Unicredit su Banco Bpm, partita ad alta tensione tra paletti e multa da incubo
- di: Bruno Coletta

Orcel lancia l'offerta, il governo detta le condizioni: il futuro della fusione è tutto da scrivere. Rischi miliardari.
Scatta ufficialmente l’offensiva di Unicredit su Banco Bpm. Da oggi lunedì 28 aprile e fino al 23 giugno, gli azionisti di Piazza Meda potranno aderire all’offerta pubblica di scambio lanciata da Andrea Orcel, il numero uno di Unicredit. Ma più che una marcia trionfale, l’operazione si sta trasformando in una scalata piena di ostacoli: il governo italiano ha alzato un muro di condizioni che rischia di cambiare tutto.
Gli investitori, intanto, fanno i loro conti. A chi aderisce verranno assegnate 0,175 azioni Unicredit per ogni titolo Bpm posseduto: considerando i valori di chiusura della Borsa di venerdì scorso – 50,87 euro per Unicredit e 9,74 euro per Banco Bpm – l’offerta incorpora uno sconto superiore all’8%. Non proprio un incentivo irresistibile. Come osservano vari analisti finanziari, la tentazione di vendere direttamente sul mercato resta forte.
La tagliola delle condizioni
Dietro i numeri si nasconde una battaglia politica ed economica molto più ampia. Il governo Meloni, attraverso il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ha imposto condizioni stringenti: mantenere un certo rapporto tra prestiti e depositi in Italia, salvaguardare la rete di filiali lombarde e, non da ultimo, abbandonare la presenza in Russia entro gennaio 2026.
La posta è altissima. Secondo uno studio interno di Jp Morgan, il rispetto di queste prescrizioni potrebbe costare a Unicredit oltre 400 milioni di euro in sinergie mancate e ridurre il suo capitale CET1 di circa 47 punti base, pari a 1,4 miliardi di euro. Senza contare che, in caso di violazioni, l’istituto guidato da Orcel rischia sanzioni monstre: fino a 20 miliardi di euro, il doppio del valore dell’operazione.
“Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non è competenza della Bce né della Commissione Ue”, ha tuonato Giorgetti durante un incontro al Fondo Monetario Internazionale a Washington, aggiungendo con tono caustico: “Invidio gli americani: lì l’interesse nazionale si difende senza tante storie”.
I nodi della fusione
Nonostante le difficoltà, la macchina tecnica si muove. Lo scorso 24 aprile Unicredit ha notificato ufficialmente alla Direzione generale della Concorrenza europea il progetto di fusione, con una risposta attesa entro il 4 giugno. Un segnale che, almeno dal punto di vista regolamentare europeo, il gruppo spera di accelerare.
Quanto ai rischi di concentrazione sul mercato bancario, gli analisti smorzano i toni. Nella sua analisi, Jp Morgan evidenzia che, anche sommando le quote di Banco Bpm e Unicredit, solo in Sicilia si supererebbe la soglia di attenzione del 25%, mentre in regioni come Valle d’Aosta, Molise, Piemonte, Veneto e Lazio si resterebbe sotto i livelli critici.
“Data la forte complementarietà dei due gruppi, non prevediamo tagli significativi alla rete di sportelli in Lombardia”, osservano sempre da Jp Morgan.
Orcel sotto pressione
Il vero problema ora è politico. Andrea Orcel, banchiere aggressivo e finora abile nell’evitare le trappole della politica, stavolta si trova stretto in una morsa. In caso di mancato accordo sulle condizioni imposte da Roma, l’intera operazione potrebbe perdere di senso economico.
“Orcel deve negoziare con l’abilità di un diplomatico, non di un raider”, ha commentato. E non è detto che basti: l’acquisizione della società di gestione Anima, conclusa senza poter contare sul cosiddetto “Danish Compromise” europeo (una norma che permette alle banche di consolidare asset assicurativi a costo di capitale più basso), pesa ulteriormente sui ratio patrimoniali e rende Banco Bpm un boccone meno appetitoso.
Il destino di Piazza Meda
Intanto, in Piazza Meda, la tensione sale. Alcuni grandi azionisti stanno valutando di resistere all’offerta, sperando in un rilancio o in una diversa valorizzazione in Borsa. Altri, più pragmatici, pensano di cedere subito, cavalcando il rialzo dei corsi che la sola notizia dell’OPS ha innescato.
L’orizzonte è chiaro: o Unicredit riuscirà a chiudere l’operazione secondo i tempi previsti, o rischia di aprire un nuovo fronte di instabilità nel già fragile settore bancario italiano. In ogni caso, Andrea Orcel si gioca molto più di una semplice acquisizione. Si gioca la credibilità.