalla formulazione dei decreti sin qui approvati, ha convocato la sua assemblea (ordinaria e straordinaria) per l'8 aprile, ma con le vecchie regole, quelle, per capirci, in cui, piuttosto che l'Inno alla gioia, si farà sentire ''Quattro amici al bar''. 
Una riunione per pochi eletti, con regole troppo rigide e comunque ingiustificabili.

Regole che, piuttosto che la normalità, sembrano volere perseguire quelle di una eccezionalità che, per fortuna, sembra ormai non esserci più. 

Certo è che la formulazione della convocazione

'' L’Assemblea Ordinaria e Straordinaria di UniCredit S.p.A. è convocata in Milano, presso Tower A, Piazza Gae Aulenti, 3, in unica convocazione, l’8 aprile 2022, alle ore 10:00. La Società - in conformità alle previsioni dell’art. 106 del Decreto Legge n. 18/2020 convertito dalla Legge n. 27/2020 (“Decreto”) e modificato dal Decreto Legge n. 228/2021 - ha deciso di avvalersi della facoltà di prevedere che l’intervento dei Soci in Assemblea avvenga esclusivamente tramite il Rappresentante Designato ai sensi dell’articolo 135-undecies del D.lgs. n.58/98, senza partecipazione fisica da parte degli stessi''

lascia pochi spazi interpretativi. 

Ma il rispetto degli altri, soprattutto se si tratta di azionisti che hanno diritto di assistere, pena la grave lesione delle loro prerogative, dovrebbe essere al di sopra di tutto. Aggrapparsi ad una ''facoltà'' non è certo il modo migliore di celebrare la sacralità di una assemblea, ma sembra essere un pretesto per silenziare eventuali voci dissenzienti.  Per sua fortuna, Unicredit non ha problemi tali da rendere opportuna, dal punto di vista economico, una assemblea con un formato mignon. Eppure lo ha fatto, ricorrendo ad una ''facoltà'' che non può essere intesa come preferibile rispetto ad una assemblea aperta, dove ciascun azionista può fare le domande che ritiene di porre, soprattutto se non sono gradite al ''conducente''.

Il pericolo vero, comunque, è che altri seguano l'esempio di Unicredit e si apprestino a tenere le loro assemblee aggrappandosi a quella parolina - ''facoltà'' - che lascia loro ancora mano libera per marginalizzare eventuali voci che si levassero critiche. Sappiamo che, soprattutto quando si parla di società importanti, le assemblee sono spesso occasione di mostrare i muscoli, per incutere timore in chi non la pensa come i padroni del vapore.

Per questo da Italia Informa giunge la disponibilità ad affiancare, nelle sedi competenti, tutti quegli azionisti che, in virtù di una interpretazione simile a quella addotta da Unicredit, si trovassero nelle loro assemblee ridotti nemmeno al ruolo di comparse, ma meri destinatari, fisicamente lontani, di decisioni già prese e preconfezionate.

La democrazia non è un concetto che può essere applicato ad intermittenza


Gli azionisti, sino a quando lo stato di emergenza aveva una ratio condivisibile, hanno accettato tutto. Oggi no, perché quelle misure di cautela non hanno ragione d'esistere, mentre ha diritto di esserci la possibilità di potere dissentire. O anche questo ormai è sottoposto a divieto?    
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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