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Cina e Russia, nuova intesa su energia e agricoltura a Mosca

- di: Marta Giannoni
 
Cina e Russia, nuova intesa su energia e agricoltura a Mosca
Cina e Russia, assalto congiunto a energia e agricoltura

Cina e Russia, assalto congiunto a energia e agricoltura.

(Foto: Li Qiang Primo ministro della Cina e Michail Vladimirovic, Primo ministro della Russia, dopo gli accordi siglati).

A Mosca il premier cinese Li Qiang e il capo del governo russo Mikhail Mishustin ridisegnano l’asse economico eurasiatico: più gas e petrolio verso oriente, più grano e derrate verso la Cina, sullo sfondo della riunione dei capi di governo della Sco.

Li Qiang a Mosca, il messaggio: l’asse non si tocca

Il viaggio di Li Qiang a Mosca non è una semplice tappa diplomatica, ma un segnale politico ed economico a tutto campo. Il premier cinese è arrivato nella capitale russa per partecipare alla riunione dei capi di governo degli Stati membri dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) e, soprattutto, per cementare la partnership con il primo ministro russo Mikhail Mishustin.

Nel colloquio bilaterale, Li ha assicurato che Pechino è pronta a “approfondire la cooperazione in investimenti, energia, agricoltura e altri settori”, accogliendo con favore un afflusso ancora maggiore di prodotti agricoli e alimentari russi sul vasto mercato cinese. Un messaggio che suona come una garanzia a Mosca: finché durerà la pressione delle sanzioni occidentali, la domanda cinese resterà un’ancora di salvezza per l’economia russa.

Mishustin ha risposto tracciando il perimetro strategico della relazione tra i due Paesi. In quello che a tutti gli effetti è un manifesto politico, il premier russo ha parlato di “partenariato strategico globale Russia-Cina per il coordinamento in una nuova era”, sottolineando che la cooperazione ha raggiunto un livello “senza precedenti” e che Mosca vuole intensificare il dialogo “a tutti i livelli”, dall’economia alla cultura.

La cornice Sco: un laboratorio di integrazione eurasiatica

La visita si inserisce nella cornice della riunione del Consiglio dei capi di governo della Sco, la struttura che, accanto al vertice dei capi di Stato, cura i dossier economici e il bilancio dell’organizzazione. Nato all’inizio degli anni Duemila, il blocco è diventato negli anni un laboratorio di integrazione eurasiatica, in cui Pechino e Mosca giocano un ruolo di primo piano.

La Sco è passata da piattaforma focalizzata su sicurezza e lotta a terrorismo, separatismo ed estremismo a contenitore sempre più ampio di cooperazione economica, infrastrutturale ed energetica. L’allargamento progressivo dell’organizzazione e il crescente peso di Cina e Russia al suo interno ne hanno fatto un simbolo del tentativo di costruire un ordine “alternativo” rispetto a quello guidato dall’Occidente.

In questo contesto, la riunione di Mosca diventa l’occasione per rilanciare progetti comuni: dal coordinamento sulle grandi opere energetiche alla facilitazione degli scambi commerciali intra-SCO, fino al rafforzamento dei corridoi logistici che collegano l’Asia centrale alla Russia e alla Cina.

Energia, il gas siberiano guarda a oriente

Il capitolo più sensibile è quello energetico. Dopo la rottura con i Paesi europei seguita alla guerra in Ucraina, la Russia ha accelerato la “svolta a est”, dirottando petrolio e gas verso i mercati asiatici, con la Cina in prima fila.

Negli ultimi anni le importazioni di greggio russo verso la Cina hanno toccato livelli record, complici gli sconti applicati da Mosca per compensare la chiusura dei canali europei. Parallelamente, attraverso il gasdotto Power of Siberia, entrato a pieno regime, i flussi di gas naturale dalla Siberia orientale verso la Cina sono aumentati significativamente, facendo della Russia uno dei principali fornitori di gas via tubo del gigante asiatico.

Sul tavolo resta anche il progetto Power of Siberia 2, il maxi gasdotto pensato per collegare i giacimenti della Siberia occidentale – gli stessi che rifornivano l’Europa – al mercato cinese passando per la Mongolia. Per ora si procede soprattutto con progettazione e lavori preparatori, mentre i nodi cruciali – prezzo, contratti di lungo periodo, ripartizione dei costi – sono ancora oggetto di trattativa. Ma ogni incontro ad alto livello come quello tra Li e Mishustin contribuisce a tenere il dossier in cima alla priorità politica.

Per Mosca, rafforzare la cooperazione energetica con Pechino significa sostituire una parte dei volumi e dei ricavi perduti in Europa. Per la Cina, significa diversificare le fonti in un sistema che resta profondamente dipendente dalle importazioni di energia fossile, riducendo – almeno in parte – la vulnerabilità agli shock sui mercati globali e alle tensioni geopolitiche su altre rotte.

Grano, cereali e oltre: l’asso agricolo nell’asse Mosca-Pechino

Se l’energia è il pilastro storico del rapporto, l’agricoltura è il fronte che negli ultimi anni ha registrato la crescita più spettacolare. La Cina è diventata il principale acquirente di prodotti agricoli russi, con scambi in forte aumento sia in valore sia in volumi.

Negli ultimi due anni l’export agricolo russo verso la Cina ha superato, secondo diverse stime, la soglia dei 10 miliardi di dollari, con incrementi a doppia cifra rispetto al periodo pre-guerra. A fare la parte del leone è il grano, sostenuto da raccolti record e dall’apertura cinese a nuovi fornitori per rafforzare la propria sicurezza alimentare.

Non si tratta solo di frumento: Pechino ha aumentato gli acquisti di altri cereali (come grano saraceno, avena, miglio) e sta sperimentando un ampliamento delle importazioni in altri segmenti, compresi oli vegetali e prodotti trasformati. Alcune colture, come la soia, hanno mostrato oscillazioni, ma la tendenza di fondo è quella di un rafforzamento del ruolo della Russia nel paniere di fornitori della Cina.

Nel suo intervento a Mosca, Li ha insistito sulla volontà di vedere più “prodotti agricoli e alimentari di alta qualità provenienti dalla Russia” sugli scaffali cinesi. È un messaggio che parla a più pubblici: rassicura gli agricoltori russi, offre ai consumatori cinesi la promessa di prezzi più stabili e segnala ai partner occidentali che lo spazio lasciato libero dalle sanzioni viene rapidamente riempito.

Investimenti e infrastrutture, la partita dei capitali

Il dialogo tra Li e Mishustin non si ferma a gasdotti e navi di grano. Pechino vede nella Russia un tassello importante delle proprie strategie infrastrutturali e industriali, dall’Iniziativa Belt and Road alle catene del valore dell’energia e delle materie prime.

Il premier cinese ha espresso la speranza che la parte russa offra maggiori agevolazioni alle imprese cinesi che vogliono investire e operare in Russia: procedure doganali più snelle, regole più prevedibili, possibilità di usare le valute nazionali negli scambi per aggirare il sistema finanziario dominato dal dollaro. Un terreno su cui, negli ultimi mesi, si sono moltiplicati i segnali, dalle intese bancarie alla sperimentazione di pagamenti in yuan.

Per Mosca, attrarre capitali cinesi significa finanziare infrastrutture energetiche, porti, ferrovie, progetti industriali, spesso con accesso limitato a tecnologia e credito occidentali. Per Pechino, investire in Russia significa garantirsi corsie preferenziali per l’accesso a risorse strategiche e nuove rotte verso l’Europa e il Medio Oriente, pur muovendosi con cautela per evitare di essere direttamente coinvolta nel regime di sanzioni.

Cultura, cinema, scambi tra persone: “più calore umano”

Un passaggio apparentemente minore del colloquio tra i due premier riguarda gli scambi culturali e interpersonali, ma il linguaggio usato da Li è eloquente. Il leader cinese ha invitato le due parti ad ampliare i contatti tra cittadini e ad arricchire la cooperazione in campi come cultura, istruzione e cinema, auspicando di portare “più calore umano nelle relazioni” tra i due Paesi.

Dietro l’immagine rassicurante si intravede una strategia precisa: radicare la partnership non solo nei contratti energetici o negli scambi agricoli, ma anche in una narrazione condivisa, fatta di coproduzioni cinematografiche, festival culturali, programmi universitari congiunti, turismo mirato. Più le opinioni pubbliche si abituano a vedersi come “partner naturali”, più diventa difficile per qualsiasi futuro governo invertire la rotta.

Anche Mishustin ha insistito sulla necessità di “rafforzare costantemente l’amicizia di buon vicinato”, espressione che, letta nel contesto della competizione globale con l’Occidente, equivale a un impegno a lungo termine: non un’alleanza formale, ma un allineamento di fatto su molti dossier chiave.

Le incognite: asimmetrie, dipendenze e limiti

Dietro la retorica della “nuova era”, però, restano le asimmetrie. Il peso economico della Cina è ormai più volte superiore a quello russo e, man mano che Mosca si affida al mercato cinese per vendere energia e prodotti agricoli e per importare tecnologie e beni di consumo, il rapporto di forza si inclina a favore di Pechino.

Alcuni nodi restano irrisolti: nei negoziati sui grandi gasdotti la Cina insiste per ottenere condizioni molto vantaggiose, consapevole del fatto che la Russia ha un margine di manovra limitato dopo la chiusura del mercato europeo. Sul fronte tecnologico, Pechino è prudente nel fornire equipaggiamenti che potrebbero essere percepiti come violazione delle sanzioni, mentre Mosca vorrebbe un sostegno più esplicito.

Anche sul piano agricolo, il boom di oggi non garantisce automaticamente il domani: la Cina continua a diversificare i fornitori e a mantenere relazioni commerciali con un ampio ventaglio di Paesi, per non dipendere da un solo partner. In altre parole, l’asse Mosca-Pechino è stretto, ma non esclusivo.

Il significato geopolitico della tappa di Mosca

La foto di Li e Mishustin che si stringono la mano a Mosca, sullo sfondo dei lavori della Sco, è il riassunto plastico di un messaggio rivolto al mondo: Cina e Russia non arretrano nella loro cooperazione, anzi la vogliono rendere più strutturale in tre ambiti chiave – energia, agricoltura, investimenti – con una cornice politica eurasiatica sempre più definita.

La Sco funziona da moltiplicatore politico: dà alle intese bilaterali una veste multilaterale, coinvolge Asia centrale, subcontinente indiano, Medio Oriente allargato. Ogni passo avanti in questo contesto ridisegna, un tassello alla volta, le mappe del commercio e dell’energia tra Europa e Asia.

In definitiva, la tappa di Mosca non è solo un appuntamento di protocollo. È un momento in cui interessi economici molto concreti – gas, petrolio, grano, corridoi logistici, investimenti – si intrecciano con una visione geopolitica di lungo periodo. E se l’Occidente cerca di contenere Mosca con il bastone delle sanzioni, la Cina offre la carota di un mercato sterminato, a patto di poter dettare, sempre di più, le condizioni del gioco.

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