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Gaza in pezzi: la città sotto assedio e il mondo non blocca la furia

- di: Bruno Legni
 
Gaza in pezzi: la città sotto assedio e il mondo non blocca la furia
Un'offensiva che continua da mesi, ospedali e reti tagliate, decine di migliaia di vittime: la ricostruzione annunciata da alcuni leader viene definita da altri un “affare immobiliare”. Il Papa parla di condizione “inaccettabile” mentre la popolazione resta prigioniera di una guerra che sembra non avere fine.

La conta: oltre 65.000 vittime e una popolazione circondata

La Striscia di Gaza è ormai segnata da cifre che non ammettono più sconti: i conteggi ufficiali della salute palestinese e i resoconti delle agenzie internazionali indicano una tragedia umanitaria di dimensioni straordinarie. Il bilancio delle vittime ha superato le 65.000 persone e continua a salire, mentre centinaia di migliaia sono sfollate e la rete elettrica e delle comunicazioni nelle zone più colpite risulta spesso interrotta.

La strategia israeliana e il mirino sui capi

L’offensiva terrestre su Gaza City procede con l’obiettivo dichiarato dalle autorità militari di eliminare i vertici di Hamas. Tra i nomi messi nel mirino compare quello di Ezz al-Din al-Haddad (talvolta riportato come Izz al-Din), descritto da analisti e servizi come il capo operativo rimasto nella città, al centro della rete di comando locale. Il terreno urbano — un labirinto di edifici e tunnel — rende le operazioni lente e costose in termini di tempo e vite.

«Questa guerra si paga da sola»: la frase che incendia il dibattito

Aumenta lo sdegno per le parole di alcuni esponenti politici. Il ministro israeliano Bezalel Smotrich, intervenendo a una conferenza, ha parlato della possibilità di sfruttare la ricostruzione come leva economica, definendo la Striscia “a real estate bonanza” e sostenendo che l’operazione potrebbe “pagare da sola”. La frase ha provocato condanne e indignazione nella regione e all’estero.

La voce del Papa: «condizioni inaccettabili»

Dal Vaticano arriva un richiamo netto: “Le condizioni umanitarie sono inaccettabili”, ha sottolineato il Pontefice, invitando a fermare le operazioni che mietono vittime civili e a cercare vie diplomatiche per un’immediata cessazione delle ostilità. Le parole del Papa hanno aggiunto peso morale alla pressione internazionale, richiamando la necessità di corridoi umanitari efficaci e di protezione per i civili.

Dove si concentra la distruzione e perché la popolazione non fugge

Le immagini e i report da Gaza City raccontano quartieri trasformati in macerie, ospedali danneggiati e depositi distrutti. Nonostante gli ordini di evacuazione e i corridoi temporanei aperti dalle autorità, molte famiglie esitano a muoversi: chi non ha dove andare, chi teme il viaggio, chi resta per proteggere i pochi beni rimasti. Le forze militari affermano che il movimento di truppe rimane necessario per stanare combattenti nascosti tra la popolazione, ma gli operatori umanitari avvertono che le aree designate come “sicure” spesso non lo sono affatto.

Il fattore sanitario: ospedali sotto pressione e blackout

Dagli ospedali giungono immagini di reparti al limite, con pazienti trasferiti in emergenza o costretti a evacuare. La disconnessione — volontaria o tecnica — di rete e telefonia in alcune zone ha reso ancora più difficile il coordinamento degli aiuti e la documentazione delle vittime. Medici e operatori parlano di strutture danneggiate e personale stremato.

Il corso politico internazionale: pressione ma poche svolte

A rileggere i fatti recenti emerge un quadro internazionale diviso: dichiarazioni di condanna, richieste di cessate il fuoco e appelli per corridoi umanitari si alternano a posizioni più prudenti sul piano diplomatico. I tentativi di mediazione oscillano tra il soccorso immediato e la ricerca di soluzioni più durature per la liberazione degli ostaggi. Nel frattempo, la retorica della “ricostruzione” diventa terreno di scontro politico e simbolico, con ricadute pratiche e morali.

Ricadute culturali e patrimoniali: anche il passato viene cancellato

I raid non colpiscono solo persone e case: sono stati segnalati danni a depositi archeologici e scavi storici. La perdita di reperti — frutto di decenni di lavoro — è un danno non solo materiale ma culturale, che si aggiunge alla tragedia umana e che renderà la ricostruzione della memoria collettiva ancora più difficile.

Cosa succederà adesso: scenari possibili

Le opzioni sul tavolo restano due: una prosecuzione dell’offensiva con la difficile promessa di neutralizzare il comando militare di Hamas, oppure un’accelerazione delle iniziative diplomatiche per un cessate il fuoco che includa rilasci degli ostaggi e garanzie sulla sicurezza. Entrambi gli scenari appaiono oggi costosi: il primo in vite e infrastrutture, il secondo in termini politici e di accordi complessi. Gli analisti avvertono che le operazioni urbane possono durare mesi, se non anni, e che il prezzo per i civili è già enorme.

Dichiarazioni

“Questa guerra si paga da sola. La demolizione è fatta, ora dobbiamo soltanto costruire.” — Bezalel Smotrich.

“Condizioni inaccettabili… ogni persona ha una dignità inviolabile.” — Papa.

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