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Consumi, Milano in vetta: nel Nordovest le famiglie spendono molto più che nel resto d’Italia

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Consumi, Milano in vetta: nel Nordovest le famiglie spendono molto più che nel resto d’Italia

Nel 2023 le famiglie italiane hanno speso complessivamente miliardi di euro, ma a trainare la domanda interna è stato ancora una volta il Nordovest. Qui si concentra poco meno di un terzo dei consumi totali, con la Lombardia a fare da locomotiva: da sola vale il 20% dell’intera spesa nazionale. Milano si conferma la capitale dei consumi con quasi 31mila euro pro capite, un livello mai raggiunto in nessun’altra provincia. Roma, seconda in classifica, resta staccata di oltre 7mila euro, ferma a quota 23.500, mentre Torino completa il podio con 23.124 euro. Ancora più nette le differenze sul piano assoluto: la spesa milanese supera i 100 milioni di euro, Torino si ferma a circa la metà.

Consumi, Milano in vetta: nel Nordovest le famiglie spendono molto più che nel resto d’Italia

Lo studio del Centro Studi Tagliacarne-Unioncamere evidenzia come l’area Nordovest sia ormai il baricentro dei consumi italiani. La composizione della spesa mostra una prevalenza di beni non alimentari, segnale di un reddito disponibile più alto e di una struttura sociale capace di investire di più in servizi, cultura, tempo libero. Una fotografia che conferma la forza di Milano e della Lombardia nel determinare gli equilibri economici del Paese e nel sostenere settori chiave come il commercio e la distribuzione.

Il ribaltamento dei trend
Il confronto con il 2019, però, introduce un elemento inatteso. Sul fronte dei consumi alimentari, a crescere di più sono state le regioni meridionali, dove il peso dei beni di prima necessità ha superato il 21% del totale in 26 province su 38. Nel resto d’Italia questa soglia non è stata toccata. “Il dato segnala una doppia vulnerabilità per l’economia del Mezzogiorno – spiega Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne. Da un lato redditi inferiori di circa il 25% rispetto alla media nazionale, dall’altro una maggiore esposizione alle spinte inflazionistiche, che hanno gonfiato i consumi in termini nominali ma eroso il potere d’acquisto reale”.

Impatti economici e territoriali

L’aumento della quota di spesa destinata agli alimentari ha implicazioni profonde. Significa che famiglie con redditi già bassi hanno visto restringersi ulteriormente i margini per consumi discrezionali, frenando così settori come l’elettronica, l’arredamento e il tempo libero. Per i commercianti e la grande distribuzione, soprattutto nel Sud, questo si traduce in mercati meno dinamici e con minori possibilità di crescita. All’opposto, aree come Milano continuano a garantire flussi di spesa capaci di sostenere non solo il commercio di prossimità ma anche catene internazionali e brand del lusso.

Divari complessi
Il quadro che emerge va oltre la tradizionale lettura Nord-Sud. Anche alcune province del Centro e del Nord hanno registrato un’incidenza elevata dei consumi alimentari, tra il 18,5% e il 21%, segno che l’inflazione ha inciso in maniera trasversale. Tuttavia, le differenze restano marcate: al Nordovest la spesa continua a trainare crescita e innovazione, mentre al Sud il rischio è che l’aumento nominale dei consumi mascheri un impoverimento strutturale. Una dinamica che rischia di accentuare squilibri già radicati e di rendere ancora più fragile la capacità di tenuta sociale ed economica del Paese.

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