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Per gli adulti con ADHD la strada è ancora in salita

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Per gli adulti con ADHD la strada è ancora in salita

In Italia si stima siano oltre un milione gli adulti che convivono con il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Per molti di loro la diagnosi è arrivata tardi, dopo anni di difficoltà che spesso sono state interpretate come svogliatezza, distrazione, scarso impegno. Solo in età adulta, davanti a fallimenti scolastici, fatiche lavorative, relazioni instabili, hanno scoperto che quelle difficoltà avevano un nome.

Per gli adulti con ADHD la strada è ancora in salita

Ricevere una diagnosi, per alcuni, è stato un sollievo: la consapevolezza che ciò che hanno vissuto non era una colpa ma un disturbo neurobiologico. Per altri, invece, è stata una ferita: scoprire che si sarebbe potuto intervenire prima, forse cambiare il corso di certe esperienze scolastiche o personali. In entrambi i casi, la diagnosi non basta a risolvere i problemi.

Cercare aiuto è un percorso a ostacoli
Chi oggi prova a farsi aiutare incontra un sistema sanitario frammentato. Gli ambulatori pubblici specializzati nell’ADHD negli adulti sono pochi e distribuiti in modo disomogeneo sul territorio nazionale. Le liste d’attesa possono durare mesi. I percorsi di valutazione e presa in carico spesso non sono chiari.

Molti ricorrono a medici privati, affrontando costi significativi per visite, valutazioni e terapie. Anche dopo aver trovato uno specialista, resta il problema dei farmaci: il metilfenidato e altre molecole prescritte per l’ADHD non sono sempre disponibili, talvolta mancano in farmacia, altre volte incontrano resistenze nella prescrizione.

Un disturbo che non sparisce crescendo
L’ADHD è spesso percepito come un disturbo infantile: l’immagine comune è quella del bambino vivace, che non riesce a stare fermo in classe. Ma il disturbo non scompare con l’età adulta. Cambia forma: negli adulti si manifesta come difficoltà a concentrarsi, a organizzare le attività, a rispettare scadenze, a regolare le emozioni. Un peso che incide sul lavoro, sulla vita di coppia, sul senso di autostima.

Mancano politiche e percorsi dedicati

In Italia non esiste un piano nazionale per l’ADHD in età adulta. Ogni regione procede in modo autonomo, e questo crea disparità nell’accesso ai servizi. L’assenza di protocolli condivisi e di una rete di centri dedicati significa che molti restano senza supporto o devono spostarsi lontano per ricevere cure adeguate.

Una questione di salute pubblica e di giustizia sociale
La carenza di attenzione verso l’ADHD negli adulti non è solo un problema sanitario, ma anche sociale. L’impatto si estende al mondo del lavoro, dove chi non è trattato rischia di perdere opportunità o di vivere carriere instabili. Coinvolge le famiglie, che spesso affrontano da sole le difficoltà dei propri cari.

Rompere il silenzio e garantire cure accessibili
Il dibattito pubblico sull’ADHD resta debole, spesso viziato da stereotipi. Parlare di salute mentale, soprattutto di disturbi come l’ADHD, significa affrontare un tema che per troppo tempo è stato confinato ai bambini e ignorato negli adulti. Servono centri pubblici, protocolli condivisi, formazione degli operatori sanitari e maggiore disponibilità di farmaci.

Un Paese che non può lasciare indietro i più fragili

Riconoscere e trattare l’ADHD negli adulti non è solo un atto medico, ma un segno di civiltà. Significa restituire dignità a chi per anni ha pensato di essere “sbagliato” e offrire strumenti per vivere con meno ostacoli. Il vero disturbo, oggi, è quello di un sistema che continua a non vedere i bisogni di oltre un milione di persone e li lascia soli davanti a difficoltà quotidiane che potrebbero essere affrontate con interventi tempestivi e accessibili.

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