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Draghi candida Roma per Expo 2030 e Raggi vuole prendersi il merito

- di: Redazione
 
Draghi candida Roma per Expo 2030 e Raggi vuole prendersi il merito
Nostra culpa, nostra maxima culpa.
Avevamo espresso spesso delle critiche nei confronti di Virginia Raggi per il modo con il quale, per cinque, lunghissimi, diremmo interminabili anni, ha governato Roma che, per chi non lo ricordasse, è la capitale del Paese e, in più, ha nel vicino Comune di Fiumicino l'aeroporto dove arriva la quasi totalità di stranieri. L'ultimo riferimento è al fatto che Roma è la prima finestra che si affaccia sull'Italia per chi arriva da un Paese straniero e viene accolto da una città sporca, assediata dal traffico e dallo smog, da commerci illegali e con servizi spesso insufficienti, con trasporti pubblici al collasso (e fermiamoci a questi pochi ''nei'').
E allora, si chiederà qualcuno, dove sta la ''culpa''?

Nel fatto di non essere riusciti a riconoscere a Virginia Raggi qualità circensi, come hanno i cavalieri acrobatici, quelli che, in pista, salgono in groppa a cavalli lanciati al galoppo. Una dote che merita un plauso perché denota una lunga preparazione ed abilità, oltre a doti di equilibrio negate alla maggior parte dell'umanità. Virginia Raggi questa abilità l'ha mostrata a tutti saltando in sella al cavallo della candidatura ad Expo 2030, autorevole per il fatto di essere stata avanzata da Mario Draghi.

Il premier lo ha fatto in una lettera inviata - con grande stile e rispetto per tutti - all'intera pletora di candidati alla carica di sindaco di Roma. Poche parole ("Si tratta senz'altro di una grande opportunità per lo sviluppo della città'', ha scritto, ringraziando tutti gli aspiranti primo cittadino "per la dimostrazione di unità a favore della nostra Capitale"), tanta sobrietà, ma soprattutto senso pratico e dello Stato.
Una lettera-comunicazione che rappresenta come l'orizzonte di Mario Draghi sia lungo, politicamente e concretamente, chiedendo implicitamente ai tanti destinatari - i candidati - di essere degni dell'agone elettorale.

Roma: Draghi candida la Capitale per Expo 2030 e Raggi vuole prendersi il merito

E allora, vi chiederete?
Allora Virginia Raggi, non appena data una scorsa alla lettera, ha scatenato la sua macchina di comunicazione (niente a che vedere con la ''bestia'' salviniana, ma una ''bestiolina'' visto l'iperattivismo in questa campagna elettorale, dove il sindaco di Roma è uno e trino, ubiquo e onnisciente) salendo sul cavallo al galoppo - ma poteva essere anche il treno in corsa, basta cambiare il cappello da cowgirl con quello di ferroviere - per accreditarsi come la sola in grado di dare esecuzione alla proposta di Draghi.

''Si tratta"
- si legge nel messaggio-proclama di Virginia Raggi - "di uno dei più importanti eventi internazionali, un evento in grado di attrarre investimenti, proporre al mondo grandi progetti di innovazione e di rilanciare il lavoro e l'economia di tutta l'Italia. Oggi inizia ufficialmente un percorso impegnativo ed entusiasmante: dobbiamo battere le candidature di Mosca e Busan. Ora dobbiamo fare squadra''.

Per Roma, scrive il sindaco, ''si tratta di un particolare motivo di orgoglio perché supera il racconto di una città dove non si possono fare le cose, anzi è la dimostrazione che a Roma si può fare tutto e anche meglio''. Infine la chiusa con cui il sindaco giocando con le parole sembra volere intestarsi la nuova battaglia, quando scrive ''Nei prossimi giorni vi presenterò il progetto con il quale vogliamo aggiudicarci l'edizione dell'Expo 2030''.

Una mossa dello scorpione, dove il veleno è proprio in coda.
È sempre scontato che chi chiede di essere confermato in un incarico faccia una narrazione migliorativa del proprio operato, cercando di nascondere le evidenze sotto il fuoco incrociato di frasi ad effetto oltre che furbe. Ma a tutto c'è un limite, che in casi come questo è l'evidenza. Piuttosto che cominciare a preparare il progetto per vedere assegnata a Roma l'Esposizione universale del 2030, Virginia Raggi farebbe meglio ad andare un po' in giro per la città, non per chiedere voti dicendo quanto è stata brava, ma solo per rendersi conto che sarebbe bastato che lei fosse più vicina alla città (non tanto, solo un poco), per essere rieletta alla grande.
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