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Caso Mps e inchiesta su Lovaglio: cosa rischiano banca e Mediobanca

- di: Matteo Borrelli
 
Caso Mps e inchiesta su Lovaglio: cosa rischiano banca e Mediobanca
Caso Mps, Lovaglio sotto inchiesta: cosa rischiano banca e Mediobanca
Scalata a Piazzetta Cuccia, tempesta giudiziaria su Siena: indagine a Milano, Bce in allerta e 3,3 miliardi bruciati in Borsa in pochi giorni.

Il venerdì che attende Monte dei Paschi di Siena non è un giorno qualsiasi. Il consiglio di amministrazione riceverà un’informativa dell’amministratore delegato Luigi Lovaglio (foto) sulla nuova inchiesta della Procura di Milano che lo vede indagato, insieme a Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri (numero uno di Delfin e presidente di Luxottica), per manipolazione di mercato e ostacolo all’attività di vigilanza nell’ambito della scalata a Mediobanca.

Sul tavolo del cda non ci sarà solo il profilo giudiziario del suo ceo, ma un tema più ampio: quanto questa vicenda può condizionare la strategia industriale di Mps, gli equilibri di piazza Affari e i rapporti con la Banca centrale europea.

Le accuse dei pm milanesi: il presunto “concerto” su Mediobanca

Secondo l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura di Milano, al centro del fascicolo ci sarebbe una strategia coordinata tra Delfin, Caltagirone e Lovaglio per rafforzare il controllo su Mediobanca, considerata la cassaforte che presidia i destini di Assicurazioni Generali. Gli inquirenti sospettano l’esistenza di un “concerto” non dichiarato al mercato, obbligo previsto dalla normativa quando più soggetti si muovono insieme per incidere sulla governance di una società quotata.

Le contestazioni ruotano intorno a due possibili reati:

  • Aggiotaggio (manipolazione di mercato): l’eventuale coordinamento occulto nelle mosse su Mediobanca, se provato, potrebbe aver inciso sulla corretta formazione dei prezzi e sulle attese degli investitori.
  • Ostacolo all’attività di vigilanza: l’ipotesi che le Autorità (Bce, Banca d’Italia, Consob) non siano state messe nella condizione di valutare in modo trasparente la reale struttura di potere che si stava formando.

Le perquisizioni scattate a fine novembre e l’acquisizione di documenti e comunicazioni digitali hanno portato a sequestrare una mole consistente di materiale, che gli inquirenti stanno ora vagliando per verificare la fondatezza del quadro accusatorio. In ambienti giudiziari milanesi si sottolinea che l’indagine è “tutt’altro che conclusa”, con analisi che passeranno anche attraverso liste di parole chiave per scandagliare email, chat e documenti interni riconducibili ai protagonisti del risiko su Mediobanca e Generali.

Il ruolo del Mef e la vendita del 15% di Mps agli investitori privati

Uno dei passaggi più delicati dell’inchiesta riguarda il contesto in cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), ancora azionista di riferimento di Mps, ha collocato sul mercato una quota del 15% del capitale della banca senese. Quella fetta è stata in larga parte rilevata proprio da Delfin, dal gruppo Caltagirone, oltre che da altri investitori come Bpm e Anima.

La Procura non indaga formalmente sul Mef, ma la sequenza temporale e i destinatari del collocamento vengono esaminati per comprendere se quella redistribuzione azionaria possa aver favorito, di fatto, la nascita di un asse stabile fra alcuni grandi soci, poi confluito nelle mosse su Mediobanca e, in prospettiva, su Generali.

L’attenzione degli inquirenti resta concentrata sulla “strategia coordinata” tra Delfin e Caltagirone, con il presunto supporto di Lovaglio, più che su un coinvolgimento diretto del Tesoro. A livello politico e di mercato, tuttavia, il tema è esplosivo: se l’operazione Mef–investitori privati fosse letta come tassello di un disegno più ampio di controllo sul sistema finanziario italiano, le conseguenze in termini di credibilità istituzionale sarebbero pesanti.

Mps non è indagata, ma paga il conto in Borsa

Un elemento cruciale, spesso passato in secondo piano nel rumore di fondo dell’inchiesta, è che Mps come persona giuridica non risulta indagata. Il bersaglio diretto sono singoli esponenti, a partire da Lovaglio. Ciononostante, è la banca – e i suoi azionisti – a subire l’impatto immediato.

Dalla deflagrazione dell’indagine, comunicata ai mercati a fine novembre, il titolo Mps ha perso circa il 12,6%, con una flessione di un ulteriore 3,7% nell’ultima seduta e una evaporazione di capitalizzazione stimata in circa 3,3 miliardi di euro nell’arco di pochi giorni. Numeri che misurano in modo plastico il costo della incertezza regolamentare e giudiziaria.

La banca ha reagito con una nota secca: Mps si è detta fiduciosa di poter dimostrare la correttezza del proprio operato e di fornire agli inquirenti ogni elemento utile a chiarire la propria posizione. Una linea che con ogni probabilità sarà ribadita dallo stesso Lovaglio al cda, insieme alla richiesta implicita di un segnale pubblico di fiducia in continuità gestionale.

Fit and proper: cosa può fare la Bce su Lovaglio

Sullo sfondo della vicenda penale si muove la vigilanza europea. Le regole sul cosiddetto “fit and proper” impongono che gli esponenti bancari – amministratori, presidente, ceo – siano in ogni momento “idonei” a ricoprire il proprio incarico sul piano di reputazione, competenza e onorabilità.

Cosa succede quando un top manager diventa indagato? Il decreto Mef che disciplina i requisiti degli esponenti bancari prevede che, in presenza di un procedimento penale, il consiglio di amministrazione effettui una valutazione specifica sul fatto che l’inchiesta possa o meno pregiudicare l’idoneità della persona coinvolta. Non c’è automatismo di decadenza, ma una responsabilità diretta del cda.

La Bce, dal canto suo, può procedere in alcuni casi a un “reassessment” dei requisiti: si tratta di una misura definita espressamente come eccezionale e utilizzata solo in situazioni ritenute gravi. Se emergono elementi nuovi tali da rimettere in discussione l’idoneità di un esponente, la vigilanza può chiedere chiarimenti, imporre correttivi o, nei casi limite, sollecitare la sostituzione della persona interessata.

Tradotto: a Francoforte si osserva con estrema attenzione ciò che sta accadendo a Siena. Il giudizio che il cda di Mps esprimerà su Lovaglio sarà letto come un segnale forte anche dalla Bce, che dovrà bilanciare stabilità della banca e rigore nei requisiti di governance.

I numeri di Mps: capitale ai massimi, requisiti Bce in calo

Il paradosso della vicenda è che la tempesta giudiziaria investe Mps proprio nel momento in cui i fondamentali patrimoniali della banca appaiono tra i più solidi del sistema italiano. Sulla base dei dati al 30 settembre 2025, Mps esibisce un Common Equity Tier 1 (CET1) fully loaded al 16,9%, a fronte di un requisito minimo complessivo di circa il 9% fissato dalla Bce dopo l’ultimo aggiornamento dei parametri prudenziali.

In dettaglio, il nuovo assetto dei requisiti prevede:

  • 4,5% di requisito di primo pilastro (Pillar 1);
  • 2,2% di requisito aggiuntivo di secondo pilastro (P2R), ridotto di 30 punti base rispetto al passato;
  • circa 3,27% di combined buffer requirement (CBR).

Il Total Capital ratio fully loaded si colloca intorno al 19,3% contro un requisito del 13,47%, confermando un margine significativo nella capacità di assorbire shock e di sostenere eventuali nuove operazioni straordinarie. La Bce, nel comunicare i nuovi livelli, ha implicitamente riconosciuto il percorso di risanamento e rafforzamento del capitale portato avanti negli ultimi anni.

È anche alla luce di questi numeri che molti osservatori ritengono decisivo per Mps evitare scossoni di governance: una discontinuità improvvisa ai vertici, nel pieno di un’inchiesta ad alto tasso di visibilità politica e finanziaria, rischierebbe di trasformare un caso giudiziario in un problema sistemico.

La partita Mediobanca–Generali e il risiko sulla finanza italiana

Per capire perché l’inchiesta milanese abbia assunto un peso così rilevante, bisogna guardare oltre Mps. Il vero oggetto del contendere è la catena di controllo che, passando da Mediobanca, arriva a Generali, il gruppo assicurativo più importante del Paese.

Negli ultimi anni, Delfin – la holding della famiglia Del Vecchio – e Caltagirone hanno progressivamente aumentato le proprie posizioni in Mediobanca e in Generali, dando vita a una delle più intense partite di potere della finanza italiana recente. Il tentativo di ribaltare gli equilibri interni di Piazzetta Cuccia, anche attraverso liste alternative di consiglio, ha innescato un lungo braccio di ferro con il management uscente e con gli altri azionisti storici.

L’inchiesta odierna va a rileggere quella sequenza di mosse: acquisti di pacchetti azionari, accordi tra soci rilevanti, tentativi di condizionare assemblee decisive – come quella che ha respinto l’operazione di scambio azionario (ops) difensiva su Banca Generali – diventano tasselli di un mosaico che i pm cercano ora di ricomporre.

In questo scenario, il ruolo di Mps non si limita a quello di una banca in fase di rilancio: Siena appare come snodo potenziale per costruire un gruppo più ampio, integrato con Mediobanca, capace di ridisegnare il baricentro del credito e dell’asset management in Italia.

Integrazione con Mediobanca, statuto e “lista del cda”

Mentre l’indagine avanza, i cantieri strategici di Mps non si fermano. Sul fronte dell’asse con Mediobanca, l’istituto senese è al lavoro su un piano di integrazione da sottoporre alla Bce entro marzo, con l’obiettivo di definire un perimetro chiaro di sinergie, governance e distribuzione di ruoli tra le due realtà.

Parallelamente, prosegue il percorso di modifica dello statuto per introdurre la “lista del cda”, uno strumento che consente al board uscente di presentare una propria lista di candidati in vista del rinnovo del consiglio. Mps punta a utilizzare questo meccanismo nella primavera 2026, diventando il primo grande gruppo finanziario italiano a farvi ricorso in modo strutturale.

La prospettiva, prima dell’inchiesta, era quella di una ampia continuità con l’attuale vertice – a partire dal presidente e dal ceo – accompagnata però da un significativo ricambio degli altri consiglieri espressi dal Tesoro nel 2023. Ora, la variabile giudiziaria impone di ricalibrare i piani: il cda dovrà chiedersi se e come la vicenda che coinvolge Lovaglio possa influenzare il successo della futura lista e il dialogo con la Bce.

Gli scenari per Lovaglio e per la banca

Nei prossimi mesi si intrecceranno tre piani:

  • Penale: l’evoluzione dell’indagine milanese, con possibili nuove iscrizioni, chiusure di fascicoli o eventuali richieste di misure cautelari a carico degli indagati.
  • Regolamentare: le mosse della Bce e delle Autorità di vigilanza nazionali sulla valutazione dei requisiti degli esponenti bancari e sull’assetto proprietario di Mps e Mediobanca.
  • Industriale: il destino del piano di integrazione Mps–Mediobanca, i tempi del rinnovo del cda e il posizionamento di Siena nel risiko bancario italiano.

Per Lovaglio, lo scenario di base vede una difesa a tutto campo della propria posizione, con l’obiettivo di restare saldamente alla guida della banca almeno fino alla definizione del nuovo piano strategico e del dossier Mediobanca. Una eventuale forzatura, al contrario, rischierebbe di riaprire un fronte di instabilità proprio quando la banca ha finalmente rialzato la testa.

Per Mps il bivio è chiaro: trasformare la vicenda in un incidente di percorso gestito con trasparenza e continuità, oppure lasciare che il caso giudiziario diventi l’innesco di nuove fratture tra azionisti, Autorità e vertici aziendali. Molto si giocherà già nel cda di venerdì, dove le parole e il tono della relazione di Lovaglio – e la risposta del board – saranno letti come un indicatore del grado di coesione interna.

Cosa guardare da qui alla primavera

Per chi segue il dossier Mps–Mediobanca, ci sono alcune date e snodi chiave da monitorare:

  • Dicembre–gennaio: prime valutazioni del cda di Mps sull’idoneità di Lovaglio e sulle eventuali comunicazioni alla Bce.
  • Entro marzo: presentazione alla vigilanza europea del piano di integrazione con Mediobanca e, in parallelo, del nuovo piano industriale di Mps ai mercati.
  • Primavera 2026: rinnovo del consiglio con la possibile prima applicazione della lista del cda, che definirà la governance di Siena per il prossimo triennio.

Da come verranno gestiti questi passaggi dipenderà non solo il futuro di Mps, ma anche l’assetto complessivo della finanza italiana nei prossimi anni: dal peso di Mediobanca nel credito e nell’investment banking al ruolo di Generali nell’asset management e nella protezione del risparmio.

Una cosa, intanto, è già chiara: la partita non è solo giudiziaria. È una partita di poteri, strategie e credibilità, in cui ogni mossa – dal comunicato al mercato alla scelta di un consigliere – pesa come una pedina in una partita di scacchi giocata davanti agli occhi di Bce, investitori internazionali e opinione pubblica.

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