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Se chiude Hormuz il greggio vola a 200 dollari: mercati in allerta

- di: Jole Rosati
 
Se chiude Hormuz il greggio vola a 200 dollari: mercati in allerta

Petrolio, criptovalute e tensioni nel Golfo: i mercati si preparano alla reazione iraniana.
Lo spettro dello Stretto di Hormuz fa tremare il greggio. Tabarelli: “Minacce da Teheran, ma mai un blocco reale”. Bitcoin ed Ethereum in caduta libera, Tel Aviv vola ai massimi storici.

(Foto: petroliera nello stretto di Hormuz).
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L’attacco statunitense ai siti nucleari iraniani, nella notte tra sabato e domenica, non ha scosso più di tanto i mercati del Golfo. Ma la calma apparente potrebbe infrangersi con la riapertura dei mercati asiatici e occidentali. Gli occhi del mondo sono puntati sul petrolio e, in Europa, sul gas. È qui che si gioca la vera partita: quella delle forniture, dei prezzi e del panico da speculazione.

Le borse del Golfo tengono, Tel Aviv vola
In Arabia Saudita, Qatar, Kuwait e Oman, i listini – aperti già domenica – hanno registrato un moderato segno più. Nessun crollo, nessuna euforia. La reazione più marcata è arrivata da Tel Aviv, che ha toccato i massimi storici, e dal Cairo, dove la borsa egiziana ha chiuso con un rialzo superiore al 2%.
Segnali di fiducia? Forse. Ma i mercati più importanti devono ancora esprimersi. Tokyo, Shanghai, Londra, Francoforte e Wall Street si preparano a una settimana ad altissima tensione, dove ogni mossa di Teheran sarà scrutata al microscopio.

Petrolio: prezzi verso i 100 dollari, ma l’incubo è Hormuz

Le previsioni per il prezzo del greggio indicano un aumento “deciso ma non ingestibile”, tra i 2 e i 5 dollari al barile. Tuttavia, le banche d’affari non escludono che – in caso di escalation iraniana – il Brent possa schizzare oltre i 100 dollari. E nel peggiore degli scenari, con la chiusura dello Stretto di Hormuz, il prezzo potrebbe addirittura raddoppiare.
A dirlo è Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia: “Con il blocco di Hormuz si andrebbe verso i 200 dollari al barile, ma non credo davvero che accadrà. Da cinquant’anni l’Iran minaccia di chiuderlo, ma non è mai successo nulla”.
Lo Stretto di Hormuz è il punto di passaggio di un quinto del petrolio mondiale: ogni giorno vi transitano circa 17 milioni di barili. Qualsiasi ostacolo significherebbe caos nei mercati energetici globali.

Gas: l’Europa è ancora vulnerabile
Se il petrolio ha ancora margini di approvvigionamento, la questione cambia per il gas. Soprattutto in Europa, dove la dipendenza dalle forniture esterne resta un nodo irrisolto. Nonostante la diversificazione post-invasione dell’Ucraina, l’addio al gas russo ha lasciato il Vecchio Continente più esposto.
“Il mercato del gas è più tirato – avverte Tabarelli – e da 40 euro per MWh si potrebbe salire a 45-50 euro già in settimana”. L’hub di Amsterdam, termometro del gas europeo, è atteso a una forte volatilità.

Crollano le criptovalute: Ethereum -10%
In controtendenza con le borse, a pagare subito il prezzo dell’instabilità geopolitica sono state le criptovalute. Il Bitcoin è sceso del 4%, fermandosi sotto la soglia psicologica dei 100.000 dollari (99.780), mentre l’Ethereum ha perso il 10%, scivolando a 2.180 dollari. Anche Dogecoin è in forte calo (-7%, a 0,14 dollari).
La capitalizzazione complessiva del mercato cripto ha bruciato oltre il 4% in una sola giornata. Un segnale inequivocabile: gli investitori preferiscono rifugiarsi in asset più stabili quando i missili tornano a solcare i cieli mediorientali.

Settimana ad alta tensione
Il mondo della finanza si prepara a giorni di incertezza. La vera incognita resta la risposta dell’Iran. Una rappresaglia limitata potrebbe mantenere i mercati nervosi ma sotto controllo. Ma se Teheran dovesse giocare la carta estrema – o anche solo minacciarla con maggiore forza – l’effetto domino colpirebbe energia, monete, trasporti e fiducia.
Il petrolio torna protagonista. Ma non per la transizione verde: questa volta è la geopolitica a rimettere l’oro nero al centro della scena.


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