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Oro sotto traccia: come l’oro “proibito” finisce nei nostri gioielli

- di: Jole Rosati
 
Oro sotto traccia: come l’oro “proibito” finisce nei nostri gioielli
Dal metallo che dovrebbe essere puro… a corsie parallele dove regna l’illegalità.

Il 2025 ha fatto segnare record nei corsi dell’oro: apprezzata come bene rifugio in tempi turbolenti, questa corsa ha però creato un effetto perverso. L’aumento della domanda e dei prezzi ha spalancato nuove vie al traffico e al riciclaggio, soprattutto da paesi soggetti a sanzioni — in primis la Russia — verso i mercati occidentali. Dietro l’aspetto luccicante del metallo si nasconde un commercio globale controverso, una vera e propria “economia ombra” dell’oro.

Le rotte del metallo sporco: da Mosca alle raffinerie del Golfo

Quando, dopo l’invasione dell’Ucraina, è diventato impossibile esportare oro russo verso l’Occidente, i flussi si sono spostati su rotte alternative: Emirati Arabi Uniti, Turchia e Cina sono rapidamente diventati i paesi chiave per queste spedizioni. Tra febbraio 2022 e marzo 2023, gli Emirati da soli hanno importato circa 75,7 tonnellate di oro russo per un valore stimato di 4,3 miliardi di dollari — contro appena 1,3 tonnellate nel 2021. Insieme a Turchia e Cina, questi tre paesi hanno assorbito il 99,8% delle esportazioni d’oro russe in quel periodo.

Tuttavia, dopo l’arrivo in queste raffinerie, il metallo può essere fuso e riformato — cancellando ogni traccia della sua origine. Un semplice nuovo marchio su un lingotto è spesso sufficiente per farlo rientrare, apparentemente “pulito”, nelle catene di approvvigionamento internazionali, comprese quelle occidentali.

Oro dei conflitti: Africa, Sudamerica e il costo umano nascosto

Non è solo l’oro russo a «viaggiare sotto copertura». In vaste aree dell’Africa e del Sud America — tra cui regioni contaminate da conflitti o sfruttamento — l’estrazione “artigianale” alimenta un traffico che finanzia milizie, gruppi armati e violazioni ai diritti umani. Spesso l’oro estratto illegalmente viene spedito in centri di raffineria internazionali (per esempio negli Emirati), da lì ricondizionato e poi venduto come se fosse legale.

Secondo un’analisi pubblicata sul periodico internazionale di politica estera, il traffico globale di oro illegale può muovere oltre 2,2 miliardi di dollari all’anno.

Occidente sotto pressione: sanzioni, nuove regole e limiti della tracciabilità

Per contrastare il fenomeno, alcuni Paesi occidentali stanno introducendo misure restrittive. Nel dicembre 2024, il UK Foreign Office ha annunciato un pacchetto di sanzioni contro trafficanti di oro illegale: fondi e beni di quattro persone sono stati congelati, e le penalità si sono estese anche a chi aveva acquistato oro russo per oltre 300 milioni di dollari.

Allo stesso tempo, operatori del settore — miniere, raffinerie, commercianti — chiedono regole chiare e sistemi di due diligence più rigorosi. Si parla di trasparenza nella supply-chain, con obblighi per chi trasforma oro di rendere pubbliche le proprie fonti quando provengono da aree ad alto rischio. Un passo necessario, ma da solo non basta: una volta fuso e rietichettato, l’oro perde traccia della sua origine.

Perché ci riguarda (e cosa rischiamo)

  • Il metallo che finisce nei gioielli, nelle banche o nei mercati occidentali potrebbe avere origini illecite — finanziando guerre, violazioni dei diritti umani, disastri ambientali.
  • La tracciabilità è ostacolata da pratiche globali consolidate: fondere e riformare oro è semplice, e le nuove leggi faticano a tenerne il passo.
  • Chi compra oro — direttamente o indirettamente — rischia di alimentare un mercato criminale, senza saperlo. Le aziende e i regolatori oggi mettono a rischio anche reputazioni e compliance legale.

Quali soluzioni e quale futuro?

Per invertire la rotta, servono trasparenza reale e controlli indipendenti. Alcune proposte concrete emergono dal mondo istituzionale e privato: task force internazionali, cooperazione tra governi e industria, sistema di certificazione pubblica che permetta audit indipendenti del circuito oro.

Inoltre, la sensibilizzazione del pubblico — consumatori, banche, operatori della gioielleria — può fare la differenza: chiedere l’origine dell’oro, preferire fornitori certificati, evitare acquisti sospetti. Solo così l’oro potrà davvero tornare a essere ciò che dovrebbe essere: un bene rifugio etico, non un veicolo di crimini.

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