Krajewski difende rifugiati e inclusione. Leone XIV come Francesco: il Vangelo non chiude porte.
(Foto: Papa Leone XIV).
La Chiesa contro i nazionalisti: il caso polacco che parla all’Europa
Dalla Polonia arriva un messaggio forte, che attraversa Roma e parla all’intero continente. È quello del cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, che durante una Messa per i giovani pellegrini polacchi a Roma ha stigmatizzato con nettezza le derive identitarie esplose nel suo Paese: “Mi colpisce sentire ancora slogan come ‘Polonia per i polacchi’”, ha detto, “la Chiesa accoglie tutti”.
Il contesto era simbolico: la liturgia si è svolta presso Casa Polonia, nel quartiere Rebibbia, in occasione del Giubileo dei Giovani. E le parole del cardinale hanno risuonato come una denuncia: “C'è spazio per tutti nella Chiesa. Per i santi, per chi ha divorziato, per chi ama in modo diverso, per chi ha sbagliato, per i rifugiati”. Un messaggio dirompente in un’Europa attraversata da pulsioni esclusive.
Una linea che non cambia: Leone XIV e la continuità con Francesco
Il pontificato di Leone XIV, iniziato nel 2024, non si discosta da questa visione. Nonostante uno stile personale sobrio e meno mediatico rispetto a Francesco, il nuovo pontefice ha mantenuto con fermezza la linea della Chiesa “ospedale da campo”, attenta agli ultimi e impermeabile ai richiami dell’esclusione.
In più occasioni Leone XIV ha ribadito che “l’accoglienza non è un’opzione politica, ma una dimensione teologica”, riprendendo quanto già affermava Francesco fin dal 2013. Le sue omelie mattutine a Santa Marta — tornate consuetudine — sono percorse da un filo rosso: la dignità dell’uomo è universale, non può essere subordinata al passaporto o al codice culturale.
La Polonia tra fede e chiusura: il rischio di un cortocircuito
L’ascesa di un nazionalismo “cristiano”
Il motto “Polonia per i polacchi” non è nuovo, ma è tornato ad aleggiare negli ambienti ultraconservatori e tra i gruppi vicini all’estrema destra, anche dopo la sconfitta elettorale del partito Diritto e Giustizia nel 2023. Il nuovo governo centrista ha provato ad abbassare i toni, ma le spinte identitarie restano forti, anche nelle parrocchie più influenzate da movimenti come Radio Maryja.
Le voci contro: Życiński, Krajewski, i gesuiti
Non è la prima volta che esponenti del clero polacco si scagliano contro la deriva xenofoba. Il compianto cardinale Józef Życiński, già arcivescovo di Lublino, aveva criticato anni fa il nazional-cattolicesimo e l’uso politico della fede, definendolo “una bestemmia travestita da patriottismo”. La sua eredità è oggi portata avanti da vescovi come Grzegorz Ryś, ma anche dal gesuita Dariusz Piórkowski, che ha scritto: “Un cattolico non può amare solo il suo simile, deve amare anche lo straniero”.
Non solo Est Europa: un problema europeo
Anche in Germania, il cardinale Reinhard Marx ha più volte lanciato moniti simili: nel gennaio 2025 ha definito l’AfD “una minaccia per la coesione sociale e per la fede stessa”, denunciando le strumentalizzazioni religiose a fini populisti. In Slovacchia, a fine giugno, il vescovo di Nitra ha ammonito i fedeli: “Il Vangelo non chiede cittadinanze”.
La sfida è ormai continentale: l’idea che l’identità cristiana possa fondarsi sull’esclusione è respinta con forza da una Chiesa che, sotto tre pontificati consecutivi — Benedetto XVI, Francesco e Leone XIV — ha ribadito con chiarezza che l’universalità del messaggio cristiano è incompatibile con i nazionalismi chiusi.
La profezia evangelica come antidoto
Nel cuore dell’Europa, la Chiesa rilancia il suo ruolo profetico. Le parole di Krajewski non sono solo una risposta contingente: sono un affondo dottrinale e pastorale. In un mondo dove i confini diventano muri e la politica cavalca la paura, l’elemento radicale del Vangelo — “ero straniero e mi avete accolto” — torna a farsi carne.
Lo aveva detto Francesco, lo ripete oggi Leone XIV: la Chiesa non è una fortezza, ma una tenda. E la sua porta resta aperta. A tutti.