Nelle ospitate di Corona in Rai, dov'è finita la mission culturale dell'azienda?

- di: Redazione
 
Lo confessiamo: le vicende di qualche ragazzo diventato ricco e famoso troppo presto e per questo annoiato e, ancora per questo, vittima del vizio del gioco d'azzardo via internet, non ci appassionano più di tanto.
Anche perché questo problema esiste da sempre e non ci sembra giusto che se ne parli solo per tocca il 'totem'' calcio, mentre milioni di uomini e donne sono affetti da ludopatia, ma, senza i soldi del calcio professionistico, rovinano loro stessi e le famiglie.
Ma questa storiaccia sta mostrando un altro volto di questo derelitto Paese, quello della memoria corta e della sottomissione al paradosso. Lo diciamo pensando che ormai le sorti preoccupanti dell'Italia non pesano più sulle spalle di Giorgia Meloni o del presidente Mattarella.

Nelle ospitate di Corona in Rai, dov'è finita la mission culturale dell'azienda?

No, oggi il Paese sembra pendere dalla labbra di una persona, Fabrizio Corona, che sta capitalizzando al massimo il fatto di conoscere, a suo dire, parecchio dello scandalo del gioco online, proibito ai calciatori professionisti, inflazionando quindi la televisione di Stato, le cui trasmissioni fanno a gara per accaparrarsi lei e le sue (presunte) rivelazioni.
E' comunque necessario fare una doverosa premessa, per il rispetto dei ruoli.
Corona, che ha trascorso molti anni in galera, per accuse di vario profilo, fa quel che più gli sembra giusto per tornare ad inserirsi in un circuito da cui le sue vicende personali lo avevano sbattuto fuori. Il problema non è quindi quel che lui fa, quanto il fatto che la Rai si presta a fare da megafono alle sue dichiarazioni, vere o fasulle che siano le cose che sostiene di conoscere, che faranno pure audience, ma poco si attagliano a quella che dovrebbe essere la mission dell'azienda che, lo ripetiamo ancora una volta, è legato allo Stato da un contratto di servizio che non ci pare contenga finalità in qualche modo assimilabili alla presenza dell'ex fotografo in televisione.

Per farla breve: Corona può fare e dire quel che vuole, ma per la Rai è necessario ingaggiarlo per alcune trasmissioni pur di fare salire gli ascolti?
E ingaggiarlo, ci chiediamo, significa dargli un cachet che certo non è di poche decine di euro?
Oggi leggiamo che alcuni consiglieri della Rai siano insorti per le scelte dell'azienda, con la speranza che non siano arrabbiati solo per i costi delle presenze di Corona (secondo La Repubblica, nell'ordine di trentamila euro a comparsata) , ma soprattutto perché si concede una sterminata platea a chi ne fa uso squisitamente personale, il ''suo'', che nulla ha a che spartire con l'informazione.

Nelle notizie lanciate con il meccanismo ad orologeria della peggiore informazione (annuncio, pausa di giorni per fare crescere attenzione, sganciamento), Corona ha sapientemente creato intorno a sé e alle ''rivelazioni'' una attesa che è trasversale, come lo è l'attenzione per il calcio. Ma perché dargli questa possibilità? Anche perché le leggi degli ascolti probabilmente spingeranno altre televisioni, che non siano quella di Stato, a cercare di averlo nei loro studi, ampliando l'effetto di autoreferenzialità di cui Corona sta facendo sapiente utilizzo.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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