Questa settimana, sei città italiane sono entrate in “bollino rosso”, il livello massimo di allerta per le ondate di calore. Bologna, Bolzano, Brescia, Firenze, Perugia e Torino sono attualmente sorvegliate speciali dal sistema nazionale di prevenzione. Il livello 3, come previsto dai protocolli del Ministero della Salute, implica rischio per tutta la popolazione e non solo per le categorie fragili. Gli enti locali hanno avviato – con velocità e intensità variabili – misure emergenziali: distribuzione d’acqua, sorveglianza sanitaria per gli anziani, punti di ristoro nei luoghi pubblici.
Caldo estremo, sei città in allerta rossa. L’Italia di fronte a un’estate sempre più lunga
Le ondate di calore, ormai, non sono più l’eccezione. Si ripetono ogni estate, con intensità crescente e durata sempre più ampia. Eppure, la risposta del sistema Paese resta frammentata. Manca una strategia nazionale univoca: le linee guida esistono, ma l’applicazione resta demandata ai territori. In assenza di un coordinamento centrale, le misure sono disomogenee e non sempre monitorate in modo sistematico. Il risultato è che, pur conoscendo i rischi, si continua a intervenire in modalità tampone.
Tra task force e numeri verdi, città a doppia velocità
Alcuni Comuni, come Bologna e Firenze, hanno riattivato le cosiddette task force anticaldo: unità miste con protezione civile, volontari e servizi sociali. In altri casi, come Perugia o Torino, l’intervento è più blando e si limita a elenchi di biblioteche e centri civici in cui ripararsi. I sindaci fanno quel che possono, ma i mezzi a disposizione restano spesso insufficienti. In molti quartieri popolari, la presenza di spazi pubblici climatizzati è assente, mentre gli ospedali segnalano già un aumento dei malori legati alla temperatura.
Sanità sotto pressione, ma ancora reattiva
I pronto soccorso delle aree più colpite registrano un incremento di accessi per sintomi compatibili con disidratazione e colpi di calore. In alcune strutture, si parla di un aumento del 10-15% rispetto alla settimana precedente. Le Asl hanno attivato servizi di assistenza domiciliare potenziata per i pazienti cronici, ma segnalano anche difficoltà organizzative dovute alla scarsità di personale e alla mancanza di strutture intermedie. Il Ministero della Salute invita all’attuazione del piano di prevenzione caldo, ma il coordinamento tra regioni e governo rimane debole.
Un vuoto normativo, una responsabilità politica
Il quadro normativo italiano, pur in presenza di piani tecnici aggiornati, continua a non prevedere strumenti vincolanti per la gestione del caldo urbano. I fondi del PNRR dedicati alla resilienza climatica non includono linee specifiche per l’adattamento delle città alle alte temperature. Non esiste un’anagrafe nazionale degli spazi pubblici climatizzati né un meccanismo automatico per attivare interventi nelle zone a maggiore vulnerabilità sociale. E così, mentre l’estate avanza e le temperature restano elevate, la tutela delle persone resta affidata alla variabilità locale, tra chi reagisce e chi, semplicemente, aspetta che passi.