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Luci e ombre del nuovo Decreto legge Capitali

- di: Romolo Martelloni
 
Luci e ombre del nuovo Decreto legge Capitali

È vero che lo scopo del Decreto legge Capitali è quello di ottimizzare il processo di quotazione in borsa per le PMI e di rendere più facile l'accesso a strumenti finanziari. Tuttavia, rimangono sul tavolo dei problemi importanti. A dirlo è Federcontribuenti, che si è incontrata a Bruxelles proprio per discutere di questo tema importante. Innanzitutto, evidenzia Federcontribuenti, nel suo voler cercare le semplificazioni il Ddl riduce in maniera importante il ruolo dei piccoli azionisti, che non vanno intesi solo come i piccoli risparmiatori, ma anche ad esempio i gestori di fondi comuni e fondi pensione. Se da un lato, poi, il processo e le soluzioni indicate consentono una più veloce quotazione delle PMI, dall'altro il venir meno della possibilità di partecipare alle assemblee da parte dei piccoli azionisti può comportare dei problemi nel medio-lungo periodo. Ciò in termini di trasparenza, governance aziendale e operazioni societarie in genere, che trascurano anche il contributo degli azionisti minori in fase di indirizzo delle politiche aziendali. Cosa questa che, sottolinea ancora Federcontribuenti, potrebbe invece favorire la vendita delle azioni stesse da parte degli azionisti minori, involontariamente portati a ricercare realtà più collaborative e trasparenti.

Luci e ombre del nuovo Decreto legge Capitali

Secondo Federcontribuenti il rischio di questo Ddl è quello di arrivare tardi e male, o comunque di non risolvere i problemi che restano sullo sfondo. E che, semplificando al massimo, sono: la scarsa capitalizzazione della borsa italiana e l’eccessiva prevalenza di alcuni settori, come quello bancario, trascurando come fatto finora la produzione industriale vera e propria. Senza contare che, aggiunge l’associazione, viene data facoltà ai produttori di strumenti finanziari la possibilità di procedere al collocamento diretto, Una persona può trovarsi un soggetto registrato in un altro paese (che non sia l'Italia) e sentirsi proporre l'acquisto o la compravendita di titoli emessi direttamente dai produttori stessi.

Per Federcontribuenti si tratta sicuramente di un lavoro che parte con delle buone intuizioni e intenzioni, ma è ben lungi dal portare nel mercato quel quadro di chiarezza, trasparenza e semplificazione delle procedure di cui questo paese ha un disperato bisogno ed il suo risparmio una allocazione efficiente, tutelata e a favore del paese che produce, non solo di fare “finanza per la finanza”. Sullo sfondo, secondo l’associazione, il Ddl si riduce praticamente a concentrarsi solo sulla tutela del dentetore della maggioranza della società. De facto, questo non fa altro che mantenere uno status quo che tutela il fondatore di un'azienda al tempo stesso, minando le capacità di crescita con l’apporto di contributori esterni, che se minoranza si troverebbero privi di qualsiasi capacità di contributo e indirizzo. Impedendo l'attività proattiva delle minoranze, ci si riduce a mantenere il nanismo delle nostre aziende che potrebbero in un mercato evoluto, finanziato in trasparenza e ben gestito svilupparsi ulteriormente, creando occupazione e ricchezza per il Paese.

L’impressione finale, evidenzia in conclusione Federcontribuenti, è che si preferisca mantenere lo status quo, magari col potenziamento del diritto di voto ma senza quegli strumenti che hanno condotto alla migrazione verso altri lidi europei e non solo le nostre aziende. È un cantiere aperto, ma non se ne vede nè intravede una fine che sia efficiente per lo sviluppo del mercato italiano, e che rischia di frenare ben poco la fuga delle aziende all’estero o il loro delisting, o semplicemente la cessione a gruppi stranieri. Poco, troppo poco, per sfuggire alla conservazione o a preservare il nanismo imprenditoriale. In poche parole, sintetizza Federcontribuenti, le ombre sopravanzano le luci. Almeno finora.

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