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L'Intervento/ Trump strozza l’Europa a rate

- di: Bruno Chiavazzo, giornalista e scrittore
 
L'Intervento/ Trump strozza l’Europa a rate
Trump tratta l’Europa da “cravattaro”: divide i 27, umilia la presidente della Commissione e riscrive da solo le regole del gioco. Intanto Draghi resta inascoltato, Meloni ignorata e Orban si accoda.
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Che siamo nelle mani di un “cravattaro”, come a Roma vengono definiti gli strozzini, è fuori dubbio. D'altra parte, l'aveva scritto nella lettera in cui annunciava i dazi al 30%: “Se non vi sta bene, alzeremo ancora il tetto”. La stessa cosa che dicono, appunto, i cravattari: se non paghi, ti spezzeremo le gambe.
Con queste premesse, i 27 Paesi che compongono questa Europa — unita solo sulla carta — non potevano, se avessero avuto un minimo di decenza politica e morale, che fare fronte comune e rispondere con altrettanta determinazione. Ma così non è stato. Ognuno, per ragioni interne soprattutto elettorali, ha invocato la rava e la fava, nella speranza che il coatto d’oltreoceano favorisse questo o quello.
Ovviamente, il gradasso dai capelli arancioni se ne è fottuto di tutto e di tutti. E quando ha fatto capire che, invece del 30%, sarebbe sceso al 15%, ha ulteriormente allargato il divario tra gli europei.
Alla fine è stata mandata la povera Von der Leyen nelle fauci del leone, che l’ha ricevuta nella sua dimora scozzese, trattandola peggio di come fece il turco Erdogan a Istanbul, che manco la sedia le preparò.
Ma, obiettivamente, che poteva fare la spaurita presidente della Commissione? Nessun mandato preciso, niente in mano in grado, se non di spaventare, almeno di convincerlo a più miti consigli. Niente di niente: “M’hanno rimasto solo sti 27 cornuti”, per citare Vittorio Gassman ne I soliti ignoti.
Eppure avevano incaricato Mario Draghi di predisporre un piano europeo proprio per fare fronte alle intenzioni di Trump che, fin dall’inizio della sua campagna elettorale, aveva fatto capire senza giri di parole dove voleva andare a parare. Applausi, ricevimenti, medaglie, lauree honoris causa: ma quello che Draghi aveva scritto è rimasto nei cassetti delle varie cancellerie.
Eppure il messaggio di Draghi era chiarissimo: o l’Europa si unisce e fa fronte comune oppure sarà spazzata via dagli oligarchi, eletti o meno. Ed è esattamente quello che sta succedendo.
Si sta scaricando tutto sulla testolina cotonata della Von der Leyen. Addirittura quella quinta colonna di Trump in Europa, l’ungherese Orban, ha avuto il coraggio di dire che la poveretta “è stata mangiata a colazione” dall’orco a stelle e strisce. Lo stesso che si è opposto a qualunque iniziativa pur di non scontentare il suo dante causa americano.
E che dire della nostra presidente, Giorgia Meloni? Niente. Ha già detto e fatto tutto Trump: non se l’è filata di pezza. Ha capito che non conta una cippa al di fuori dei confini italiani e allora perché perderci tempo?
Meglio il golf, dove anche se bara chi può dirgli niente? È suo il campo ed è lui che detta le regole. Esattamente come sta facendo con l’Europa, come — d’altra parte — ha già fatto con l’Ucraina e Gaza. La sua regola è la stessa di Luigi XIV: “L’État, c’est moi!”. L’America sono io.

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