Arte: cinque Paesi sudamericani contro vendita all'asta di reperti precolombiani

- di: Redazione
 
A nulla è valsa l'iniziativa congiunta di cinque Paesi sudamericani per fermare la casa d'aste Christie's che, a Parigi, ha messo in vendita una novantina di reperti e pezzi d'arte precolombiana che Messico, Colombia, Guatemala, Perù e Honduras ritengono loro patrimonio storico.

Messi in vendita decine di reperti d'arte precolombiana

Una iniziativa forte, determinata, una lotta culturale che però s'è scontrata con la legislazione francese in materia, che fa riferimento alla buona fede dei collezionisti. Per i Cinque Paesi si è trattato di un ''commercio illegale'' del loro patrimonio storico; per le autorità francesi, una semplice e corretta transazione. Punto, quest'ultimo, fortemente contestato da un comunicato congiunto emesso dalle ambasciate a Parigi dei cinque Paesi secondo i quali ''questo tipo di transazione incoraggia i saccheggi, i traffici illeciti e il riciclaggio di beni perpetrati dalla criminalità organizzata".

L'asta quindi si è svolta regolarmente nei raffinati saloni di Christie's, in avenue Matignon, ed ha portato ad un incasso di oltre 3 milioni di euro. Il pezzo forte dell'asta è stata un'ascia Maya in pietra di 34 cm, realizzata tra il 550 e il 950 in Messico, che raffigura un uomo che stringe tra le braccia un serpente, simbolo sempre molto presente nelle culture precolombiane. Il pezzo di roccia lavorata è stato acquistato per 692.000 euro, tre volte la stima iniziale. Tra i pezzi battuti anche 71 monete.

In prima fila in questa battaglia c'è il ministro messicano della Cultura, Alejandra Frausto, che, in una dichiarazione a Le Monde, ha detto che ''il patrimonio culturale non è un oggetto commerciale. Chiediamo la restituzione dei pezzi. Il loro posto è in un museo perché rappresentano l'identità delle nostre antiche civiltà, alcune delle quali sono ancora oggi molto vive''. Il ministro Frausto, per supportare la sua tesi sull'illegalità delle vendite, ricorda che una legge del suo Paese, varata nel 1972, protegge i pezzi ritrovati nelle zone archeologiche del Messico.

Il ministro ha scritto due lettere a Christie's, in ottobre e novembre, sollecitando la cancellazione dell'asta, ma senza risultato. "Hanno risposto che la vendita rispetta la legge francese che riconosce come proprietario colui che possiede la proprietà'', in questo modo, ha spiegato, ''promuovendo questo il diritto di proprietà a scapito della tutela del patrimonio culturale straniero".

Quindi, in base alle legislazione francese, spetta alla parte in causa - i cinque Paesi sudamericani - provare l'illegittimità degli oggetti venduti. Tuttavia" - ammette lo stesso ministro - "è molto difficile, con il traffico illegale, identificare quando essi hanno lasciato il territorio messicano. Senza contare che molti collezionisti hanno acquisito opere prima della nostra legge del 1972''.

È da anni che Alejandra Frausto si batte contro la vendita di reperti dell'arte precolombiana. Lo ha fatto anche nel 2019 quando ha protestato contro due vendite organizzate da Millon e Sotheby's. Anche se Parigi e Messico hanno firmato lo scorso primo luglio, una "dichiarazione di intenti per rafforzare la cooperazione contro il traffico illecito di beni culturali", la cosa non ha ancora avuto effetti concreti.
''La dichiarazione che rafforza la vigilanza dei due Paesi" - dice il ministro - "va nella giusta direzione. Ma l'approccio non riguarda parti acquisite in passato''. Rivolgendosi alla casa d'aste Alejandra Frausto ha sostenuto che il Messico può richiedere la restituzione dei pezzi preispanici, sulla base di disposizioni internazionali e citando, in proposito la "Convenzione sulle misure da adottare per vietare e prevenire l'importazione, l'esportazione e il trasferimento illeciti di beni culturali del 1970 dell'Unesco''.
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