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Prima vertice Tim–Poste: statuto allargato, governance blindata

- di: Vittorio Massi
 
Prima vertice Tim–Poste: statuto allargato, governance blindata
Espulsi senza ascolto: la Corte di Trump chiude i confini al diritto
Via libera alle deportazioni in paesi terzi anche se pericolosi. Tre giudici liberal accusano la maggioranza: “Violata la Costituzione, calpestata la dignità umana”.
 
(Foto: un particolare della sede della Corte Suprema a Washington)

Un’America che volta le spalle ai perseguitati

Con una decisione clamorosa quanto opaca, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato il via libera alla deportazione di migranti in Paesi terzi anche quando esistano fondati timori di abusi o torture. La sentenza rappresenta una svolta senza precedenti nell’applicazione delle leggi federali sull’immigrazione, e segna una nuova vittoria per Donald Trump nella sua battaglia identitaria contro i migranti. Ma è anche il simbolo di una Corte profondamente divisa, spaccata tra un blocco conservatore dominante e una minoranza liberal che denuncia “una deriva autoritaria”.

Sei voti a favore, tre contrari: i diritti migranti cancellati da una maggioranza ideologica

Con sei voti contro tre, la maggioranza conservatrice ha sospeso l’effetto di una precedente sentenza federale che garantiva ai migranti il diritto a non essere espulsi verso Paesi pericolosi. La Corte non ha fornito motivazioni scritte: un silenzio pesante su una materia delicatissima. A parlare, stavolta, è solo il dissenso furioso dei tre giudici liberal — Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson — che denunciano una “grave violazione dello Stato di diritto”.

Sotomayor: “Privare qualcuno del diritto a non essere torturato è una perdita grave”

“La legge federale impone che nessuno venga espulso verso un Paese dove rischia la morte o la tortura. E il Congresso ha stabilito questo diritto espressamente”, ha scritto la giudice Sotomayor. Secondo i giudici liberal, la decisione ignora la Costituzione e consente al governo di deportare chiunque, ovunque, senza ascolto e senza preavviso.

Una vittoria per Trump, una sconfitta per il diritto internazionale

La sentenza arriva nel pieno della campagna elettorale di Trump e costituisce per lui una rivincita personale su uno dei suoi cavalli di battaglia: la lotta all’immigrazione illegale. Subito dopo la pubblicazione della decisione, l'amministrazione ha esultato. “Accendete gli aerei per le deportazioni”, ha scritto su X Tricia McLaughlin. “Questa è una vittoria per il popolo americano”, ha aggiunto. Per i legali che rappresentano i migranti, invece, la sentenza è terrificante: “Elimina ogni garanzia di giusto processo e apre la porta a deportazioni arbitrarie anche verso Paesi dove si rischia la vita”, ha dichiarato l’avvocato Ramiro Ortiz.

Una Corte Suprema sempre più sbilanciata

La pronuncia conferma la crescente politicizzazione della Corte Suprema, dove i sei giudici nominati da amministrazioni repubblicane (tre da Trump) formano un blocco granitico. Le ultime sentenze raccontano una traiettoria precisa: meno diritti per i vulnerabili, più potere all’esecutivo. “L'Alta Corte non è più un arbitro imparziale, ma un attore politico al servizio di una visione ultraconservatrice”, ha commentato Laurence Tribe. “E quando il diritto d’asilo viene svuotato, anche la nostra democrazia si indebolisce”.

Il fantasma dei “paesi sicuri”

L’elemento più controverso riguarda il concetto di “paesi terzi sicuri”: l’amministrazione intende applicare accordi bilaterali o decisioni esecutive per trasferire migranti in Paesi dell’America Centrale, Africa o Medio Oriente, anche senza legami familiari o culturali. In passato, simili pratiche erano state bloccate. Ora, invece, si apre la strada a deportazioni sommarie, spesso notturne, senza preavviso né udienza. “Questo è un attacco diretto alla Convenzione ONU contro la tortura”, ha dichiarato Kenneth Roth.

Deportazioni come show politico

Nel contesto di una presidenza muscolare, le espulsioni rischiano di diventare spettacoli mediatici. Trump ha già annunciato che “i voli charter partiranno ogni settimana” e che “nessuno potrà più approfittare della nostra generosità”. Una retorica che parla alla pancia dell’America bianca e conservatrice, ma che cancella l’umanità delle storie individuali.

Il diritto all’asilo sotto attacco

La sentenza segna una cesura profonda nel sistema giuridico americano: per la prima volta, un organo supremo legittima la possibilità di deportare persone senza ascoltarle, anche se rischiano la vita. È un colpo durissimo non solo per i migranti, ma per l’intera idea di giustizia costituzionale. E mostra ancora una volta come la Corte di Trump non sia più un freno agli abusi del potere, ma un suo alleato attivo.

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