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Dollaro in retromarcia dopo la Fed: euro in scia, mercati all’erta

- di: Bruno Coletta
 
Dollaro in retromarcia dopo la Fed: euro in scia, mercati all’erta
Dollaro in retromarcia dopo la Fed: euro in scia, mercati all’erta
Un taglio “atteso” che però cambia la musica: il biglietto verde perde slancio, l’Europa rialza la testa e la partita 2026 si gioca tra dati e politica.

Il dollaro ha premuto il freno dopo l’ultima riunione dell’anno della Federal Reserve: il taglio dei tassi da 25 punti base deciso il 10 dicembre 2025 ha innescato una reazione quasi da copione, ma con un dettaglio che conta: i mercati hanno letto nelle parole di Jerome Powell un messaggio meno “spinto” del previsto. Risultato: il biglietto verde arretra, l’euro prova a capitalizzare e lo sguardo corre già al 2026, tra calendario macro e incognite politiche.

Il punto chiave: la Fed taglia, ma non “promette” una discesa senza ostacoli

Sulla carta, la mossa era ampiamente scontata. Ma la reazione delle valute racconta un’altra storia: quando una banca centrale abbassa i tassi, la divisa tende a perdere attrattiva perché rende meno “pagare” in termini di interessi. È ciò che si è visto nelle ore successive alla decisione: l’indice del dollaro (che misura il biglietto verde contro un paniere di principali valute) è scivolato nell’area dei 98 punti, tornando su livelli che il mercato non vedeva da settimane.

Il vero spartiacque, però, non è stato il taglio in sé: sono state le aspettative. Se gli investitori percepiscono una Fed pronta a proseguire con decisione, il dollaro tende a indebolirsi ancora. Se invece intravedono prudenza (o dissenso interno), il movimento può diventare più irregolare: rimbalzi improvvisi inclusi.

Il dissenso e la “mappa” dei prossimi tagli

Un elemento che ha pesato sul sentiment è il quadro di divisioni tra i membri del FOMC: un segnale che il percorso dei tagli potrebbe non essere lineare. In questa cornice, gli economisti di ING hanno sintetizzato la fotografia con una frase che i trader hanno memorizzato: la proiezione centrale sarebbe un solo ulteriore taglio, ma con rischi “sbilanciati” verso una riduzione più ampia se l’economia rallentasse più del previsto.

Euro: arretra nel breve, ma punta al bottino settimanale

Nella singola seduta la coppia EUR/USD può fare su e giù per ragioni tecniche, prese di profitto e flussi di fine anno. Ma il quadro di settimana racconta un trend: l’euro resta in posizione di guadagno, sostenuto da segnali di tenuta con qualche miglioramento sul fronte dell’attività nell’Eurozona e, soprattutto, da un mercato che ha rivisto le proprie scommesse sulla BCE.

BCE: da “taglio di coda” a ipotesi rialzo (ma non subito)

Il cambio di narrazione è netto: fino a poco fa una parte del mercato considerava ancora plausibile un ultimo taglio; ora, la discussione si sposta su quando potrebbe arrivare un eventuale rialzo nel 2026. Attenzione però: non significa che la BCE sia “pronta a stringere” domani mattina. Significa che la fascia di probabilità, nelle aspettative di mercato, si è spostata: e questo basta a muovere il cambio.

In più, la BCE arriva al prossimo appuntamento con un tema delicato: le nuove proiezioni. Christine Lagarde ha lasciato intendere che le stime di crescita potrebbero essere riviste al rialzo, e ogni ritocco in quel senso tende a rafforzare la moneta unica, perché avvicina lo scenario “Europa meno fragile” rispetto agli Stati Uniti.

Il fattore politico negli Stati Uniti: la successione a Powell entra nei prezzi

C’è poi un livello che esce dal grafico e finisce in prima pagina: la Fed non è solo macroeconomia, è anche istituzione. E siccome il mandato di Powell alla guida della banca centrale è atteso in scadenza a metà maggio 2026, il mercato sta iniziando a trattare la successione come un driver vero e proprio.

Tra i nomi circolati con maggiore insistenza c’è Kevin Hassett, consigliere economico della Casa Bianca. L’ipotesi di un profilo percepito come più favorevole a tagli rapidi (o comunque più “allineato” alle priorità dell’amministrazione) aggiunge volatilità: perché tocca un nervo scoperto, quello dell’indipendenza della banca centrale. Non a caso, negli Stati Uniti il tema è già entrato nello scontro politico, con critiche pubbliche sulla necessità che la Fed resti impermeabile alle pressioni.

Franco svizzero e yen: quando il dollaro inciampa, gli “alternativi” respirano

Nelle giornate di dollaro debole, spesso si rianimano due valute che gli investitori usano come contrappeso: yen e franco svizzero. In questo caso il franco ha beneficiato anche di un elemento domestico: l’11 dicembre 2025 la Swiss National Bank ha lasciato i tassi invariati a 0,0%, scegliendo la continuità e raffreddando (almeno per ora) l’ipotesi di tornare sottozero.

Messaggio implicito: la Svizzera vede un’inflazione più morbida, ma non vuole correre verso misure “estreme”. Per il cambio, significa che il franco può restare competitivo come valuta difensiva senza l’effetto-collaterale di tassi ancora più penalizzanti.

Il capitolo Asia: yuan stabile, ma Australia sorprende sul lavoro

Sul fronte Cina, la coppia USD/CNY si è mossa con cautela: lo yuan ha tratto vantaggio dalla debolezza del dollaro, ma resta dentro un perimetro dove contano (molto) anche le scelte di politica economica domestica e la gestione della volatilità.

Più “rumore” è arrivato dall’Australia: i dati del mercato del lavoro diffusi l’11 dicembre 2025 dall’Australian Bureau of Statistics hanno mostrato un calo dell’occupazione e, soprattutto, una flessione marcata dei posti a tempo pieno, con il tasso di disoccupazione rimasto al 4,3%. Per il dollaro australiano è un cocktail scomodo: se il lavoro rallenta, diventa più difficile immaginare una banca centrale aggressiva sui tassi, anche in presenza di pressioni sui prezzi.

Che cosa guardano adesso i mercati

Da qui alle prossime settimane, il Forex si muove su tre binari. E chi opera lo sa: basta che uno “stoni” perché il cambio cambi faccia.

  • Dati USA sul lavoro: con pubblicazioni e report che tornano centrali per capire se la Fed potrà proseguire nei tagli senza riaccendere l’inflazione.
  • BCE e proiezioni: qualunque revisione su crescita e inflazione dell’Eurozona può spostare l’equilibrio tra euro e dollaro.
  • Politica e governance della Fed: la successione a Powell è un tema che può diventare “prezzo” ben prima della decisione formale.

Scenario operativo: più che una corsa, una fascia di consolidamento

Nel brevissimo, la probabilità maggiore è che EUR/USD resti in una zona di consolidamento con strappi legati ai dati macro e alle dichiarazioni. Nel medio, la direzione dipende dalla combinazione più potente di tutte: crescita relativa (USA vs Eurozona) e sentiero dei tassi (Fed vs BCE). Se gli Stati Uniti rallentano più del previsto e l’Europa regge, il dollaro può restare sotto pressione. Se invece l’economia americana sorprende ancora, il mercato potrebbe “ricomprare” dollari anche dopo un taglio.

Morale: il taglio della Fed è stato il colpo di scena di fine anno solo in apparenza. La vera trama è già scritta per il 2026, tra numeri, banche centrali e una domanda che nel Forex conta sempre più del resto: chi guiderà la Fed, e con quale bussola?

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