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Cuore e cancro, un legame che la scienza non può più ignorare

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Cuore e cancro, un legame che la scienza non può più ignorare

Un filo sottile, rimasto a lungo invisibile, sembra legare il cuore e i tumori. Un filo che la medicina sta imparando a riconoscere e che potrebbe cambiare il modo in cui vengono prevenute e trattate le due malattie più diffuse e temute. Negli ultimi anni la ricerca ha iniziato a svelare come problemi cardiaci e rischio oncologico non siano due percorsi paralleli, ma abbiano incroci inattesi.

Cuore e cancro, un legame che la scienza non può più ignorare

A spiegarlo è un recente approfondimento di AIRC: le patologie cardiovascolari e i tumori condividono fattori di rischio, dinamiche biologiche e, spesso, persino biomarcatori. Ma anche le terapie oncologiche, salvavita per milioni di pazienti, possono diventare un fattore di vulnerabilità per il cuore.

Dai fattori di rischio comuni alle nuove evidenze biologiche
Finora la medicina aveva messo a fuoco i fattori condivisi: fumo, sedentarietà, obesità, diabete, invecchiamento. Tutti elementi che danneggiano le arterie e, allo stesso tempo, alimentano l’infiammazione che può facilitare la crescita di cellule tumorali.

Oggi il quadro si allarga. Alcuni biomarcatori tipici delle malattie cardiache – in particolare la troponina T e il pro-peptide natriuretico NT – cominciano a essere osservati come possibili “spie” precoci di un rischio oncologico. Non è un dettaglio da laboratorio: significa che l’organismo, nel momento in cui segnala una sofferenza cardiaca subclinica, potrebbe anche trovarsi in uno stato che favorisce lo sviluppo di un tumore.

Lo studio della UCLA: il cuore come sentinella
Il punto di svolta arriva da un grande studio epidemiologico condotto dall’Università della California a Los Angeles. I ricercatori hanno seguito per quasi diciotto anni 6.244 persone che all’inizio non avevano né malattie cardiovascolari né diagnosi di tumore.

Chi presentava livelli più elevati dei due biomarcatori cardiaci aveva, con il passare degli anni, una probabilità significativamente maggiore di sviluppare un tumore, in particolare al colon e – per il solo NT – al polmone. Una scoperta che sposta l’attenzione sul cuore non solo come vittima collaterale delle terapie oncologiche, ma come possibile campanello d’allarme per la malattia stessa.

Il peso delle terapie: quando curare un tumore mette a rischio il cuore
Il legame, tuttavia, non si limita a questa dimensione predittiva. Per molti pazienti oncologici, soprattutto in età avanzata o con fragilità cardiovascolare, il cuore diventa il punto debole anche durante le cure. Chemioterapie, radioterapie e nuovi farmaci mirati possono avere effetti collaterali cardiotossici.

È per questo che negli ultimi anni oncologi e cardiologi hanno imparato a lavorare fianco a fianco: la cosiddetta cardioncologia. In alcuni casi i pazienti ricevono farmaci cardioprotettivi prima e durante i cicli di trattamento, in altri devono essere monitorati costantemente con ecografie e test di funzionalità per evitare che il prezzo della guarigione diventi un nuovo problema di salute.

Un’alleanza fragile che richiede prevenzione
Gli scienziati invitano però alla prudenza. L’associazione tra livelli elevati dei biomarcatori e rischio di tumore, osservata nello studio americano, non dimostra una relazione di causa-effetto. Potrebbe essere che chi mostra quei valori abbia un cuore già stressato da microlesioni o da processi infiammatori che, a loro volta, aumentano il rischio di trasformazioni cellulari maligne.

La scoperta, tuttavia, ha già una ricaduta pratica: rafforzare la prevenzione cardiovascolare – dal controllo della pressione e della glicemia all’abbandono del fumo, dal movimento regolare alla dieta equilibrata – significa non solo ridurre il rischio di infarto e scompenso, ma forse anche abbassare la probabilità di ammalarsi di alcuni tipi di tumore.

Un cambio di paradigma per la medicina e per la cultura della salute
Il cuore, insomma, smette di essere soltanto il paziente fragile da proteggere durante le cure oncologiche e diventa parte della storia naturale del cancro. È una svolta culturale che potrebbe spingere a ripensare gli screening, l’organizzazione dei centri di cura, persino le campagne di informazione pubblica.

Se confermato da ulteriori studi, questo legame suggerisce che la prevenzione non deve più essere concepita a compartimenti stagni: non esiste una prevenzione per il cuore separata da quella per il tumore. Esiste un’unica strategia di salute, che passa per stili di vita sani e controlli mirati, capace di difendere l’organismo dalle principali malattie croniche.

Verso una medicina integrata

In un’epoca in cui la ricerca punta a unire oncologia, cardiologia e immunologia, la scoperta di questo legame apre un orizzonte nuovo: non solo curare meglio i malati, ma individuare prima i soggetti più a rischio.

Il cuore come sentinella del cancro: un’ipotesi ancora da validare, ma già in grado di influenzare il modo in cui medici e pazienti guardano alla propria salute. È il segnale che il futuro della medicina sarà sempre più integrato, con l’obiettivo di vedere l’organismo come un sistema unico in cui ogni parte parla – e avverte – delle altre.

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