Fernanda Di Nuzzo, 61 anni, maestra d’asilo, è morta all’alba di oggi all’ospedale Molinette di Torino. A ucciderla è stato il marito, Pasquale Piersanti, con più fendenti all’addome, inferti nell’appartamento di famiglia a Grugliasco, davanti agli occhi attoniti della figlia di 24 anni. Non c’è stata possibilità di salvarla: il tentativo chirurgico, con l’asportazione della milza, si è rivelato inutile. È l’ennesima vittima di un femminicidio annunciato nel silenzio, in quella zona grigia dove la violenza cova senza che nessuno, spesso nemmeno le vittime, riesca a riconoscerla per tempo.
Torino, Fernanda uccisa dal marito: l’ultimo abbraccio alla figlia prima dei colpi
Fernanda era conosciuta nel quartiere, lavorava con i bambini, sembrava vivere una vita tranquilla. Nessuna denuncia, nessuna segnalazione, almeno in superficie. Ma qualcosa si era rotto. Un’insicurezza domestica non denunciata, un’abitudine all’aggressività, forse, che si trasforma in tragedia nel cuore di una giornata qualsiasi. La figlia, che ha assistito all’aggressione, è salva ma devastata. Rimane la domanda che accompagna ogni storia simile: cosa si poteva fare per evitare tutto questo?
Una generazione dimenticata: 3.500 orfani invisibili
Nel dolore di oggi risuona un dato inquietante: secondo l’Osservatorio nazionale indipendente sul femminicidio, oltre 3.500 minorenni in Italia hanno perso la madre a causa della violenza di un uomo, spesso il padre. Sono orfani speciali, come li definisce Stefania Bartoccetti, presidente dell’Osservatorio, intervenuta in audizione davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta. “Fino a poco tempo fa – ha spiegato – non esisteva nemmeno un registro che ne tenesse conto. Abbiamo dovuto ricostruire il numero incrociando articoli di giornale, dati locali, inchieste”. Eppure sono loro il volto dimenticato di ogni femminicidio: non solo vittime indirette, ma bambini costretti a crescere nella frattura definitiva del mondo familiare.
Un vuoto istituzionale che resta
A rendere più grave il quadro è il fatto che non esiste, ancora oggi, un albo ufficiale degli orfani da femminicidio. Nessuna banca dati, nessuna politica pubblica strutturata. A occuparsene sono spesso solo le associazioni, i tribunali dei minori, i centri antiviolenza locali. Il sostegno psicologico e materiale è frammentario, affidato alla geografia dell’impegno e non a una strategia nazionale. E intanto, ogni anno, le vittime aumentano, e con loro gli orfani dimenticati, lasciati a gestire il dolore più indicibile con strumenti insufficienti.
Dal lutto alla politica: un passo che tarda ad arrivare
L’indignazione si rinnova a ogni delitto, ma le risposte tardano. Fernanda, come tante prima di lei, era sola nella sua tragedia silenziosa. La politica – nonostante i discorsi, le panchine rosse, le audizioni – non ha ancora costruito una rete vera, capillare, che protegga prima, sostenga dopo, accompagni chi resta. Gli orfani, i sopravvissuti, chi ogni giorno vive con il fantasma di ciò che è accaduto. È da loro che si deve ripartire. È nel loro sguardo che si misura la giustizia di un Paese.