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Inghilterra e Scozia vietano alle atlete transgender di gareggiare nel calcio femminile: verso una nuova normativa sportiva

- di: Giulia Caiola
 
Inghilterra e Scozia vietano alle atlete transgender di gareggiare nel calcio femminile: verso una nuova normativa sportiva
Le federazioni calcistiche di Inghilterra e Scozia hanno annunciato una svolta nelle proprie politiche di inclusione sportiva, stabilendo che le atlete transgender non potranno più partecipare alle competizioni ufficiali femminili. Si tratta di una decisione destinata a suscitare dibattito in tutto il mondo dello sport e oltre, perché tocca un nodo delicato e profondamente divisivo: il rapporto tra identità di genere e criteri di equità competitiva. L’orientamento adottato è chiaro: l’accesso alle categorie di gioco sarà determinato esclusivamente dal sesso biologico, registrato alla nascita, e non più dall’identità di genere dichiarata o dai percorsi di transizione eventualmente intrapresi.

Inghilterra e Scozia vietano alle atlete transgender di gareggiare nel calcio femminile

Le federazioni, nel comunicato congiunto diffuso ieri, hanno spiegato che la decisione è stata presa dopo una lunga consultazione con atleti, esperti di medicina sportiva e rappresentanti dei club dilettantistici e professionistici. Secondo i promotori, l’obiettivo è garantire la sicurezza fisica delle giocatrici e mantenere la parità delle condizioni di competizione. “Riconosciamo e rispettiamo profondamente ogni percorso individuale, ma nel contesto sportivo organizzato dobbiamo preservare l’integrità delle categorie di genere”, si legge nella nota diffusa dalla Football Association inglese. “La nostra priorità resta la protezione del gioco e di chi lo pratica”.

Reazioni contrastanti tra sostegno e accuse di esclusione

La decisione ha trovato il sostegno di una parte consistente del mondo sportivo, in particolare tra alcune ex atlete e dirigenti che da tempo chiedevano una riflessione sul tema. Tuttavia, ha anche sollevato critiche accese da parte delle associazioni per i diritti LGBTQ+, che parlano apertamente di una forma di esclusione sistemica e di discriminazione istituzionalizzata. Secondo Stonewall UK, la principale organizzazione per la tutela dei diritti delle persone transgender, “vietare la partecipazione sulla base del sesso assegnato alla nascita significa negare l’identità delle atlete trans, rafforzando lo stigma e l’isolamento”. Alcuni osservatori evidenziano inoltre come la scelta possa innescare effetti domino in altri sport, ridefinendo i criteri stessi dell’inclusione.

Una tendenza globale in evoluzione

L’Inghilterra e la Scozia si uniscono a un numero crescente di Paesi e federazioni internazionali che stanno rivedendo i propri regolamenti in tema di identità di genere. Già nel 2022, la FINA – la federazione mondiale del nuoto – aveva adottato una norma simile, escludendo dalle competizioni femminili le atlete transgender che avessero completato la transizione dopo la pubertà. Altri enti sportivi, come World Rugby e World Athletics, hanno seguito lo stesso approccio, adottando criteri sempre più restrittivi. Il Comitato Olimpico Internazionale, pur lasciando libertà alle singole federazioni, ha indicato la necessità di bilanciare inclusione e giustizia sportiva, senza però fornire linee guida vincolanti.

Verso un nuovo paradigma dello sport competitivo

La decisione delle due federazioni britanniche mette nuovamente sotto i riflettori la questione dell’identità nello sport, sollevando interrogativi che toccano la scienza, l’etica e il diritto. Come conciliare il rispetto delle identità individuali con la necessità di garantire equità fisica tra atlete? È possibile costruire modelli alternativi di competizione? Alcuni esperti propongono la creazione di categorie “open”, altri suggeriscono criteri caso per caso, basati su parametri biologici dettagliati. Ma per ora, in Inghilterra e Scozia, la linea è tracciata: nel calcio femminile si giocherà solo secondo il sesso registrato alla nascita. Una scelta che promette di far discutere ancora a lungo.
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