Il ricordo commosso del musicista: programmi con idee, passione per la musica, amicizia profonda e una tv che oggi non c’è più. Con lucidità ed emozione, Renzo Arbore ha reso omaggio a Pippo Baudo, morto ieri 16 agosto 2025 all’età di 89 anni, con parole che consacrano non solo il collega ma anche il simbolo di un modo di fare televisione che oggi sembra lontano. Il racconto affiora da sussulti di memoria, complicità artistica e affetti autentici. Ed è proprio da qui che nasce la nostra riflessione, un’introspezione brillante che fonde approfondimento e commento.
Un militante della grande Rai
Arbore ricorda Baudo come “un militante di un’impresa importantissima: la grande Rai, quella Rai meravigliosa che abbiamo celebrato l’anno scorso, in occasione dei 70 anni”. Non rivendicava cifre o share: il suo era un impegno artistico. Nella collaborazione con Arbore, “non c’erano soltanto l’ascolto o il gradimento: c’era sempre un’intenzione artistica, un’idea”.
Questa visione permeava i suoi show – da Canzonissima a Fantastico, Domenica In e Sanremo – tutte creazioni che nascevano da progetti con valore culturale, non da meri calcoli di audience.
Un artista, un inventore, un punto di riferimento
Arbore non lesina ammirazione: Pippo è definito “un grandissimo autore di tv, un inventore di programmi straordinari, un collega valorosissimo, un punto di riferimento per tutti”. La sua passione musicale emerge attraverso dettagli intimi: “aveva una straordinaria passione musicale: quando faceva Sanremo suggeriva arrangiamenti agli artisti, si occupava personalmente delle canzoni”.
Con queste parole, Arbore consegna a Baudo un posto d’onore nella storia dello spettacolo italiano.
Un’amicizia che andava oltre la tv
La loro complicità nasceva nella condivisione: stessi studi di giurisprudenza, stessi sogni da giovani provinciali in cerca di Roma; entrambi «avvocati mancati» che scelsero la radio e la tv. Una sintonia che superava i palinsesti. Tra ricordi di condivisioni e spiritualità, Baudo andava spesso a Foggia dai genitori di Arbore, con cui visitò Padre Pio.
Arbore ricorda l’ultima telefonata, avvenuta circa venti giorni prima della morte: “è stato piuttosto sbrigativo… ho capito che non stava bene”. In quei giorni di Ferragosto, Arbore sperava che Baudo fosse in vacanza nella sua amata Riccione, come da tradizione – ma la notizia che arrivò spezzò quel filo di speranza.
Un’epoca, una tv che non c’è più
Arbore afferma che “Pippo rappresentava una tv che adesso non c’è più”: un fulcro di servizio pubblico articolato e raffinato, lontano da logiche di share e tabelle. “Non ricordo di aver mai parlato di share con lui; c’era la velleità di fare un programma che piacesse davvero al pubblico”.
In questo emerge la nostalgia di un’epoca in cui la tv era ambizione artistica, identità culturale, comunità nazionale. Con Baudo se ne va un pezzo di quella storia.
Icona e memoria
Il ritratto di Baudo tratteggiato da Arbore è intimo, vibrante, lucido. Ci restituisce un uomo che amava la sua arte, che la condivideva con passione e che sapeva trasformarla in momenti di bellezza collettiva. Un uomo che, liberato dallo schermo, resta oggi icona e memoria, esempio e mito.