Dalle funivie urbane ai battipista elettrici, dalle montagne all’energia rinnovabile, HTI è oggi un punto di riferimento dell’industria europea della mobilità e dell’innovazione sostenibile. In questa intervista, Anton Seeber racconta la visione dietro il progetto ConnX, una cabina che diventa veicolo autonomo, e il ruolo del gruppo nel ridefinire il trasporto urbano. Parla delle difficoltà burocratiche italiane, della necessità di decisioni politiche chiare, e di un modello industriale fondato su internazionalizzazione, ricerca e adattamento. Chiude con un messaggio ai giovani imprenditori: “Non rimanere mai fermi”.
HTI, Seeber: “Non rimanere mai fermo”. Il futuro si conquista muovendosi
Presidente, lei ha paragonato il progetto ConnX all’iPhone: una cabina che si sgancia e diventa veicolo elettrico urbano. È un’utopia ingegneristica o una vera rivoluzione del trasporto metropolitano? A che punto siete con la sperimentazione e quali ostacoli ancora mancano da superare prima del debutto sul mercato?
Con ConnX siamo convinti di aver sviluppato una soluzione di mobilità che ha i numeri per contribuire in modo innovativo alla risoluzione di problemi di traffico in ambito urbano, ma non solo. L’attività di ricerca e sviluppo è in dirittura d’arrivo, siamo nella fase di definizione dei certificati e brevetti e quindi dopo l’estate l’obiettivo è quello di introdurre sul mercato questa innovativa forma di mobilità in grado di coniugare la soluzione tecnologica prettamente funiviaria con un sistema a guida autonoma che si muove a livello terra. Una soluzione per il ‘last mile’ che proprio nel contesto urbano potrebbe rivelarsi vincente.
Con oltre 30 impianti urbani già realizzati e nuove funivie in arrivo a Santo Domingo, Ajaccio e – forse – Trieste, sta cambiando il modo di concepire la mobilità nelle città. Che ruolo ha avuto HTI nel costruire questa narrativa? E perché in Italia la politica sembra ancora in ritardo?
Con la cabinovia realizzata dalla nostra azienda francese Poma nel 2004 a Medellín si è di fatto aperta la nuova era della mobilità urbana affidata alle funivie. E da vent’anni le soluzioni funiviarie in ambito urbano stanno prendendo sempre più piede nelle metropoli e città del mondo. Soluzioni come quelle realizzate in Colombia, Messico e Bolivia confermano come gli impianti a fune abbiano saputo integrarsi alla perfezione nei sistemi di mobilità pubblica. Leitner, Poma e Bartholet, le aziende funiviarie del gruppo HTI, in questo processo di affermazione delle funivie in città hanno sicuramente recitato e continuano a farlo un ruolo da protagonista, e anche i recenti esempi di Santo Domingo (3 linee funiviarie), Tolosa e speriamo presto Trieste ne sono la conferma. In Italia, ma direi anche in Europa, questo riconoscimento delle funivie come soluzione da applicare in contesto urbano fatica ancora ad affermarsi. Gli ostacoli di natura burocratica, un certo scetticismo dell’opinione pubblica (che associa le funivie allo sci) e spesso anche un coraggio mancante di chi è chiamato a decidere lo sviluppo urbanistico delle città, rallentano questo cammino di affermazione che comunque non ho dubbi approderà anche nel Vecchio continente.
“Non è giusto che, se un politico non decide, l’imprenditore debba prendersi tutti i rischi”. È una sua frase forte. Cosa si aspetta oggi da un’amministrazione pubblica moderna? E cosa chiederebbe al Governo italiano se potesse farlo senza filtri?
È molto semplice: un imprenditore è chiamato ad intraprendere, a fare, ma per farlo deve conoscere le regole all’interno delle quali gli viene consentito di farlo. In altre parole, noi chiediamo ai politici di decidere, in un modo o nell’altro, ma di decidere, perché solo davanti a decisioni chiare noi imprenditori siamo poi in grado di svolgere il nostro compito. Troppi grovigli di natura burocratica, troppe incertezze di natura politica impediscono a chi fa impresa di portare avanti la propria attività nel modo migliore per arrivare a fornire quel valore aggiunto che poi tiene in vita il nostro Paese.
Il gruppo HTI ha chiuso il 2024 con un fatturato in leggero calo, ma ha aumentato gli investimenti in R&D, formazione e impianti. Scelte controcorrente in un’epoca di tagli e difensivismo. È una strategia di resistenza, o sta tracciando un nuovo modello di impresa industriale europea per il futuro?
È il modello a cui ci ispiriamo come Gruppo, avendo come obiettivo non la crescita senza se e senza ma del nostro fatturato, bensì una crescita sostenibile in grado di assicurare nel medio e lungo termine una posizione di forza del nostro Gruppo. Un percorso che portiamo avanti da anni muovendoci lungo un cammino tracciato da parole d’ordine quali internazionalizzazione, innovazione, diversificazione e sostenibilità. Ecco perché non smettiamo mai di investire nel futuro con ricerca e sviluppo e in una presenza capillare nelle diverse realtà del globo.
HTI ha un’anima industriale ma anche culturale: vi occupate di trasporto, turismo, energia, ambiente, paesaggio. C’è un filo rosso che tiene insieme tutto? E cosa significa davvero “sostenibilità” per un gruppo che costruisce infrastrutture in ambienti tanto delicati?
Sostenibilità per noi significa soprattutto partire dalla ferma consapevolezza che l’ambiente in cui viviamo rappresenta la nostra prima ricchezza e che quindi va tutelata. Ecco allora che proprio questa consapevolezza nel settore turistico montano ci porta da una parte a sviluppare sempre più prodotti sostenibili che tengano conto della sempre maggiore carenza di risorse, ma al tempo stesso sostenibilità significa anche assicurare a tante comunità un livello di benessere che grazie al turismo invernale ha raggiunto livelli che tante realtà cittadine ci invidiano. Quindi prodotti sempre più sostenibili sul versante delle tecnologie invernali, l’impiego della mobilità elettrica funiviaria in città e al contempo anche a livello di Gruppo HTI un continuo investimento anche sul versante delle energie rinnovabili, con gli impianti eolici firmati Leitwind e quelli idroelettrici di Troyer.
Avete impianti funzionanti in 90 Paesi, compresa l’Antartide. C’è un progetto che la rappresenta più di tutti, per visione, impatto o sfida tecnica? Quello che racconterebbe a suo nipote come simbolo di cosa fa oggi un’impresa innovativa e responsabile.
Diciamo innanzitutto che in Antartide siamo presenti con i nostri veicoli speciali cingolati Prinoth, ma comunque è vero: con i nostri prodotti siamo in un modo o nell’altro presenti un po’ ovunque ed è veramente difficile individuare un progetto simbolo, perché ogni nostro impianto, ogni nostro prodotto racchiude di fatto la nostra visione, la nostra spinta innovativa, la nostra forza tecnologica, che siano le cabinovie trifuni sul Piccolo Cervino a quattromila metri, gli oltre 40 chilometri di funivie a Città del Messico, i battipista elettrici o la versione cingolata per la gestione della vegetazione, gli impianti di innevamento a scomparsa e quelli che diventano sistemi di abbattimento polveri, il parco eolico a Guadalupe o le nuove centrali idroelettriche in Nepal.
Nel cuore del vostro business ci sono le montagne, ma il futuro vi porta nelle città, nell’energia, nel digitale. Non è mai venuto il timore di snaturare l’identità storica di HTI? Oppure è proprio questo il segreto: saper cambiare pelle senza perdere l’anima?
Lo ripeto ogni anno ai nostri collaboratori, riuniti nel corso della tradizionale festa di fine anno: non dobbiamo mai smarrire la capacità e il coraggio di adattarci alle nuove situazioni che si vengono a creare in un mondo che si muove ad una velocità sempre maggiore. I nostri valori, la nostra anima sono un punto fermo, ma senza cambiamenti si rischia di morire, ed è proprio per preservare la nostra identità che non dobbiamo mai smettere di cambiare.
Guida un gruppo da 1,4 miliardi di fatturato, 4.800 collaboratori, 21 stabilimenti, ed è presente su quattro continenti. Ma a leggere le sue parole sembra che il vero punto fermo non sia la tecnologia, bensì l’adattamento. Cosa ha imparato in questi anni sul cambiamento? E cosa consiglierebbe a un giovane imprenditore che oggi guarda il mondo con più paura che fiducia?
Gli direi soltanto una cosa: non rimanere mai fermo continuando a credere nel futuro.