Il Nobel per la Pace onora il dissenso alle autocrazie

- di: Redazione
 
Il Nobel per la Pace non ha mai dismesso i suoi abiti di ''premio politico'', che ha seminato, lungo il suo cammino, assegnazioni che talvolta hanno ingenerato sorpresa e altre che, alla fine, sono state sconfitte, oltre che dal buon senso, anche dalla Storia. Un premio, per la natura insita che accompagna un riconoscimento, è sempre fatto a posteriori, sottolineando gli aspetti positivi o innovativi dell'azione di un soggetto, uomo, associazione, organizzazione che siano. L'edizione 2022 del Nobel per la Pace ha voluto essere, in un certo senso, una presa d'atto di come i diritti civili siano calpestati, limitando questa idea a quella parte del quadrante europeo che riguarda Russia, Bielorussia e Ucraina.
Con un sostanziale differenza tra gli insigniti: il dissidente bielorusso Ales Bialiatski, sessantenne, è il simbolo di una lotta contro un regime egemone e un dittatore che alimentano la loro esistenza da quel che viene loro concesso dalla Russia e per questo non possono che soffocare ogni forma di ribellione rispetto a regole che cancellano i diritti dei singoli. Bialiatski, a questa battaglia, ha sacrificato soprattutto la sua esistenza, pagando con lunghe e ingiustificate detenzioni la sua opposizione al despota Aleksandr Lukashenko, che per mandarlo in galera, nel 2011 usò l'accusa di evasione fiscale, una offesa alla ragione se solo si pensa che la maggior parte dei bielorussi ritengono la corruzione il canone di comportamenti su cui il regime poggia la sua esistenza.

Ales Bialiatski premio Nobel per la Pace

Il dissidente, non avendo mai fatto un passo indietro nella sua opposizione, è ancora in carcere e, dicono i suoi familiari e gli amici, passa le sue giornate al buio in attesa di un processo che non si celebra forse perché chi lo ha arrestato non sa bene cosa contestargli se non quell'evasione fiscale che gli sta costando, seppure mai provata, una lunghissima detenzione.
Un novello Josef K., che Franz Kafka ha regalato alla letteratura mondiale a condanna perenne del Sistema che si erge a regime. Il Nobel 2022 è stato assegnato anche a due ong, entrambe molto attive (sino quando glielo è stato consentito) nella difesa dei diritti fondamentali dell'Uomo: il Center for Civil Liberties, fondata a Kiev nel 2007, per documentare i crimini di guerra e gli abusi di potere, e Memorial, russa, che, nata quando Mikhail Gorbaciov stava cercando di riformare il monolite sovietico, negli anni ha conquistato sempre maggiori consensi, sino a inglobare decine di ong attive in tutto il mondo con i suoi stessi obiettivi. Che, però, Vladimir Putin non poteva sopportare sino a deciderne, nell'aprile scorso, la chiusura ritenendola un ''agente'' al soldo del nemico, definizione talmente vaga da non fare capire quale sia il suo reale profilo.

Un premio, tre insigniti, che suonano come condanna dei regimi totalitari, quel modello autocratico su cui i presidenti-dittatori dell'est europeo hanno informato ogni loro azione. Il regime instaurato da Lukashenko in Bielorussia ha tutte le connotazioni di una dittatura contro cui la sola speranza è quella di coinvolgere quante più persone possibili tra coloro che, presa coscienza di quanto accade sotto i loro occhi, vi si ribellano. Ma questo non vuol dire ricorrere necessariamente alla violenza, almeno nel pensiero di Ales Bialiatski, la cui voce tonante fa ben oltre le mura della sua prigione scuotendo le coscienze. Oggi dell'opinione pubblica mondiale, ma non ancora dei suoi connazionali, che hanno visto con i loro occhi quanto violento può essere un regime quando sente franare sotto i piedi il potere e si affida solo alla forza.
Tags: nobel, pace
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