Golden power nel mirino di Unicredit: sospesa l’Ops su BPM, il risiko bancario si complica. Intanto Nagel accelera su Generali.
(Foto: il presidente di Consob, Paolo Savona)
La partita è diventata politica. Andrea Orcel, numero uno di Unicredit, ha scelto di non abbassare la testa davanti ai vincoli imposti dal governo sull’Ops lanciata su Banco BPM. Ha impugnato la penna e scritto direttamente a Palazzo Chigi, chiedendo la riapertura del procedimento che ha attivato il golden power. Risultato: la Consob, davanti all’incertezza, ha deciso di congelare tutto. Trenta giorni di sospensione, il massimo previsto per legge. E una battaglia che si annuncia durissima.
La mossa di Unicredit: “Prescrizioni ambigue”
L’Ops era partita il 28 aprile, ma già tre giorni dopo l’adozione del decreto governativo – il 18 aprile – Unicredit ha presentato un’istanza formale di “autotutela” alla Presidenza del Consiglio. L’obiettivo: riaprire il fascicolo, spiegare meglio dati e numeri che, secondo Orcel, non sono stati adeguatamente considerati, e chiedere una revisione delle condizioni imposte.
Secondo quanto emerge dalla delibera Consob del 21 maggio, Unicredit lamenta prescrizioni “ambigue” e incompatibili con una corretta esecuzione dell’offerta pubblica. In particolare, la richiesta di uscire totalmente dalla Russia entro nove mesi e l’obbligo di mantenere per cinque anni i livelli attuali degli investimenti di Anima in titoli italiani. Paletti che, secondo Orcel, “non risultano pienamente coerenti con il quadro normativo nazionale e comunitario” e potrebbero ostacolare una gestione “sana e prudente”.
La risposta della Consob: stop fino al 23 luglio
Davanti a questa situazione, la Consob ha fatto scattare l’articolo 102 del Testo unico della finanza, che le consente di sospendere un’offerta se emergono fatti nuovi tali da impedire agli investitori di valutarla con piena consapevolezza. L’offerta di Unicredit su BPM resta così congelata fino al 23 luglio. Dopodiché, Orcel potrà decidere se rilanciare o ritirarsi.
Il golden power resta però una spina nel fianco. A oggi, il governo non ha aperto alcun canale formale di revisione. È attiva solo la procedura di monitoraggio. L’Ops, tecnicamente, resta subordinata a tre condizioni non soddisfatte: la compatibilità con il golden power, il mancato “compromesso danese” (la possibilità di neutralizzare l’effetto diluitivo) e il prezzo dell’opa su Anima.
Banco BPM: “Atto abnorme”
A Piazza Meda il congelamento dell’offerta non è stato accolto bene. Secondo fonti vicine al cda di Banco BPM, la sospensione sarebbe “un atto abnorme” e potrebbe avere un impatto rilevante sugli azionisti. Non si esclude un ricorso al Tar del Lazio contro la delibera della Consob.
Nagel punta tutto sul wealth management
Nel frattempo, sull’altro fronte del risiko bancario, Alberto Nagel accelera su Generali. L’amministratore delegato di Mediobanca ha descritto come “amichevole” l’Ops lanciata su Banca Generali, con l’obiettivo di creare un polo italiano della gestione del risparmio. “L’operazione è ben vista dal governo”, ha detto Nagel, “crediamo che sia un progetto utile al sistema Paese”.
Mediobanca ha messo sul piatto tutta la sua partecipazione in Assicurazioni Generali per convincere la compagnia triestina a cedere la sua controllata. Una mossa azzardata, che mette in tensione l’equilibrio di governance della compagnia, già scossa dalla presenza di grandi soci come Delfin (Del Vecchio) e Francesco Gaetano Caltagirone. Non a caso, il cda delle Generali ha già convocato gli advisor per valutare l’offerta. Il 4 giugno è prevista la riunione del Patto di consultazione tra gli azionisti di Mediobanca.
Uno scacchiere sempre più complicato
Il risiko bancario italiano si fa intanto sempre più affollato. Su Mediobanca resta aperto il dossier Mps, appoggiato proprio da Delfin e Caltagirone, mentre la strategia del governo Meloni sembra oscillare tra il sostegno a operazioni di consolidamento “nazional-popolari” e la volontà di mantenere un controllo stretto sugli asset strategici.
Il golden power, pensato in origine per tutelare gli interessi nazionali da acquisizioni estere, si sta rivelando ora uno strumento di indirizzo interno, con un impatto potenzialmente paralizzante sulle dinamiche di mercato. Andrea Orcel lo ha capito bene. E ha deciso di giocarsi la partita al livello più alto. La palla passa ora a Palazzo Chigi. E il tempo stringe.