OFI Invest AM: ecco cosa dovremmo aspettarci da Fed e BCE nei prossimi mesi

- di: Geoffroy Lenoir, Co-CIO Mutual Funds di Ofi Invest AM
 
Solo pochi giorni fa, la Federal Reserve ha incrementato i tassi d’interesse negli Stati Uniti di 25 punti base, arrivando al 5,25%; una soglia che a marzo la maggioranza dei membri del FOMC indicava come il livello appropriato per la fine del 2023. Possiamo quindi presumere che dopo una serie di rialzi iniziati nel marzo del 2022, e che hanno aumentato i tassi per un totale di 500 punti base, la politica monetaria aggressiva adottata della banca centrale americana sia terminata? Alla luce di un mercato del lavoro molto resiliente e di un’inflazione core che sta allentando la sua morsa molto lentamente, la risposta a questa domanda sarebbe probabilmente negativa, ma i recenti crack bancari rimettono tutto in prospettiva. Infatti, i verbali del FOMC sul meeting di marzo della Fed riportano che numerosi partecipanti hanno rivisto a ribasso le loro posizioni sui tassi dei Federal Fund proprio a causa delle turbolenze in ambito finanziario. Riteniamo che sarà soprattutto il fallimento di First Republic (rilevata poi da JP Morgan che ne acquisterà tutti i depositi e quasi tutte le attività) il fattore che potrebbe spingere la Federal Reserve ad adottare un approccio più cauto, in cui riteniamo che attenderà di avere una valutazione chiara degli effetti della sua politica monetaria negli ultimi 15 mesi prima di prendere altri provvedimenti.

OFI Invest AM: ecco cosa dovremmo aspettarci da Fed e BCE nei prossimi mesi

Quindi adesso cosa ci dovremmo aspettare? L’opinione che sembra essere maggiormente diffusa sui mercati è quella di un taglio dei tassi d’interesse USA di circa 50 punti base nella seconda metà di quest’anno, nonostante, ad oggi, non è affatto certo che si verificherà. A questo si aggiunge un ulteriore taglio complessivo di 200 bps da distribuire nell’arco del 2024, il che spiegherebbe come mai i tassi d’interesse a 2 anni sono al 3,95%. Tuttavia, un’inversione di tendenza così significativa sulla curva dei rendimenti si verificherà solo nel caso in cui i parametri economici peggiorassero a tal punto da convincere la Fed sulla necessità di un taglio in tempi molti ristretti, uno scenario sul quale noi di Ofi Invest AM siamo al momento piuttosto scettici, sebbene questa non sia mai rimasta su un plateau per più di 15 mesi. Pertanto, esiste il rischio che i tassi a breve crescano, che i tassi a lungo li seguano, ma che le curve dei rendimenti si appiattiscano nella seconda metà del 2023, quando le aspettative sui rialzi si saranno affievolite.

E per quanto riguarda noi europei? La strada che la Banca Centrale Europea deve percorrere è più lunga rispetto a quella della controparte americana, in quanto l’inflazione in Europa si è dimostrata molto tenace: l’inflazione core è stimata al 5,60% YoY ed è solamente un decimo inferiore al suo picco di marzo. Ad oggi, la view che maggiormente è diffusa sui mercati è quella di un rialzo di 50-75 punti base in estate, il quale porterebbe lo STR dell’euro sul 3,50%, con il dibattito che non si concentra sul “se”, ma sul “quando” ci saranno altri rialzi e, quindi, sull’arco temporale in cui i tassi non si modificheranno. La nostra visione in merito è che la Bce non cambierà la sua politica monetaria prima della metà del 2024, con le aspettative sui tagli che sono molto meno all’ordine del giorno rispetto agli USA. Per questo, a nostro avviso i rendimenti resteranno all’interno del range del 2,40%-2,50% per i prossimi mesi (il benchmark in questo caso è il Bund tedesco). Un discorso a parte va fatto per i titoli di stato francesi, ovvero gli Oat (Obligations Assimilables du Trésor), che stanno risentendo dei disordini sociali in corso nel paese e che, per questo, hanno subito un downgrade a AA- da parte dell’agenzia di rating, Fitch. Tuttavia, nonostante il differenziale di rendimento con i titoli tedeschi sia aumentato di 60 punti base, il tasso d’interesse al 3% sembra ancora abbastanza elevato da attrarre investitori.

In conclusione, il mercato del credito sta risentendo dell’andamento dei tassi d’interesse, ma gli spread restano solidi grazie ai report sugli utili delle imprese, sia investment grade, sia high yield, con i rendimenti che sono stabili e attrattivi ormai da diversi mesi, generando un surplus rispetto ai titoli di stato che dovrebbe essere in grado di trattenere gli investitori. In particolare, noi di Ofi Invest AM vediamo positivamente il segmento high yield, soprattutto nell’area dei titoli con rating BB-. Tuttavia, è importante chiarire che è fondamentale mantenere un approccio estremamente selettivo, alla luce del fatto che il rischio default per gli emittenti più fragili.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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