FOTO: Fcarbonara - CC BY-SA 4.0
Il volto segnato ma fiero del ministro degli Esteri Antonio Tajani accoglie all’aeroporto di Linate il bambino palestinese di undici anni che ha commosso l’Italia intera. Si chiama Adam, ed è sopravvissuto a un bombardamento israeliano su Khan Younis che ha sterminato tutta la sua famiglia: dieci fratelli uccisi sotto le macerie e un padre che non ce l’ha fatta.
Adam, il piccolo sopravvissuto di Gaza, curato a Milano
Solo sua madre, la pediatra Alaa al-Najjar, è riuscita a salvarsi, e ora è con lui in questo difficile ma decisivo viaggio verso la cura e, forse, verso una nuova vita. Adam sarà curato all’ospedale Niguarda di Milano, uno dei poli di eccellenza nella sanità italiana, con un’équipe pronta ad accoglierlo non solo come paziente ma come simbolo di resistenza alla disumanità della guerra.
Il contesto della missione umanitaria
Quello di Adam non è un caso isolato: insieme a lui sono arrivati in Italia altri cinque bambini palestinesi, tutti feriti nei raid aerei che da mesi martoriano la Striscia di Gaza. L’iniziativa è frutto di un coordinamento tra la Farnesina, le autorità sanitarie italiane e le agenzie umanitarie internazionali. L’operazione di evacuazione sanitaria fa parte di uno sforzo diplomatico più ampio volto a mostrare che, nonostante le divisioni politiche e le tensioni internazionali, l’Italia non dimentica i diritti fondamentali dei civili, in particolare dei bambini, che pagano il prezzo più alto nei conflitti. L’ospedale Niguarda, già attivo in altri contesti di emergenza umanitaria, ha predisposto per Adam un percorso clinico e psicologico individualizzato.
La voce del presidente Mattarella e la condanna del Patriarca di Gerusalemme
Nel giorno in cui Adam tocca il suolo italiano, si leva anche la voce del Quirinale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella definisce “inaccettabile” la situazione a Gaza e rilancia la necessità di una soluzione politica che superi l’attuale stallo. “Due popoli, due Stati” resta, a suo avviso, l’unica prospettiva credibile per garantire sicurezza e dignità tanto agli israeliani quanto ai palestinesi. A fargli eco, in un contesto internazionale sempre più teso, è il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, che non esita a definire “disumana” la politica attuata dal governo Netanyahu nei confronti della Striscia. Parole dure che risuonano nei corridoi della diplomazia vaticana e pongono la questione di Gaza non solo sul piano geopolitico ma anche su quello etico e religioso.
La guerra che non risparmia i più piccoli
La storia di Adam mette un volto a una delle più gravi crisi umanitarie degli ultimi decenni. A Gaza, secondo i dati delle Nazioni Unite, oltre la metà delle vittime dei bombardamenti è composta da minori. Il diritto internazionale prevede la protezione dei civili in zona di conflitto, ma troppo spesso viene ignorato. Il dramma di questo bambino, solo apparentemente eccezionale, si inserisce in una quotidianità fatta di ospedali distrutti, scuole rase al suolo, campi profughi sotto attacco. I bambini, in particolare, vivono tra macerie fisiche ed emotive, privati non solo della sicurezza ma anche dell’infanzia, dell’istruzione e spesso della famiglia.
La dimensione pubblica di un gesto privato
Dietro l’intervento del governo italiano si muove anche una strategia comunicativa precisa. Accogliere Adam non è solo un gesto di umanità, ma anche una dichiarazione politica: quella di un'Italia che, pur non rinunciando ai rapporti diplomatici con Israele, si schiera apertamente a favore della tutela dei diritti umani. La scelta di Tajani di accogliere personalmente il bambino è significativa, e si inscrive in una tradizione italiana di “diplomazia della compassione” che ha precedenti in interventi umanitari in Afghanistan, Siria e Libia. L’obiettivo è chiaro: dare un segnale, interno e internazionale, che l’Italia non rimane indifferente.
Una nuova vita da costruire, partendo dalle ferite
Per Adam, il viaggio verso Milano è solo l’inizio. Le cure mediche, per quanto importanti, non potranno mai cancellare il trauma della perdita e l’orrore vissuto. Tuttavia, il sistema sanitario italiano e le reti di accoglienza sociale possono offrirgli strumenti per ricominciare. Il supporto psicologico, le scuole, un ambiente non ostile potrebbero restituirgli un senso di normalità. Intanto, la madre, Alaa al-Najjar, si prepara a ricostruire una vita in un paese straniero, forte della sua competenza medica ma soprattutto del legame con il figlio che ha resistito alla distruzione. La loro presenza in Italia ricorda che dietro ogni notizia ci sono persone, e che anche la politica può farsi carico del destino dei singoli, quando sceglie di vedere e di agire.