L’incendio che ha distrutto la Balena di Jacopo Allegrucci davanti alla Triennale di Milano non è solo un atto vandalico ai danni di un’opera d’arte. È la rappresentazione plastica della tensione tra spazio pubblico e marginalità, tra visione collettiva e presenza disturbante dell’invisibile sociale. L’opera, un gigantesco cetaceo in cartapesta azzurra realizzato per la 24ª Esposizione Internazionale, evocava il mare, l’ambiente, l’infanzia, ma anche un’idea accogliente e condivisa di cultura. A distruggerla è stato un uomo solo, un 33enne egiziano senza fissa dimora, arrestato poco dopo grazie alla segnalazione dei passanti. All’arrivo della polizia ha pronunciato frasi sconnesse, come a marcare una distanza insanabile dal mondo che lo circondava.
La Balena bruciata alla Triennale: il gesto di un uomo solo e la fragilità dello spazio pubblico
Il gesto, apparentemente inspiegabile, diventa più comprensibile se lo si legge nel contesto di una città attraversata da contraddizioni profonde. Milano è capitale culturale, laboratorio urbano, ma anche teatro di solitudini estreme. L’uomo che ha dato fuoco alla Balena non è un criminale organizzato, non agisce per distruggere un’ideologia o per colpire un avversario: colpisce a caso, ma non in modo cieco. Colpisce un’opera che era sotto gli occhi di tutti, visibile, colorata, simbolica. È come se volesse essere visto attraverso il rogo. In questo senso, l’incendio diventa anche una forma drammatica di comunicazione, una richiesta scomposta ma radicale di attenzione.
Il commento del ministro Giuli
A parlare di “atto vile” è stato il ministro della Cultura Giuli, sottolineando il valore simbolico dell’opera e la necessità di proteggere la dimensione culturale collettiva. Il ministro ha ricordato come la Balena fosse diventata in poche settimane un punto di riferimento per visitatori e cittadini, un elemento affettivo dello spazio urbano. Eppure, proprio questo spazio condiviso, aperto, visibile, è oggi sempre più fragile, sempre più esposto all’imprevedibilità dell’isolamento sociale e mentale. L’episodio mostra quanto sia urgente ripensare il ruolo dell’arte nello spazio pubblico non solo come elemento estetico, ma come presidio di relazioni e coesione.
Una ferita che interroga la città
Milano reagisce con sgomento, ma anche con interrogativi profondi. L’opera di Allegrucci bruciata in pieno giorno non è solo una perdita culturale, è una ferita sociale. La scena della Balena in fiamme davanti alla Triennale è un fotogramma doloroso del nostro tempo: un’opera che invita alla riflessione ambientale viene trasformata in fuoco da chi non ha voce, da chi vive ai margini del discorso pubblico. Il rogo è dunque anche un promemoria: sulla convivenza, sull’abbandono, sulla distanza crescente tra chi abita la città e chi la attraversa come un’ombra.