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La Consulta boccia la legge campana sul terzo mandato: De Luca attacca, la partita si sposta anche in Veneto

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
La Consulta boccia la legge campana sul terzo mandato: De Luca attacca, la partita si sposta anche in Veneto

Non ci sarà un terzo mandato per Vincenzo De Luca. La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge approvata dalla Regione Campania che avrebbe consentito all’attuale governatore di ricandidarsi alle prossime elezioni. Una legge pensata su misura, che puntava a riavvolgere il nastro, facendo partire il conteggio dei due mandati solo dal momento dell’entrata in vigore del nuovo testo. Troppo, anche per una politica da anni abituata a spingersi oltre i confini della correttezza istituzionale.

La Consulta boccia la legge campana sul terzo mandato: De Luca attacca, la partita si sposta anche in Veneto

L’intervento della Consulta è arrivato netto, senza sfumature. Il divieto del terzo mandato consecutivo, ha spiegato la Corte, è un principio fondamentale fissato dalla legge statale, che le Regioni non possono in alcun modo derogare. Tradotto: la norma voluta dal Consiglio regionale campano per consentire a De Luca di restare in sella ancora una volta è incostituzionale.

La reazione del governatore: “Tesi strampalata”

La reazione di Vincenzo De Luca non si è fatta attendere. Con il suo consueto stile sarcastico e polemico, il presidente ha bollato la decisione come l’esito di una “tesi strampalata progettata in udienza”, aggiungendo che “ci sarà molto lavoro per gli imbianchini: andrà cancellata da tutti i tribunali la scritta 'la legge è uguale per tutti’”. Una battuta amara, dietro cui si cela la consapevolezza di un’uscita di scena che ora diventa inevitabile.

Il precedente che agita il Veneto

Ma la questione non si chiude con la Campania. Anzi, ora si apre un nuovo fronte: quello del Veneto. Anche Luca Zaia è arrivato al suo secondo mandato consecutivo. Popolarissimo, amatissimo, pronto – secondo indiscrezioni mai smentite – a restare ancora alla guida della Regione. Il modello campano era osservato con attenzione anche a Palazzo Balbi: se la legge “salva De Luca” fosse passata, si sarebbe potuto replicare un meccanismo analogo per consentire anche al presidente veneto di restare al suo posto.

Zaia ufficialmente non ha mai rotto il silenzio. Ma nel Carroccio è noto da tempo il braccio di ferro a distanza tra lui e il segretario Matteo Salvini. Il governatore veneto è considerato l’uomo del dialogo, della gestione pragmatica, delle aperture ai moderati e al centrosinistra istituzionale. Salvini, al contrario, è ancora il leader di trincea, schiacciato tra le ambizioni romane e le difficoltà di un partito in costante calo nei consensi.

Zaia-Salvini, tensioni latenti


Il rapporto tra i due è segnato da reciproca diffidenza. Zaia non ha mai realmente sfidato Salvini sul piano nazionale, ma ha costruito negli anni un profilo autonomo, con consensi trasversali e una comunicazione tutta sua, lontana dagli slogan urlati del segretario. Salvini, da parte sua, ha sempre temuto che un Zaia ancora in corsa per la Regione diventasse il polo alternativo della Lega del Nord che fu, quella più istituzionale, quella che trattava con Roma, quella che oggi Salvini sente lontana.

Il no della Consulta al terzo mandato blocca sul nascere ogni ipotesi di continuità anche per il presidente veneto. E apre un vuoto di potere che potrebbe riaccendere le tensioni nel partito. Salvini, paradossalmente, potrebbe trarne vantaggio: senza Zaia in corsa, il campo si libera per i suoi uomini e per un possibile rimescolamento delle carte nei territori. Ma il rischio è anche quello di perdere la guida di una delle Regioni più importanti del Paese.

Il principio del limite

In tutto questo, resta la questione politica di fondo: la democrazia vive di alternanza. E il principio dei due mandati, stabilito dalla legge statale e oggi ribadito dalla Corte, è uno dei cardini su cui si fonda il ricambio nelle istituzioni. Non si tratta di giudicare il valore di un’amministrazione o la popolarità di un leader. Si tratta di stabilire un limite. Perché ogni potere, anche il più legittimato, ha bisogno di sapere che non è eterno.

Con la decisione della Consulta, il principio è stato ribadito con forza. Nessuna legge può essere riscritta per consentire eccezioni ad personam. E ora la politica dovrà fare i conti con questo: trovare nuovi leader, aprire una stagione di rinnovamento, restituire al dibattito pubblico la convinzione che le regole valgano davvero per tutti. Anche per i governatori che non vogliono lasciare. Anche per chi si sente insostituibile.

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