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Il valore economico dei dati dietro l’azione Antitrust su Google

- di: Anna Montanari
 
Il valore economico dei dati dietro l’azione Antitrust su Google

L’apertura del procedimento dell’Antitrust nei confronti di Google sul tema del consenso degli utenti alla “connessione” tra i servizi della piattaforma riporta al centro del dibattito uno degli snodi essenziali dell’economia digitale: il valore finanziario dei dati personali. La reazione del Codacons – secondo cui «i dati degli utenti hanno enorme valore economico» – non è un’iperbole.

Il valore economico dei dati dietro l’azione Antitrust su Google

Nella nuova geografia del capitalismo delle piattaforme, le informazioni degli utenti rappresentano l’asset più prezioso, capace di generare ricavi miliardari grazie a pubblicità mirata, servizi personalizzati e modelli predittivi.

Il dato come moneta: perché vale più della pubblicità tradizionale
Il punto critico sollevato dall’Antitrust riguarda la trasparenza del consenso e il modo in cui Google integra e collega le informazioni raccolte nei diversi servizi che gestisce: dalle ricerche di Chrome alle video-preferenze di YouTube, dalla geolocalizzazione di Maps alle app Android. L’accumulo incrociato di dati permette una profilazione dettagliatissima, con un valore economico superiore a qualsiasi forma tradizionale di advertising. Per questo motivo, le piattaforme digitali investono cifre colossali in sistemi di raccolta e trattamento delle informazioni, molto più di quanto investano nello sviluppo dei servizi gratuiti che l’utente utilizza ogni giorno.

Profilazione, pubblicità e vendite: il ciclo che trasforma i dati in ricavi

Il modello economico funziona secondo un ciclo ormai collaudato: più dati si raccolgono, più la profilazione diventa accurata; più la profilazione è accurata, più gli inserzionisti pagano per raggiungere consumatori “giusti”, nel momento “giusto”, con un’offerta “giusta”. Secondo le stime di mercato, un profilo utente dettagliato può valere fino a 4-5 volte di più, in termini pubblicitari, rispetto a un profilo generico non tracciato. È la ragione per cui i big tech cercano di mantenere l’utente all’interno del loro ecosistema il più a lungo possibile, spingendo verso servizi integrati, app parallele, login unificati e sincronizzazioni di dispositivi.

Il nodo concorrenziale: chi controlla i dati controlla il mercato
Il valore economico dei dati non riguarda solo gli utenti. È una questione competitiva cruciale. Le piattaforme che raccolgono il maggior numero di informazioni hanno un vantaggio immenso rispetto ai concorrenti: più dati equivalgono a migliori algoritmi, più precisione nelle previsioni, più ricavi pubblicitari, più investimenti in ricerca e sviluppo, più capacità di attrarre nuovi utenti. Questo circolo virtuoso – o vizioso, dal punto di vista dell’Antitrust – crea barriere all’ingresso per startup e operatori più piccoli, che non possono competere con giganti che controllano interi flussi informativi.

Limpatto macroeconomico: la privacy come variabile competitiva
L’azione dell’Antitrust segnala anche un cambiamento di prospettiva: la privacy oggi non è più solo un tema etico, ma un fattore economico a tutti gli effetti. Trasparenza e correttezza nel trattamento dei dati diventano elementi capaci di incidere:

- Sulla fiducia dei consumatori
- Sui ricavi pubblicitari delle piattaforme
- Sulla concorrenza nei mercati digitali
- Sull’innovazione delle imprese minori
- Sulla qualità dell’offerta di servizi pubblici digitali

Un utilizzo scorretto dei dati può anche distorcere il comportamento economico degli utenti, spingendoli verso acquisti, servizi o prodotti che rispondono più a logiche algoritmiche che a scelte consapevoli.

Google e il mercato globale: perché l’Italia non è un caso isolato
L’Italia si inserisce in una tendenza internazionale che vede sempre più autorità – europee e non – mettere sotto esame i meccanismi di profilazione dei big tech. Negli ultimi anni il valore dei dati personali è cresciuto a tal punto da diventare una delle principali leve negoziali nei rapporti tra piattaforme e governi. L’azione dell’Antitrust segue una traiettoria che include la legge europea sui mercati digitali (DMA), il GDPR e le recenti indagini avviate negli Stati Uniti.

Il Codacons: “Scelte consapevoli e trasparenza obbligatoria”

È in questo quadro che il Codacons ricorda come «i dati degli utenti abbiano un enorme valore economico» e che spesso siano «raccolti in modo subdolo, senza fornire informazioni adeguate ai consumatori». Il nodo centrale resta la trasparenza: gli utenti devono sapere chi usa i loro dati, come e a quale scopo, per poter compiere scelte informate che hanno conseguenze sia sulla privacy sia sul loro portafogli, attraverso i prezzi dei servizi e la qualità dell’informazione commerciale ricevuta.

L’economia digitale dopo il caso Google: verso un nuovo equilibrio
L’intervento dell’Antitrust non riguarda soltanto un’azienda, ma il modello di business che ha plasmato l’economia digitale degli ultimi vent’anni. Mentre i dati diventano sempre più la valuta di scambio della società iperconnessa, si apre una fase in cui la regolazione potrà stabilire un nuovo equilibrio tra potere delle piattaforme, tutela della concorrenza e diritti dei consumatori. Ed è proprio in questa direzione che il caso Google potrebbe avere ripercussioni molto più ampie del singolo procedimento.

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