La rimodulazione dell’Irpef è pronta per approdare in Consiglio dei ministri sotto forma di decreto-legge. L’obiettivo dell’intervento è applicare già dalla stagione degli acconti il nuovo schema a tre aliquote, riducendo l’impatto fiscale per i contribuenti. Il passaggio, oltre a semplificare il sistema rispetto agli attuali quattro scaglioni, punta a rendere visibile il taglio del cuneo fiscale promesso dal governo Meloni. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, interpellato a margine dell’audizione sul Documento di economia e finanza, ha confermato che «dovrebbe esserci» in giornata il via libera al provvedimento, precisando tuttavia che «finché non lo firmo io, non esiste».
Conti dell’Irpef, oggi il decreto ad hoc
Sul fronte previdenziale, l’esecutivo intende sterilizzare l’adeguamento automatico all’aspettativa di vita che comporterebbe un incremento di tre mesi dell’età per l’uscita dal lavoro. La misura, già al centro di dibattiti interni alla maggioranza, viene confermata come prioritaria, ma resta subordinata al perfezionamento del decreto. Giorgetti ha ricordato che il sistema pensionistico italiano è «tra i più performanti in Europa», lasciando intendere che non si procederà con ulteriori interventi strutturali nel breve periodo. Resta il nodo delle risorse, mentre il governo cerca di mantenere un profilo prudente nei confronti della Commissione europea.
Il Pil rallenta, pesa il commercio globale
Nel cuore del Documento di economia e finanza c’è il quadro macroeconomico aggiornato, che fotografa un’economia in rallentamento. Il Pil previsto per il 2025 è stato abbassato allo 0,6%, con un contributo negativo delle esportazioni nette (-0,3 punti percentuali) e investimenti privati fermi (+0,6%). A zavorrare la ripresa sono le tensioni commerciali internazionali, a partire dai dazi statunitensi che, secondo Istat, potrebbero costare fino a due decimi di Pil nel 2025 e tre nel 2026. Confindustria stima che, in presenza di barriere tariffarie al 20%, la crescita si ridurrebbe allo 0,3% nel prossimo anno e allo 0,6% nel successivo.
Imprese ferme in attesa di chiarezza
Il Piano Transizione 5.0, pensato per incentivare l’innovazione industriale, non starebbe dando i frutti attesi. «Le imprese stanno congelando gli investimenti, attendono di capire se il sistema di incentivi sarà rivisto», ha affermato Alessandro Fontana, direttore del Centro studi di Confindustria. Tra i fattori strutturali che aggravano la situazione ci sono la crisi tedesca, quella dell’automotive, le difficoltà del tessile e l’alto costo dell’energia. Un mix che potrebbe spingere una parte della manifattura europea a trasferirsi oltre Atlantico, in cerca di condizioni più favorevoli. Il rischio di desertificazione industriale viene evocato sempre più spesso come scenario concreto.
Allarme Upb sulle spese militari
L’Ufficio parlamentare di bilancio ha posto l’accento sull’aumento della spesa per la difesa, connesso al piano europeo “European Defense Readiness 2030”. La clausola di salvaguardia prevista permetterebbe di superare i vincoli del Patto di stabilità fino a 1,5 punti percentuali di Pil, ma attivarla ora potrebbe compromettere la fuoriuscita dell’Italia dalla procedura per deficit eccessivo. Anche per questo il ministro Giorgetti ha chiarito che «per il momento il governo non utilizzerà la deroga» relativa alle spese militari. Secondo le simulazioni Upb, l’impatto dei dazi Usa sul Pil italiano comporterebbe una perdita complessiva di tre decimi di punto e la cancellazione di circa 68mila posti di lavoro, con effetti concentrati in settori già fragili come il metalmeccanico, la moda, l’automotive e il farmaceutico.