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Italia, la ripresa è fragile: FMI avverte, industria tentenna

- di: Matteo Borrelli
 
Italia, la ripresa è fragile: FMI avverte, industria tentenna

L’FMI chiede riforme strutturali e rigore fiscale. Fiducia in rialzo, ma la produzione metalmeccanica resta in affanno.

(Foto: il Direttore Esecutivo del FMI, Alfred Kammer).
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Il monito del Fondo monetario internazionale: “Non abbassare la guardia”

L’Italia, secondo il Fondo monetario internazionale, non può permettersi di adagiare la ripresa su un cuscino di ottimismo. Al termine della missione annuale prevista dall’Article IV, lo staff dell’FMI ha diffuso un documento che riconosce alcuni progressi — deficit dimezzato, avanzo primario tornato positivo, occupazione ai massimi storici — ma traccia un quadro generale a tinte fosche.
La crescita del PIL nel primo trimestre, pari allo 0,3%, è considerata positiva ma non sufficiente. “Il Paese ha bisogno di riforme più incisive per rafforzare la resilienza e affrontare le sfide strutturali”, si legge nel rapporto, che avverte: “L’invecchiamento rapido della popolazione e la debolezza della produttività potrebbero compromettere la crescita potenziale già nel medio termine”.
Ma è il fronte internazionale a rappresentare il rischio più immediato. L’inasprimento delle tensioni commerciali, con l’aumento dei dazi voluti dalla presidenza Trump, pesa già sull’export italiano. E gli effetti si vedono: secondo i dati Istat diffusi lo stesso giorno, il fatturato dell’industria a marzo è sceso dell’1,6% su base mensile e dell’1,1% rispetto allo stesso mese del 2024. Un segnale chiaro di raffreddamento.
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“Non basta aver fatto meglio del previsto”: tutti i nodi sul tavolo
La sintesi dell’FMI è brutale: l’Italia ha fatto passi avanti, ma “non è il momento di abbassare la guardia”. Le raccomandazioni sono molte e puntuali. L’obiettivo principale è portare l’avanzo primario al 3% del PIL entro il 2027: una soglia ambiziosa, che secondo il Fondo richiederà “un significativo consolidamento fiscale”, senza fare sconti a nessuno. Anche le nuove spese per la difesa, oggetto di negoziazione in sede NATO, dovranno essere interamente compensate da tagli o nuove entrate.
Tra le riforme suggerite spicca l’abolizione della flat tax per le partite IVA fino a 85.000 euro, introdotta nel 2019 e difesa da ampie aree della maggioranza. “Compromette l’equità del sistema e sottrae risorse al bilancio pubblico”, scrive il Fondo. Ma nel mirino c’è anche l’aggiornamento del catasto — da anni bloccato — e la razionalizzazione delle cosiddette “spese fiscali”, cioè gli sconti e le esenzioni che riducono l’imponibile.
Sul fronte del lavoro, l’FMI propone di sostituire i bonus a pioggia per l’occupazione con incentivi alla produttività, rilanciando la contrattazione aziendale e il collegamento tra salari e performance. In particolare, il tasso di occupazione femminile resta troppo basso, e le disuguaglianze territoriali continuano ad allargarsi: il Mezzogiorno, scrive il Fondo, “presenta tassi di inattività preoccupanti”, che richiedono “un piano di intervento coordinato e multi-livello”.
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Industria, metallo in affanno: “Zero virgola” non basta
Il segnale più allarmante arriva dalla manifattura, in particolare dalla metalmeccanica, che continua a pagare un rallentamento globale e la debolezza della domanda interna. Federmeccanica, nell’ultima analisi congiunturale diffusa il 29 maggio, ha definito il quadro “offuscato e instabile”. Dopo ventitré mesi di cali consecutivi, il primo trimestre del 2025 si chiude con una risalita dello 0,7%. Ma su base annua il crollo resta pesante: -5,8%.
“Si passa dal segno meno al segno più, ma si tratta di uno ‘zero virgola’”, commenta con realismo il presidente di Federmeccanica Federico Visentin. “Non è una vera inversione di tendenza, e il settore resta immerso in una fitta nebbia”. Il Piano Industria 5.0, sulla carta pensato per rilanciare gli investimenti in digitalizzazione e sostenibilità, non ha ancora prodotto effetti tangibili. Troppa burocrazia, troppe incertezze normative, e una platea di beneficiari ancora troppo ristretta.
L’industria resta così il punto debole della ripresa italiana. E i dati confermano che il problema è generalizzato: il fatturato è in calo sia sul mercato interno sia sull’estero, segno che le imprese faticano sia a vendere in Italia sia a competere all’estero. Una doppia morsa che rischia di penalizzare anche l’occupazione, in particolare nelle aree manifatturiere del Nord e delle Marche, dove la tenuta sociale dipende dalla salute delle filiere produttive.
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Energia e clima, il grande fronte aperto: “Serve più ambizione”
Altro tema centrale per il futuro del Paese è la transizione energetica. Il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) 2024 è stato accolto positivamente dal Fondo, ma il giudizio resta prudente: “È un buon inizio, ma servono azioni più ambiziose”. Le priorità sono tre: rafforzare le reti elettriche, aumentare lo stoccaggio e accelerare le autorizzazioni per le rinnovabili.
Secondo il Fondo, l’Italia è ancora troppo esposta ai rischi climatici e alla dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio. “Si tratta di vulnerabilità macro-critiche”, si legge nel documento, “che devono essere affrontate con politiche strutturali coerenti”. Anche l’integrazione con i mercati elettrici europei è considerata strategica: migliorerebbe la resilienza, ridurrebbe la volatilità dei prezzi e renderebbe il sistema più competitivo.
A oggi, però, i progetti sul tavolo sono ancora troppo frammentati. Il nodo delle autorizzazioni per eolico e fotovoltaico rimane irrisolto, con tempi di attesa medi che superano i due anni. E il tema del nucleare da fusione, rilanciato di recente dal Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, resta lontano da un’applicazione concreta. Il rischio, avverte il Fondo, è che la transizione verde si traduca in un’occasione mancata.
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Il vero rischio? L’immobilismo
Nel documento finale, il Fondo monetario non nasconde un certo scetticismo sull’effettiva capacità dell’Italia di attuare le riforme necessarie. “Ritardi o inefficienze nell’attuazione del Pnrr potrebbero compromettere la crescita futura”, avverte. La governance del Piano, più volte rivista, deve dimostrare maggiore efficacia.
E il tempo stringe. I fondi europei arrivano, ma devono essere spesi in modo efficiente. “Un’attuazione tempestiva ed efficace dei progetti del Pnrr dovrebbe sostenere l’attività economica nel breve periodo”, scrive il Fondo. Ma tra tensioni geopolitiche, dazi, shock climatici e debolezze strutturali, l’Italia gioca una partita complicata. E ha bisogno di una strategia chiara.
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Serve uno scatto di responsabilità
Il quadro dipinto dal Fondo monetario è complesso ma non privo di speranza. Le fondamenta ci sono: occupazione in aumento, credito in ripresa, deficit sotto controllo. Ma senza un cambio di passo su produttività, investimenti e giustizia sociale, il Paese rischia di galleggiare in un limbo.
Serve uno scatto di responsabilità, sia della politica che del sistema produttivo. È il momento di scelte coraggiose, non di compromessi al ribasso. Perché, come ha scritto il direttore esecutivo dell’FMI Alfred Kammer al termine della missione: “L’Italia ha un grande potenziale. Ma il futuro dipende da ciò che fa oggi”.


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