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Quando la prevenzione non basta: il dramma che riaccende i riflettori sulla sicurezza nello sport giovanile

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Quando la prevenzione non basta: il dramma che riaccende i riflettori sulla sicurezza nello sport giovanile

Un pomeriggio qualunque di marzo si è trasformato in tragedia in un campo sportivo di Napoli, dove un ragazzo di appena 14 anni è morto improvvisamente, colto da un malore poco prima dell’inizio dell’allenamento. La vittima, Diego De Vivo, iscritto regolarmente a una scuola calcio della periferia occidentale della città, si stava preparando come ogni settimana a scendere in campo con i compagni di squadra. Aveva appena finito il riscaldamento quando, secondo le testimonianze, si è portato una mano al petto, ha fatto qualche passo incerto e poi si è accasciato a terra.

Quando la prevenzione non basta: il dramma che riaccende i riflettori sulla sicurezza nello sport giovanile

L’allarme è stato immediato. I tecnici della scuola hanno chiamato i soccorsi e tentato le prime manovre rianimatorie in attesa dell’arrivo dell’ambulanza. Quando i sanitari del 118 sono giunti sul posto, le condizioni del ragazzo erano già critiche. Il trasporto verso il pronto soccorso è stato veloce, ma ogni tentativo di salvarlo si è rivelato vano. Il decesso è stato dichiarato poco dopo l’arrivo in ospedale. Sarà l’autopsia, disposta dalla magistratura, a fare luce sulle cause effettive del decesso, anche se i primi accertamenti parlano di un possibile arresto cardiaco improvviso, uno di quei drammi che colpiscono senza preavviso e, spesso, senza alcuna causa apparente.

Il ragazzo, secondo quanto riferito dalla famiglia e dalla scuola, aveva svolto regolarmente tutti gli esami richiesti per l’attività sportiva. Nessun campanello d’allarme, nessuna segnalazione clinica che potesse far pensare a una patologia. Anzi, era descritto come un adolescente pieno di energia, appassionato di calcio fin da piccolo, sempre presente agli allenamenti, attento, rispettoso, amato da compagni e allenatori. Era il classico ragazzo con “la testa giusta” per crescere nello sport.

Il lutto ha colpito duramente la comunità sportiva partenopea. La scuola calcio ha interrotto ogni attività in segno di rispetto e ha aperto le porte per accogliere i familiari, i compagni di squadra, i genitori degli altri ragazzi, molti dei quali ancora increduli. Una veglia silenziosa, fatta di abbracci e lacrime, si è tenuta nella serata di ieri, mentre messaggi di cordoglio arrivavano da tutta Italia, anche da club professionistici e figure note del mondo calcistico. Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha voluto esprimere personalmente il proprio dolore: “Siamo vicini alla famiglia in questo momento devastante. È un lutto che ci lascia senza fiato, un dolore che tocca tutta la città”.

La tragedia riporta con forza al centro del dibattito la questione della sicurezza nello sport giovanile. In Italia, i protocolli sanitari previsti per le attività agonistiche sono tra i più rigorosi al mondo, con obbligo di visite cardiologiche periodiche, elettrocardiogramma, test sotto sforzo. Eppure, casi come quello di Napoli dimostrano che esistono patologie silenti, difficili da diagnosticare, soprattutto in soggetti giovani e apparentemente sani. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, ogni anno circa 1 su 100.000 adolescenti è colpito da morte cardiaca improvvisa. Si tratta di eventi rari ma devastanti, che colpiscono famiglie senza alcun preavviso.

Negli ultimi anni, la medicina sportiva ha compiuto grandi passi avanti, ma la sensibilità collettiva sul tema è ancora disomogenea. Alcuni esperti chiedono da tempo un aggiornamento dei protocolli con l’introduzione sistematica di ecocardiogrammi, esami genetici e risonanze, ma i costi elevati e la mancanza di strutture adeguate rendono complesso rendere obbligatori tali strumenti su scala nazionale.

Nel frattempo, resta il dolore. Un campo da calcio che diventa il teatro di un addio improvviso. Un ragazzo che indossava le scarpette per sognare e che, invece, ha lasciato un vuoto profondo. E un’intera comunità, quella napoletana, che si stringe nel silenzio di una domanda che non avrà mai una risposta piena: perché proprio lui, perché così giovane, perché proprio ora.

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