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Carceri minorili al collasso: sovraffollamento, violenze e mancanza di prospettive

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Carceri minorili al collasso: sovraffollamento, violenze e mancanza di prospettive

Il sistema penitenziario minorile italiano è al limite del collasso. Negli Istituti Penali per Minorenni (IPM) si registra un sovraffollamento crescente, con numeri che superano le capienze ufficiali, episodi di violenza in aumento e un personale educativo sempre più insufficiente. Secondo i dati più aggiornati, nei primi mesi del 2025 si è toccata quota 670 detenuti minorenni, a fronte di una capienza regolamentare che ne prevederebbe meno di 450. Il risultato è un sistema che non riesce più a rispondere al suo mandato costituzionale: la rieducazione. Al contrario, le carceri minorili si stanno trasformando in luoghi di marginalizzazione, incapacità di recupero e rischio permanente.

Carceri minorili al collasso: sovraffollamento, violenze e mancanza di prospettive

Il profilo dell’utenza è cambiato. Sempre più minori entrano in carcere per reati gravi e inquadrati in dinamiche di gruppo, spesso legati a baby gang, spaccio, violenze sessuali e tentati omicidi. Il linguaggio della devianza si è evoluto: meno marginalità spontanea, più modelli di criminalità strutturata. La risposta penale, tuttavia, continua a oscillare tra l’inerzia delle misure alternative – spesso non attuabili per mancanza di strutture – e la reclusione in spazi sovraccarichi. In questo scenario, anche la tensione tra detenuti aumenta. Nei primi sei mesi dell’anno si sono registrate decine di aggressioni a danno di operatori, psicologi, mediatori culturali. Il personale si trova isolato, privo di strumenti e coperture adeguate.

Operatori sotto pressione e mancanza di risorse
I magistrati di sorveglianza minorile, gli educatori, gli psicologi e i funzionari penitenziari denunciano da anni una carenza cronica di personale e di formazione specifica. Le équipe multidisciplinari, un tempo fiore all’occhiello del sistema italiano, oggi operano a ranghi ridotti, spesso con figure precarie e sovraccaricate. La mancanza di mediatori culturali peggiora la gestione dei conflitti, soprattutto nei contesti a forte presenza straniera. Inoltre, il turnover nei ruoli apicali rende difficile la costruzione di percorsi educativi continui. L’assenza di un piano nazionale sul carcere minorile contribuisce alla frammentazione e all’inefficacia dell’intervento.

La giustizia minorile sotto tensione
Anche la magistratura minorile vive un momento critico. L’aumento dei casi, la complessità dei profili psicologici e la scarsità di strutture intermedie rendono difficile applicare misure alternative, come la messa alla prova o la comunità educativa. Molti minori, di fatto, finiscono in carcere perché non ci sono alternative reali. Questo alimenta una spirale perversa: si incarcerano giovani senza strumenti di recupero, che poi, una volta usciti, rischiano di tornare a delinquere. La recidiva tra i giovani detenuti resta infatti alta, segno che il sistema non riesce a interrompere i percorsi di devianza. L’assenza di un progetto educativo forte si trasforma in un’emergenza sociale.

Un tema rimosso dal dibattito pubblico

Nonostante la gravità della situazione, il tema delle carceri minorili è quasi assente dal dibattito politico. Nessun governo recente ha proposto riforme strutturali, e anche le opposizioni raramente affrontano la questione con continuità. Il carcere minorile resta un universo invisibile, rimosso, che non produce consenso né indignazione pubblica. Eppure si tratta di uno dei nodi più delicati della giustizia sociale: il luogo in cui lo Stato incontra i suoi cittadini più fragili. Lasciare questi luoghi nel degrado significa rinunciare alla funzione educativa del diritto, trasformando la pena in esclusione permanente.

Serve un piano nazionale di ricostruzione educativa
La crisi degli IPM non si risolve con piccoli aggiustamenti o nuove circolari. Servono investimenti strutturali, personale stabile, progetti formativi continui, reti con il territorio, percorsi individualizzati. Serve una giustizia minorile capace di dare alternative credibili al carcere, ma anche un carcere che non sia solo contenimento ma progetto educativo. In questo senso, il tema non riguarda solo il ministero della Giustizia, ma l’intero sistema di welfare, scuola, servizi sociali. Riformare le carceri minorili significa investire in sicurezza, in coesione sociale e in futuro. Ogni giorno di ritardo si traduce in una generazione ferita e in un’opportunità mancata.

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