Due anni dopo la tragedia che ha segnato per sempre la spiaggia di Steccato di Cutro, il dolore non si è attenuato. Il 26 febbraio 2023 il mare si prese 94 vite, lasciando dietro di sé il peso di una strage che per molti porta il sigillo della responsabilità di Stato.
Cutro, il vicepresidente della CEI alla veglia per i migranti: "Verità sulle stragi di Stato"
Per non lasciare spazio alla dimenticanza, per dare voce a chi non c’è più, una veglia di preghiera si è svolta sul luogo del naufragio. Tra i presenti, monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Ionio e vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, che con parole dure e dirette ha chiesto giustizia: "Non possiamo dimenticare. Ogni dimenticanza diventa complicità. Si faccia piena verità su tutte le stragi di Stato, da Lampedusa a Cutro".
Il messaggio è chiaro: senza verità non può esserci giustizia, e senza giustizia non c’è civiltà.
Ma il monsignore non si è fermato alla memoria. Il suo discorso è stato un atto d’accusa contro la narrazione che trasforma il fenomeno migratorio in un problema di ordine pubblico, ignorando il dramma umano che si consuma ogni giorno nel Mediterraneo e lungo le frontiere d’Europa.
"Ci stiamo giocando la democrazia. Ogni popolo nasce dall’incontro tra culture diverse, ma ho la percezione, per non dire la certezza, che la storia non ci abbia insegnato nulla. Stiamo riportando le lancette del tempo ai momenti più bui della nostra civiltà. Quando sento parlare di deportazione, quando vedo immagini di fratelli e sorelle in catene, mi chiedo: dove siamo arrivati? Non ci ha insegnato nulla la banalità del male?"
Le parole di Savino risuonano come un monito, mentre in Italia e in Europa crescono politiche che fanno della sicurezza il pretesto per chiudere le frontiere, per alzare muri, per negare diritti fondamentali.
"Mi preoccupano contiguità, attiguità e atteggiamenti organici a chi crede che i fili spinati e i muri siano la soluzione ai problemi della storia", ha aggiunto il monsignore, sottolineando come il dibattito sull’immigrazione venga spesso ridotto a una questione di ordine pubblico, ignorando le cause profonde che spingono uomini, donne e bambini a lasciare la propria terra.
La sua denuncia è rivolta non solo alle istituzioni, ma anche alla società civile: "Invito tutti a diventare soggetti capaci di capovolgere quello che sta accadendo qui e altrove in questo frangente della storia. Non possiamo restare a guardare".
Per Savino, la sfida non è chiudere le frontiere, ma costruire un modello di convivenza basato sull’integrazione e sul rispetto della dignità umana: "Gli immigrati non sono un problema, ma una risorsa. Sono fratelli, amici, compagni con i quali costruire una società alta ed altra, una società dei diritti, non dell’indifferenza".
Il vescovo ha poi rivolto un pensiero ai superstiti del naufragio e ai familiari delle vittime, chiedendo loro perdono, così come aveva fatto due anni fa inginocchiandosi davanti alle bare allestite nel palazzetto dello sport di Crotone.
Un gesto che resta nella memoria, in un'Italia che troppo spesso sembra pronta a voltarsi dall’altra parte.