Bombe su Gaza City, 30 morti. Dal Washington Post spunta l’ipotesi di un futuro turistico e high-tech sulle macerie, mentre Israele pensa alla Cisgiordania e la Sumud Flotilla salpa dall’Europa
Netanyahu rilancia la linea dura
Benjamin Netanyahu torna a stringere la morsa sulla Striscia di Gaza e rilancia la sua strategia di forza in Medio Oriente. Mentre l’esercito israeliano intensifica i bombardamenti su Gaza City, con un bilancio di almeno trenta vittime nelle ultime ore, il premier convoca il gabinetto di sicurezza e ribadisce: “Stiamo battendo Hamas”. La prospettiva di una tregua rimane lontana, nonostante le pressioni internazionali, e si intreccia con nuove rivelazioni che scuotono la scena diplomatica.
Il progetto americano: una “Riviera del Medio Oriente”
L’amministrazione americana guidata da Donald Trump avrebbe elaborato un piano visionario e controverso: trasformare le macerie di Gaza in una “Riviera del Medio Oriente”. Un progetto che prevede dieci anni di controllo diretto da parte degli Stati Uniti, la costruzione di resort di lusso e un polo manifatturiero high-tech. Nelle bozze circolate emerge persino la proposta di offrire cinquemila dollari a ogni palestinese disposto a lasciare volontariamente il territorio. Un’ipotesi che rischia di incendiare ulteriormente il dibattito, tra accuse di colonialismo e la percezione di un futuro disegnato senza consultare gli abitanti della Striscia.
La Cisgiordania nel mirino di Israele
Israele, dal canto suo, non si limita a Gaza. Tra i dossier discussi a Gerusalemme ci sarebbe anche la possibilità di procedere all’annessione di alcune aree della Cisgiordania come ritorsione nei confronti dei Paesi europei che hanno deciso di riconoscere lo Stato di Palestina. Una mossa che, se attuata, segnerebbe una nuova escalation con l’Unione europea e renderebbe ancora più fragile ogni tentativo di mediazione.
L’uccisione di Abu Obeida
Sul fronte militare, Tel Aviv ha confermato l’uccisione di Abu Obeida, il portavoce di Hamas e figura simbolica della resistenza palestinese. La notizia è stata accolta in Israele come un successo strategico, ma rischia di trasformarsi in ulteriore miccia per rappresaglie e radicalizzazione.
La sfida della Sumud Flotilla
Intanto, dalle acque del Mediterraneo prende il largo un gesto simbolico e dirompente: la Sumud Flotilla. Salpata da Barcellona e da Genova, la flottiglia composta da decine di piccole imbarcazioni naviga verso Gaza con l’obiettivo di rompere il blocco navale israeliano e portare aiuti umanitari. Una sfida che richiama alla memoria le missioni precedenti, spesso segnate da scontri violenti con la marina israeliana, e che rimette al centro la questione umanitaria.
Un futuro incerto tra bombe e diplomazia
Il quadro appare incandescente. Israele insiste nel presentare l’offensiva come necessaria per smantellare le strutture militari di Hamas e garantire la sicurezza dei propri cittadini. Ma la comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione. Il piano statunitense, se confermato, rischia di spostare l’asse del conflitto dalla lotta armata a una battaglia geopolitica sul futuro stesso della Striscia. Una battaglia che intreccia interessi economici, strategie militari e la disperata condizione di una popolazione civile stremata da mesi di bombardamenti, privazioni e isolamento.
Le prossime ore saranno decisive per capire se prevarrà la linea della forza o se si aprirà uno spiraglio per il dialogo. Ma, per ora, l’unico rumore che domina è quello delle bombe su Gaza e delle onde che accompagnano le imbarcazioni della Flotilla nel loro viaggio carico di speranza e incertezza.