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Piano Casa, il conto sale: 12 miliardi per 50 mila alloggi ma benefici

- di: Bruno Legni
 
Piano Casa, il conto sale: 12 miliardi per 50 mila alloggi ma benefici
Piano Casa: 12 miliardi per 50 mila alloggi | Osservatorio CPI
Lo studio dell’Osservatorio CPI a cura di Galli e Martino stima costi paragonabili al Ponte sullo Stretto, ma con benefici sociali ben più ampi.

Il governo Meloni insiste sul lancio di un nuovo Piano Casa, ma la questione centrale resta il prezzo. A fare i conti, con metodo e precisione, sono Giampaolo Galli e Fabio Martino in una nuova analisi dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani (CPI) dell’Università Cattolica, istituzione da anni punto di riferimento nel dibattito economico.

Secondo lo studio, costruire 50 mila abitazioni a prezzi calmierati richiederebbe circa 12,5 miliardi di euro, una cifra che – osservano gli autori – “si colloca poco al di sotto del costo stimato per il Ponte sullo Stretto”, affermano Galli e Martino. “Si tratta di un ordine di grandezza non trascurabile, ma comunque misurabile in oltre una decina di miliardi”, affermano Galli e Martino, sottolineando che ogni scelta di politica abitativa richiede dunque risorse comparabili a quelle delle grandi opere infrastrutturali.

Un confronto storico inevitabile

Il report dell’Osservatorio CPI mette subito in guardia da paragoni facili con il passato: evocare il Piano Fanfani degli anni Cinquanta e Sessanta è “alquanto avventato”, puntualizza il report dell’Osservatorio, perché allora furono costruiti oltre 350 mila alloggi, contro numeri oggi molto più contenuti. Eppure la lezione storica resta utile. “Il Piano Fanfani rappresentò un momento di straordinaria mobilitazione nazionale”, ricordano Galli e Martino, “e contribuì in maniera decisiva a colmare il divario abitativo del dopoguerra”.

All’epoca, la partecipazione di imprese e lavoratori con piccole trattenute in busta paga rese possibile un finanziamento diffuso. Oggi lo scenario è diverso: i fondi stanziati sono appena 660 milioni di euro distribuiti fino al 2030, una cifra che lo stesso ministro Salvini ha definito “un’inezia”. Non a caso, puntualizza l’Osservatorio, il governo punta a formule di partenariato pubblico-privato per ampliare la portata dell’intervento.

Un’Italia in ritardo

L’analisi di Galli e Martino non si limita ai conti: guarda anche al quadro complessivo del mercato immobiliare. “L’Italia è oggi il fanalino di coda in Europa per nuove abitazioni costruite”, evidenzia l’indagine dell’Osservatorio, con appena 1,5 case ogni mille abitanti contro le 3,5 della media dell’Europa occidentale.

Il problema non riguarda solo il mercato privato. Sul fronte pubblico, l’Italia destina all’edilizia sociale appena il 2,4% dello stock abitativo, un terzo della media OCSE e un settimo della Francia. “Siamo di fronte a un’offerta non solo insufficiente ma anche datata” – sottolineano Galli e Martino – “visto che metà dello stock esistente è stato costruito prima degli anni Ottanta e risulta inadeguato alle esigenze attuali”.

I numeri del nuovo Piano Casa

Entrando nel dettaglio delle stime, il report dell’Osservatorio calcola i costi partendo da un esempio concreto: i valori al metro quadro registrati a Milano. Qui un appartamento popolare di 80 metri quadrati comporta una spesa di circa 295 mila euro, comprensiva di costruzione, progettazione, bonifica e oneri accessori. Moltiplicando per 50 mila unità, il totale arriverebbe a 14,8 miliardi.

Ma, affermano Galli e Martino, il conto può essere alleggerito. Se si utilizzano terreni pubblici, la spesa scende di circa 7%. Inoltre, i costi fuori Milano sono mediamente inferiori di almeno 10%. Applicando queste correzioni, la stima finale si aggira attorno ai 12,5 miliardi, un livello che l’Osservatorio definisce “credibile e coerente con la realtà italiana”.

Una scelta di politica economica

Il confronto con il Ponte sullo Stretto non è casuale: “Parliamo di risorse dello stesso ordine di grandezza, ma con finalità completamente diverse”, affermano Galli e Martino. Il punto, secondo l’Osservatorio, è se l’Italia voglia destinare una cifra così ingente a una grande infrastruttura o a un intervento sociale capace di ridare respiro alle famiglie escluse dal mercato immobiliare.

Per gli autori, non c’è dubbio: “Un Piano Casa di queste dimensioni avrebbe ricadute sociali immediate, riducendo il disagio abitativo e avvicinando l’Italia agli standard europei”. Tuttavia, senza una strategia di lungo periodo e senza fondi strutturali, anche questo progetto rischia di ridursi a un annuncio.

Una sfida per il futuro

In conclusione, il lavoro dell’Osservatorio CPI ribadisce un concetto chiaro: l’edilizia popolare è tornata al centro del dibattito, ma non può essere rilanciata con stanziamenti simbolici. Servono investimenti veri, risorse certe e una governance capace di garantire che le abitazioni arrivino davvero a chi ne ha bisogno.

“L’ordine di grandezza è noto: oltre dieci miliardi” – spiegano Galli e Martino –. “Spetta ora alla politica decidere se e come affrontare questa sfida”.

Un messaggio che lascia poco spazio ai giri di parole: per costruire case servono soldi veri. E il Piano Casa, se vorrà essere qualcosa di più di un titolo di giornale, dovrà misurarsi con questa realtà. 

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