Inflazione, Istat ritocca al ribasso stime ottobre ma è comunque emergenza. Codacons e Confesercenti: "Consumi di Natale a rischio"

- di: Barbara leone
 
Sarà un Natale amaro quello del 2022. Caratterizzato da una cavalcata dei prezzi al rialzo che sembra non conoscere fine. Gli ultimi dati definitivi sull’inflazione di ottobre in Italia diffusi dall’Istat lasciano davvero ben poco da sperare, nonostante la lieve revisione al ribasso dell’indice dei prezzi, che in fase preliminare indicava rialzi del 3,5% su mese e dell’11,9% su anno, mentre ad oggi si attesta al 3,4% su mese ed all'11,8% su anno. Una flessione che, come sottolinea Confesercenti, non cambia il quadro di questa fase, condizionato da un livello di inflazione che già ha iniziato a pesare e continuerà a pesare sugli acquisti delle famiglie, in particolare a Natale. Secondo le stime di Confesercenti, infatti, la spesa delle famiglie dovrebbe ridursi di 2 miliardi quest’anno e nel prossimo dovrebbe registrare un’ulteriore flessione di 4 punti decimali rispetto alla previsione di crescita del +1% contenuta nella Nadef, pari a 4,3 miliardi in meno. Nel 2024 la minore spesa rispetto alle previsioni del governo rischia di arrivare a 12 miliardi.

Dati Istat, Codacons e Confesercenti: "Consumi di Natale a rischio"

Per ridare fiato ai consumi l’unica soluzione è, secondo Confesercenti, quella di semplificare e ridurre le procedure burocratiche dell’attuale regime dei fringe benefits, che ne rendono difficile l’utilizzo e la fruibilità da parte delle imprese, in particolare quelle di minori dimensioni. E che, sempre secondo Confesercenti, andrebbero trasformati in una tredicesima bis, un trasferimento aggiuntivo nei confronti dei dipendenti (anche diretto in busta paga) cui sia applicata la stessa detassazione oggi prevista per i fringe benefits. Si tratterebbe di un intervento Una Tantum di tutela mirato alle famiglie presumibilmente più in difficoltà in questa fase, ma anche di una misura che favorisce la tenuta delle attività e lo sviluppo economico, visto che la liquidità in più si trasformerebbe praticamente tutta in consumi. Una misura di questo tipo, secondo le stime di Confesercenti, genererebbe infatti fino a circa 1.500 euro aggiuntivi per 5 milioni di lavoratori, per un totale di quasi 7,5 miliardi di maggior reddito disponibile, che andrebbe in gran parte in spesa (+5,6 miliardi di euro). L’onere netto sarebbe di circa 1 miliardo per l’erario, a fronte di 2,1 miliardi di imposte e contributi mancanti e degli 1,1 miliardi recuperati grazie alla spinta ai consumi. Parole allarmanti arrivano poi da casa Codacons, che parla di una vera e propria emergenza nazionale che mette in serio pericolo i prossimi consumi di Natale prevedendo una stangata da 3.625 euro a famiglia.

“L’inflazione all’11,8%
- afferma il presidente Codacons Carlo Rienzi - è una reale minaccia per la salute del nostro Paese e determina una stangata record per gli italiani, considerata la totalità dei consumi di una famiglia ‘tipo, pari a +3.625 euro annui. Solo per gli alimentari (+13,5% ad ottobre) un nucleo si ritrova a spendere in media +752 euro su base annua e, come dimostrano i dati sulle vendite, i cittadini stanno reagendo tagliando la spesa per il cibo. Una situazione che ora - prosegue Rienzi - fa scattare l’allarme sui consumi di Natale perché gli italiani, di fronte ad una inflazione record, saranno costretti a tirare la cinghia anche sugli acquisti legati alle prossime festività. Un danno enorme per il commercio e l’economia nazionale che il nuovo Governo - dice in conclusione - deve assolutamente evitare, disponendo subito il taglio dell’Iva su alimentari e generi di prima necessità”.


Il Codacons fa poi notare come a livello territoriale la crescita dei prezzi sia fortemente diversificata, con effetti differenti sulle tasche delle famiglie: la maglia nera dell’inflazione spetta ad ottobre alla Sicilia, con i listini al dettaglio che crescono in media del 14,4% su base annua, determinando una stangata, considerati i consumi di una famiglia residente nell’isola, pari a +3.487 euro a nucleo. Di contro la Valle d’Aosta registra la performance migliore, con il tasso che sale “solo” dell’8,8% e un aggravio pari in media a 2.962 euro a nucleo su base annua, anche in presenza di una spesa per consumi sensibilmente più alta rispetto alla Sicilia. Dai dati diffusi dall’Istat emerge che la forte accelerazione dell’inflazione su base tendenziale si deve soprattutto ai prezzi dei Beni energetici (la cui crescita passa da +44,5% di settembre a +71,1%) sia regolamentati (da +47,7% a +51,6%) sia non regolamentati (da +41,2% a +79,4%), e in misura minore ai prezzi dei Beni alimentari (da +11,4% a +13,1%), sia lavorati (da +11,4% a +13,3%) sia non lavorati (da +11,0% a +12,9%), e degli Altri beni (da +4,0% a +4,6%).

Rallentano invece i prezzi dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,7% di settembre a +5,2%). L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +5,0% a +5,3% e quella al netto dei soli beni energetici da +5,5% a +5,9%. Su base annua accelerano i prezzi dei beni (da +12,5% a +17,6%), mentre rallentano di poco quelli dei servizi (da +3,9% a +3,8%); si amplia in misura marcata, quindi, il differenziale inflazionistico negativo tra questi ultimi e i prezzi dei beni (da -8,6 di settembre a -13,8 punti percentuali). Accelerano i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +10,9% a +12,6%) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,4% a +8,9%). L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto prevalentemente ai prezzi dei Beni Energetici non regolamentati (+28,3%), ai Beni energetici regolamentati (+20,0%) e in misura minore a quelli degli Alimentari non lavorati (+2,4%), degli Alimentari lavorati (+1,6%), dei Beni non durevoli (+0,7%) e dei Beni durevoli (+0,6%); in calo invece, a causa per lo più di fattori stagionali, i prezzi dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-0,7%) e dei Servizi relativi ai trasporti (-0,8%). L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +8,0% per l’indice generale e a +3,7% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta del 3,8% su base mensile e del 12,6% su base annua (da +9,4% nel mese precedente); la stima preliminare era +12,8%.

L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, registra un aumento del 3,3% su base mensile e dell’11,5% su base annua. Sono per lo più i Beni energetici, sia quelli regolamentati sia quelli non regolamentati, a spiegare la straordinaria accelerazione dell’inflazione di ottobre 2022, puntualizza l’Istat. Anche i prezzi dei Beni alimentari (sia lavorati sia non lavorati) continuano ad accelerare, in un quadro di tensioni inflazionistiche che attraversano quasi tutti i comparti merceologici (frenano solo i Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona). È necessario risalire a giugno 1983 (quando registrarono una variazione tendenziale del +13,0%) per trovare una crescita su base annua dei prezzi del “carrello della spesa” superiore a quella di ottobre 2022 e a marzo 1984 (quando fu +11,9%) per una variazione tendenziale dell’indice generale Nic superiore a +11,8%.
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