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Il bacio di Times Square, l’icona che non era romantica

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Il bacio di Times Square, l’icona che non era romantica

14 agosto 1945. New York, Times Square. È il giorno in cui il Giappone annuncia la resa e la Seconda guerra mondiale finisce. Migliaia di persone si riversano in strada, la folla esplode in festa. C’è chi balla, chi canta, chi abbraccia sconosciuti. Un marinaio afferra una donna vestita di bianco e la bacia. Un fotografo immortala la scena. Lo scatto finisce sulle prime pagine di Life e diventa un’icona. Per milioni di persone è il simbolo della pace ritrovata, dell’America che sorride di nuovo. Un’immagine potente, semplice, perfetta per un’epoca che vuole dimenticare il dolore.

Il bacio di Times Square, l’icona che non era romantica

Dietro la foto, però, la realtà è meno patinata. Il marinaio e la donna non si conoscevano. Non c’era alcuna intesa, nessun gesto concordato. Lui la prende all’improvviso, la immobilizza, la bacia senza chiedere. Lei non ha il tempo né lo spazio per opporsi. Quello che per decenni è stato raccontato come un gesto romantico, oggi viene riletto alla luce di una consapevolezza diversa: era un’azione non consensuale, un episodio di invasione dello spazio personale celebrato come atto d’amore.

Chi erano i protagonisti

Lei si chiamava Greta Zimmer Friedman. Aveva 21 anni ed era assistente dentale, non infermiera come molti credettero vedendo il vestito bianco. Figlia di ebrei fuggiti dall’Austria nazista, quel giorno era uscita per festeggiare la fine della guerra. Raccontò in un’intervista del 2005: “Non era un bacio romantico. Era un gesto di un uomo che celebrava la fine della guerra e io ero lì. Non mi ha chiesto, mi ha preso”. Lui era George Mendonsa, 22 anni, marinaio in licenza. Aveva bevuto e festeggiato per ore. Vedendo Greta, vestita di bianco, pensò alle infermiere che avevano curato i soldati e la baciò.

Lo scatto e la leggenda

Il fotografo era Alfred Eisenstaedt. Lavorava per Life e in quella giornata si muoveva tra la folla per catturare volti e momenti della celebrazione. Vide il marinaio che afferrava Greta e scattò quattro immagini in sequenza. Una di queste, con lui inclinato su di lei e il pubblico sullo sfondo, divenne una delle foto più famose della storia. Per decenni, i due protagonisti restarono anonimi. Poi iniziò la caccia alle identità, con diverse persone che rivendicarono di essere i soggetti della foto. Quando i veri nomi emersero, arrivarono anche le versioni dei fatti, e con esse la fine della favola.

Quando l’icona cambia volto

La rilettura moderna della foto ha cambiato il suo significato. Per alcuni resta un simbolo di gioia collettiva, un’istantanea di un momento irripetibile. Per altri è un esempio di come la cultura dell’epoca celebrasse gesti maschili ignorando la questione del consenso. Greta non chiese mai di far sparire l’immagine, ma ribadì sempre che non era stata una sua scelta. Mendonsa, invece, mantenne la sua versione di un gesto spontaneo dettato dall’euforia. Lei morì nel 2016 a 92 anni. Lui tre anni dopo, a 95.

Il doppio significato di un’immagine
Oggi quel bacio è una lente attraverso cui leggere due storie parallele. Da un lato, un Paese che festeggia la fine di una guerra devastante, dall’altro una donna sorpresa e immobilizzata da uno sconosciuto. Il mito e la realtà. La leggenda e il retroscena. Un’unica fotografia che, a ottant’anni di distanza, continua a essere discussa, studiata e riletta alla luce di ciò che allora non si voleva vedere: il confine, sottile ma decisivo, tra euforia e rispetto.

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