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Consumi, Shrinkflation: cosa è e perché ha tanta importanza quando si fa la spesa, ma non solo

- di: Barbara Bizzarri
 
Consumi, Shrinkflation: cosa è e perché ha tanta importanza quando si fa la spesa, ma non solo
Si chiama shrinkflation e lo conosciamo bene, magari senza saperlo: è quel fenomeno, ormai dilagante, secondo cui si riducono le dimensioni della confezione di un prodotto, e di conseguenza la quantità, mantenendo invece il prezzo invariato: un modo per aumentare i costi senza che il consumatore se ne accorga immediatamente. Su questa tendenza sta ora indagando l’Antitrust: infatti, L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’istruttoria per assicurarsi che le strategie adottate dai produttori non costituiscano una pratica commerciale che possa violare il Codice del Consumo.

Consumi, Shrinkflation: cosa è e perché ha tanta importanza quando si fa la spesa, ma non solo

L’Antitrust dovrà fare luce sulla effettiva necessità delle modifiche alle dimensioni delle confezioni e, nel caso le variazioni non siano corredate da un’etichetta che ne spieghi i motivi, le aziende responsabili saranno oggetto di approfondimento. Dato che i casi di shrinkflation tra gli scaffali dei supermercati si stanno moltiplicando a macchia d’olio, Altroconsumo vigila sulla pratica, considerata scorretta senza esitazioni da molti economisti, ma anche equivoca in termini di marketing e di sistema economico, perché ‘impatta subdolamente sulla cultura e sulle distorsioni cognitive dei consumatori/cittadini’.

Shrinkflation è in realtà un neologismo, coniato nel 2009 dall’economista inglese Pippa Malmgren, ottenuto dalla crasi fra il verbo inglese “to shrink”, ovvero restringere, e del sostantivo “inflation”, inflazione: si potrebbe tradurre con l’espressione “rincaro occulto”.

L’astuzia sta nel fatto che spesso non ci si accorge che un prodotto a cui siamo abituati venga riproposto con un pack leggermente rimpicciolito: l’escamotage è proprio questo, perché la variazione deve essere impercettibile, in maniera tale che il consumatore non se ne renda conto, o almeno, non subito.

Benché l’Antitrust stia tuttora indagando, e dunque non sia possibile trarre conclusioni legittime, è da sottolineare il fatto che questa tendenza sia in voga ormai da anni e che altrettanto in voga siano le critiche a essa correlate. Il rimpicciolimento di una confezione mantenendo il medesimo prezzo (o addirittura aumentandolo, dato che accade anche questo) è considerato da molti come un inganno verso i consumatori e uno stratagemma per aumentare i prezzi in maniera poco chiara. Il “caso Toblerone” è spesso citato come un esempio: nel 2016 le dimensioni della celebre confezione triangolare di cioccolato diminuirono considerevolmente. C’è da dire però che in quel caso era impossibile non accorgersene, dunque non si trattava di una variazione studiata per essere impercettibile, tanto che parecchi consumatori, allora, protestarono per la scelta. Oggi, tuttavia, in uno scenario caratterizzato dalla crisi, la shrinkflation si sta diffondendo ancora di più, presumibilmente perché il sistema capitalistico non ha come fine ultimo la massimizzazione del benessere sociale, e le richieste delle aziende sono sempre pressanti, a fronte dello stesso organico e delle stesse retribuzioni. Anche questa, è un’altra faccia della shrinkflation, un fenomeno che coinvolge i prodotti più disparati: è sufficiente consultare qualche forum online per sapere quali sono, secondo i consumatori i prodotti più “ristretti” a scopi di mercato, nello specifico alcune marche di patatine, caramelle e persino detersivi.

Ma esiste un modo per difendersi dalla shrinkflation? Sì, ed è più semplice di quanto si possa pensare: ‘connettersi ai propri bisogni effettivi ed esplicitarli con bisogni reali di mercato. È la miglior strategia di difesa e di attacco. Il consumatore non dovrebbe difendersi, ma attaccare il mercato, perché ne ha il potere’.
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