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Mps gela Bpm, punta su Mediobanca: il risiko cambia direzione

- di: Marta Giannoni
 
Mps gela Bpm, punta su Mediobanca: il risiko cambia direzione
Lovaglio chiude ogni ipotesi di fusione con Castagna e rilancia la centralità di Mediobanca, definita “un progetto industriale al servizio del Paese”. Generali resta nel perimetro strategico, ma in chiave di redditività e bancassurance. Il risiko bancario italiano prende una nuova forma, e il baricentro si sposta a Siena e Milano. A meno che Lovaglio non sia una mossa per avvertire Bpm a non tirare troppo la corda.

La nuova mappa del risiko bancario italiano si ridisegna da Siena, dove Luigi Lovaglio, amministratore delegato di Monte dei Paschi, ha deciso di raffreddare ogni suggestione di fusione con Banco Bpm per concentrare tutte le energie su Mediobanca. “Oggi siamo completamente focalizzati su Piazzetta Cuccia”, ha dichiarato in audizione alla Commissione di inchiesta sulle banche. Una presa di posizione netta, che segna la fine di una stagione di indiscrezioni e riporta l’asse strategico del sistema finanziario italiano sotto il controllo di due piazze storiche: Siena e Milano.

Lovaglio blinda Mediobanca: “Velocità fondamentale”

La scalata di Mps a Mediobanca non è solo una partita finanziaria, ma un’operazione che Lovaglio rivendica come “ampiamente di mercato” e “al servizio del Paese”. La considera una svolta industriale che unisce due modelli complementari: da un lato la forza del credito retail e territoriale di Mps, dall’altro la potenza di fuoco del corporate e private banking di Piazzetta Cuccia. “La velocità è fondamentale”, ha ribadito, respingendo l’idea che il gruppo possa aprire altri fronti di negoziazione. Mediobanca resta la priorità assoluta, il perno di un disegno strategico che punta a rafforzare la capacità del sistema bancario italiano di competere con i colossi europei.

Il gelo su Banco Bpm e l’ombra di Credit Agricole

Il messaggio è inequivocabile: nessuna trattativa, almeno per ora, con Banco Bpm. “È un’ottima banca con cui collaboriamo attraverso Anima”, ha riconosciuto Lovaglio, “ma oggi siamo completamente focalizzati su Mediobanca”. Una frase che suona come una doccia fredda per l’istituto guidato da Giuseppe Castagna, impegnato a difendere la propria autonomia mentre valuta un’intesa con Credit Agricole. Il gruppo francese, da parte sua, muove con cautela per evitare il rischio di uno stop da parte del governo attraverso il golden power. Nel frattempo, Bpm si guarda intorno e studia piccole acquisizioni, come quella della Banca di Asti, per la quale avrebbe già presentato un’offerta alla Fondazione Cr Asti.

Generali, partecipazione “industriale” e non speculativa

Lovaglio ha poi chiarito la posizione di Mps in Assicurazioni Generali, di cui la banca è oggi il primo azionista con una quota del 13,1%, davanti al 17% complessivo detenuto da Delfin e Caltagirone. “È una partecipazione importante”, ha spiegato, “perché non è strettamente correlata al business bancario e consente di diversificare le fonti di ricavo, offrendo opportunità sul fronte della bancassurance”. Tuttavia, il manager è stato netto: l’investimento sarà gestito “in un’ottica esclusivamente industriale e di creazione di valore per tutti gli azionisti”. Tradotto: nessuna operazione speculativa, ma una logica di lungo periodo. Ogni decisione passerà dal test della redditività, rispetto ad altre possibili destinazioni del capitale.

Il nodo Mediobanca: delisting ancora lontano

Sull’ipotesi di un delisting di Mediobanca Lovaglio frena. “È presto”, ha detto, sottolineando che il marchio di Piazzetta Cuccia “è sacro”. L’obiettivo, ha aggiunto, non è la ritirata dai listini ma il consolidamento industriale: sotto Mediobanca saranno concentrate le attività di investment, corporate e private banking; sotto Mps, quelle retail. Una divisione netta dei ruoli, pensata per rafforzare l’efficienza e migliorare la redditività. “L’operazione ha un solo obiettivo: servire meglio le imprese e le famiglie, proteggere ancora di più i risparmi e offrire migliori servizi”.

“Un’idea mia”: la genesi della scalata

Lovaglio ha anche svelato il retroterra dell’operazione: “La scalata è stata un’idea mia”, ha detto, raccontando di averla proposta al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, già nel dicembre 2022. Il progetto, secondo quanto spiegato, avrebbe poi subito un’accelerazione dopo l’offerta pubblica di scambio di Unicredit su Bpm e quella di Bper su Sondrio. In quel contesto, la fusione con Mediobanca sarebbe apparsa come una mossa necessaria per non lasciare il sistema bancario italiano esposto ai colossi internazionali. Una “difesa d’attacco”, per usare un linguaggio calcistico, che punta a costruire un campione nazionale con radici solide e governance indipendente.

Delfin, Caltagirone e il “fattore politico”

Resta il nodo politico e di governance, con Delfin e Caltagirone che giocano un doppio ruolo: primi azionisti del Monte e soci di peso anche in Generali. Le critiche sui possibili conflitti di interesse non hanno scalfito la posizione di Lovaglio, che definisce l’operazione “ampiamente di mercato”. Le adesioni all’opas e all’aumento di capitale del Monte sarebbero, a suo dire, la prova che il mercato crede nel progetto. “Le casse di previdenza hanno fatto investimenti molto proficui e incasseranno dividendi importanti dalla banca più solida d’Europa”, ha dichiarato con tono rivendicativo.

Il Mef resta in campo, ma la privatizzazione è completa

Un passaggio particolarmente significativo ha riguardato il Ministero dell’Economia, ancora azionista con il 4,8%. Lovaglio ha elogiato la gestione del Tesoro, parlando di una “privatizzazione portata a termine in maniera eccellente”. In tre anni, ha ricordato, la capitalizzazione di Mps è passata da 1,9 a oltre 22 miliardi di euro, con un valore per gli azionisti “quasi quintuplicato”. Una trasformazione che segna il riscatto di una banca salvata dallo Stato e ora proiettata verso una nuova centralità nel sistema finanziario nazionale.

Il risiko bancario italiano cambia forma

Con la mossa di Siena, il risiko bancario cambia direzione. L’asse Mps–Mediobanca ridisegna gli equilibri e frena le ambizioni di altri gruppi. Unicredit resta l’attore più potente, ma l’ingresso del Monte nel capitale di Piazzetta Cuccia apre una nuova stagione, in cui l’iniziativa si sposta dai grandi conglomerati verso modelli più verticali e integrati. Lovaglio scommette su un’architettura in cui la complementarità tra credito, consulenza e gestione patrimoniale diventa il nuovo paradigma della competitività. La “banca più solida d’Europa”, come lui stesso l’ha definita, vuole ora trasformarsi anche nella più veloce. E la velocità, in un risiko che cambia di ora in ora, può essere la differenza tra chi guida e chi viene guidato.

Un nuovo equilibrio per la finanza italiana

Il messaggio finale di Lovaglio, netto e programmatico, sembra rivolto tanto ai mercati quanto alla politica: “Siamo al servizio del Paese”. La strategia è chiara: consolidare, semplificare, valorizzare. Dietro quella calma apparente, però, si intravede un’Italia finanziaria che ribolle. Il risiko non si è fermato: si è solo spostato di piano. E la nuova partita si gioca ora tra Siena, Milano e Trieste, lungo un triangolo che potrebbe ridisegnare i prossimi dieci anni del sistema bancario italiano.

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