Dalle law school americane un modello che può cambiare la didattica.
L’intelligenza artificiale non bussa più alle porte delle università: è già entrata, si è seduta in cattedra
e ora osserva, valuta, assegna punteggi. Negli Stati Uniti un recente studio accademico
sta facendo discutere docenti e studenti perché dimostra che i sistemi di AI avanzata
sono in grado di correggere gli esami di giurisprudenza con un livello di affidabilità
sorprendentemente vicino a quello umano.
La ricerca, condotta da sei professori di diritto statunitensi e raccontata il
9 dicembre 2025 da Reuters, ha analizzato il comportamento di modelli linguistici
di ultima generazione applicati alla valutazione di prove scritte universitarie.
Il risultato? Quando l’AI lavora su criteri chiari e strutturati, il margine di
scostamento rispetto ai voti dei docenti diventa minimo.
AI alla sfida dei voti
Il cuore dello studio è semplice quanto dirompente. Gli studiosi hanno sottoposto
all’AI una serie di esami finali reali in materie chiave come Diritto civile,
Contratti, Corporations e Responsabilità civile. Gli stessi elaborati erano già stati
valutati dai professori titolari dei corsi.
In una prima fase l’intelligenza artificiale ha ricevuto istruzioni generiche
(“assegna un voto da 1 a 10”). Il risultato è stato incerto e disomogeneo.
Tutto cambia, però, quando entra in gioco la rubrica di valutazione:
una griglia dettagliata che spiega come attribuire i punti per l’individuazione
delle questioni giuridiche, l’applicazione delle norme e la qualità del ragionamento.
Con queste indicazioni, la correlazione tra voti umani e voti dell’AI ha raggiunto
livelli altissimi, fino a 0,93. Un dato che, in ambito accademico, equivale
a una vera e propria dichiarazione di affidabilità.
Oltre i limiti degli umani
La valutazione degli esami scritti in giurisprudenza è uno dei momenti più delicati
dell’intero percorso universitario. Non solo perché incide sul futuro degli studenti,
ma perché è inevitabilmente esposta a variabili umane: stanchezza, tempi ristretti,
cali di attenzione.
L’AI, al contrario, non conosce né affaticamento né distrazioni. Applica le regole
in modo costante, senza oscillazioni e senza pregiudizi. I ricercatori sottolineano
un punto chiave: il confronto non va fatto con un’ideale perfezione umana,
ma con la fallibilità reale del processo di correzione tradizionale.
L’intelligenza artificiale, precisano gli autori, non sostituisce l’esperienza
del docente. La rafforza. È il professore che costruisce la rubrica,
seleziona i criteri, decide cosa conta davvero. L’AI si limita ad applicare,
con rigore matematico, ciò che l’intelligenza umana ha progettato.
Il valore strategico del feedback
Il vero punto di svolta non è il voto finale, ma ciò che viene dopo.
Nelle law school americane uno dei problemi più segnalati dagli studenti
riguarda la scarsità di feedback tempestivi e dettagliati,
soprattutto durante le prove intermedie e le esercitazioni pratiche.
L’AI apre uno scenario completamente nuovo: analisi delle risposte in pochi minuti,
indicazione puntuale dei passaggi deboli, segnalazione degli errori logici
o delle norme applicate in modo incompleto. Un riscontro immediato che
può trasformarsi in uno strumento didattico potentissimo.
Secondo la ricerca, l’intelligenza artificiale potrebbe diventare anche
un alleato dei docenti, fungendo da secondo livello di controllo
sulle valutazioni, utile per intercettare eventuali bias involontari
e migliorare la coerenza complessiva del sistema.
Il futuro dell’istruzione giuridica
Le conclusioni dello studio sono nette: l’AI ha tutte le carte in regola
per diventare una componente stabile della valutazione accademica in giurisprudenza,
a patto che sia guidata da criteri chiari e supervisionata dai docenti.
Le implicazioni sono anche etiche e culturali. Il mondo legale richiede
professionisti sempre più competenti sul piano digitale e abituati
a interagire con sistemi automatizzati. Integrare l’AI nella didattica
significa preparare gli studenti a un mercato che è già cambiato.
Uno dei coautori della ricerca ha osservato che, a fronte di voti molto simili
tra umani e AI, resta difficile stabilire chi abbia valutato “meglio”.
Anzi, ha aggiunto che è del tutto possibile che l’intelligenza artificiale
risulti persino più accurata nel misurare la qualità complessiva delle risposte.
La sfida ora è tutta accademica: sfruttare l’efficienza dell’automazione
senza sacrificare l’essenza del ragionamento giuridico critico e creativo,
che rimane il cuore della formazione universitaria.