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Dazi, trattativa in salita tra Ue e Usa: Tajani frena sull’intesa ‘zero tariffe’

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Dazi, trattativa in salita tra Ue e Usa: Tajani frena sull’intesa ‘zero tariffe’

La prospettiva di un accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti che preveda l’azzeramento reciproco dei dazi appare sempre più remota. Il ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, ha riconosciuto che “l’obiettivo ‘zero’ entro il primo agosto è difficile da raggiungere”, pur ribadendo la volontà dell’Italia di favorire un’intesa che salvaguardi le esportazioni e i rapporti strategici con Washington. La questione è tornata d’attualità con l’arrivo a Washington del vicepresidente della Commissione europea Maroš Šefčovič, incaricato di guidare una nuova fase di colloqui con la Casa Bianca. Il mandato di Šefčovič è chiaro: evitare un’escalation protezionistica e disinnescare il rischio di una guerra commerciale che potrebbe colpire duramente i settori chiave dell’economia europea.

Dazi, trattativa in salita tra Ue e Usa: Tajani frena sull’intesa ‘zero tariffe’

Secondo l’economista Gianmarco Orsini, uno dei consulenti del dossier, “le tariffe applicate oggi, se calcolate in termini di potere d’acquisto, equivalgono a un dazio effettivo del 43%, nonostante la loro nominale entità del 30%”. Il motivo principale è la debolezza del dollaro, che ha ridotto la competitività delle merci europee sul mercato americano e accentuato lo squilibrio commerciale. La trattativa è dunque aggravata da un contesto valutario sfavorevole per l’Europa e da un clima elettorale negli Stati Uniti, dove il presidente Trump ha mostrato scarso interesse a fare concessioni commerciali in vista del voto di novembre. Trump ha più volte dichiarato che “l’industria americana deve essere protetta prima di tutto” e che “ogni accordo sarà fatto solo se è vantaggioso per noi”.

L’approccio Usa: protezionismo come leva politica
L’amministrazione Trump ha già dimostrato di voler usare i dazi come uno strumento negoziale e non solo come una barriera economica. Le tensioni con la Cina, la revisione del NAFTA e le minacce di tariffe verso l’Europa sono esempi di come Washington intenda rafforzare il proprio peso sul mercato globale. In questo quadro, l’Europa rischia di trovarsi nella scomoda posizione di dover scegliere tra la difesa dei propri interessi economici e la tenuta dell’alleanza atlantica. Bruxelles ha finora cercato di rispondere con fermezza, ma anche con prudenza, consapevole che una rottura con gli Stati Uniti potrebbe avere effetti sistemici sulla crescita, sull’occupazione e sulla tenuta sociale interna.

L’Italia tra le posizioni moderate
Nel quadro europeo, l’Italia ha adottato una linea di equilibrio. Tajani ha ribadito la necessità di evitare scontri e al tempo stesso difendere il made in Italy, fortemente penalizzato da dazi e ritorsioni doganali. Il settore agroalimentare, in particolare, ha subito una riduzione delle esportazioni verso gli Stati Uniti negli ultimi mesi, e molte aziende hanno già chiesto sostegni pubblici per fronteggiare l’aumento dei costi. Anche il comparto dell’acciaio e quello della moda risentono delle attuali distorsioni commerciali. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha dichiarato che “l’Italia deve farsi promotrice di un asse produttivo Ue-Usa capace di superare le logiche punitive”.

Prospettive incerte e pressioni interne
La scadenza di inizio agosto rischia quindi di rimanere solo un riferimento politico, mentre i contenuti dell’accordo restano nebulosi. Alcuni Paesi membri, come Francia e Spagna, spingono per includere nei negoziati anche standard ambientali e clausole sociali, mentre altri, come Germania e Polonia, chiedono un’intesa più rapida e focalizzata sui dazi industriali. In parallelo, le lobby europee chiedono maggiore trasparenza e consultazione, temendo che un accordo bilaterale possa sacrificare alcune filiere strategiche. La Commissione, dal canto suo, sta preparando una nuova proposta tecnica, che dovrebbe essere presentata entro la fine di luglio, ma senza garanzie di successo. Gli equilibri tra realismo e ambizione, tra apertura e tutela, restano il nodo centrale di una trattativa che potrebbe ridefinire i rapporti commerciali transatlantici.

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