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Tensioni alla Lega: Vannacci sotto accusa, Centinaio reclama regole

- di: Vittorio Massi
 
Tensioni alla Lega: Vannacci sotto accusa, Centinaio reclama regole
Tensioni alla Lega: Vannacci sotto accusa, Centinaio reclama regole
Fontana frena il “vannaccizzare”, Centinaio detta l’agenda: “Vannacci rispetti Salvini o se ne vada”.

(Foto: Roberto Vannacci).

Lega in fibrillazione: chi controlla il carroccio?

Il confronto interno nella Lega è esploso alla luce del sole. Al centro c’è il vicesegretario Roberto Vannacci, che ha spinto su una linea identitaria e personale, mentre una parte del gruppo dirigente rivendica regole, collegialità e fedeltà alla leadership di Matteo Salvini. Il risultato è un partito in movimento, con il termometro di Pontida (21 settembre) pronto a misurare umori e rapporti di forza.

Fontana al contrattacco: radici e metodo

Il presidente della Lombardia Attilio Fontana ha stoppato l’idea di “vannaccizzare” il partito, richiamando l’attenzione sulle radici amministrative del nord e su un metodo che non salta le gerarchie. In controluce c’è la difesa di un equilibrio territoriale e della fisionomia originaria del Carroccio.

Centinaio detta la linea: prima le regole

Il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio ha messo i paletti con toni perentori: “Vannacci inizi a rispettare le regole della Lega. Se non gli vanno bene, faccia il suo partito. Se invece dice di volerle cambiare, allora punta alla leadership e questo non mi sta bene”, ha scandito. Il messaggio è chiaro: prima viene l’ordinamento interno, poi l’ambizione. L’obiettivo è di arrivare a Pontida con una cornice condivisa per evitare uno strappo in pubblico.

Vannacci apre alla distensione

Da parte sua, Vannacci ha frenato la spirale dello scontro, provando a ricomporre: “Andiamo avanti tutti insieme per una Lega sempre più grande e influente. Ognuno porta il meglio di sé”. Il generale mantiene così una postura di coesione, senza rinunciare al proprio perimetro politico.

Il cantiere candidature e il nodo veneto

Le tensioni si innestano su un calendario elettorale teso. Tra le regionali del 28 e 29 settembre e la definizione dei ticket di coalizione, il centrodestra lavora per chiudere i dossier ancora aperti. In Veneto prende quota il nome del leghista Alberto Stefani, rilanciato da Salvini e valutato con favore dagli alleati. Il governatore uscente Luca Zaia mantiene un profilo istituzionale: “Non è una sorpresa, ora deciderà il tavolo nazionale. Se sarà un candidato della Lega, è la soluzione per cui tifiamo”.

Negli altri territori il quadro è più lineare: nelle Marche corre il presidente uscente Francesco Acquaroli; in Calabria il bis di Roberto Occhiuto. In Toscana la sfida è affidata a Alessandro Tomasi. Restano da definire Puglia e Campania, con ipotesi che vanno da profili politici – come Mauro D’Attis – a candidature civiche come Giosy Romano o il rettore Matteo Lorito. Sul metodo, il capogruppo di FdI Galeazzo Bignami ha scandito: “È plausibile che i nomi arrivino prima del voto nelle Marche”.

Tajani rassicura: strategia e tempi

Il segretario di Forza Italia Antonio Tajani ha provato a raffreddare l’allarme ritardi: “Non siamo in ritardo, stiamo lavorando. Dobbiamo vincere nelle Marche e in Valle d’Aosta. Troveremo un candidato unitario in Veneto, in Campania e in Puglia”. La parola d’ordine è unità, anche per non consegnare alle opposizioni il racconto di una coalizione divisa a pochi giorni dal voto.

Chiavi di lettura: leadership, territori, tempo

La contesa attorno a Vannacci mette sotto stress la leadership di partito e riaccende la faglia tra spinta personalistica e disciplina organizzativa. I territori – a partire dal Veneto – rivendicano peso specifico nella scelta dei candidati. E il fattore tempo è diventato moneta politica: ogni giorno che passa senza chiudere le caselle rischia di gonfiare la percezione di una coalizione in affanno, proprio mentre Pontida e le urne chiedono risposte nette. 

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