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Meloni alza i toni su Kirk, l’opposizione insorge e contrattacca

- di: Bruno Legni
 
Meloni alza i toni su Kirk, l’opposizione insorge e contrattacca
Meloni alza i toni su Kirk, l’opposizione la inchioda
“Basta cinismo sulla morte di Kirk”. Le opposizioni: “State incendiando il Paese”.

L’omicidio di Charlie Kirk a Orem, Utah, non è solo una tragedia americana: in Italia è diventato miccia politica. Giorgia Meloni lo usa come prova del “doppiopesismo” a sinistra, le opposizioni ribaltano l’accusa e la inchiodano sui toni. I fatti di partenza sono solidi e incontestabili: Kirk, 31 anni, è stato ucciso il 10 settembre 2025 durante un evento alla Utah Valley University; nelle 48 ore successive la polizia ha diffuso immagini del sospetto, ha ritrovato l’arma e ha stretto il cerchio fino all’arresto del 22enne Tyler Robinson, ora in custodia nello Utah con l’ipotesi di omicidio aggravato.

Il messaggio della premier

Meloni ha scelto di parlarne in chiave identitaria. Dal palco della kermesse centrista a Roma ha attaccato chi “minimizza” o addirittura “festeggia” l’uccisione di Kirk, citando post di collettivi studenteschi con l’immagine del leader conservatore “a testa in giù” e un lugubre “−1”. La linea è: “Noi vittime dell’odio, loro gli istigatori”. “È arrivato il momento di dire basta a chi fa il tifo quando ammazzano un conservatore”, ha scandito la premier, spostando il discorso sul terreno emotivo più favorevole all’elettorato di destra.

La mossa non è estemporanea. È una scelta di posizionamento: fare del “clima d’odio” una bandiera della maggioranza, capitalizzando l’indignazione e forzando l’opposizione in difesa. Ma quando la politica alza il volume, gli effetti collaterali arrivano presto.

Renzi passa all’attacco

Il contraccolpo più forte è firmato Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva è frontale e chiede alla premier di intervenire sul ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, che aveva evocato un “clima da Br”: “La presidente del Consiglio metta la museruola ai suoi pitbull delle dichiarazioni… Paragonare le opposizioni alle Brigate rosse è uno schiaffo alla storia d’Italia. Ciriani si dimetta”, attacca Renzi. La sua durezza è calibrata: non discute il cordoglio, ma denuncia l’uso politico del lutto e punta a presentare il governo come incendiario.

La sinistra organizza la controffensiva

Il Pd con Elly Schlein ribadisce la condanna “senza se e senza ma” della violenza, ma accusa Palazzo Chigi di “alimentare un clima incandescente”. Giuseppe Conte invita a “abbassare i toni”. È una strategia chiara: respingere l’equazione “post estremisti = opposizione parlamentare” e denunciare la torsione propagandistica.

Gli Stati Uniti: indagine, shock e narrazione

Negli Usa le autorità ricostruiscono tempi, luoghi e responsabilità. Non c’è un movente ufficiale dichiarato, ma emerge il tema della radicalizzazione online. Nel frattempo Donald Trump parla di “assassinio efferato” e promette onorificenze postume. La destra americana reagisce con furia; perfino il Nasdaq licenzia un dipendente per post che “celebravano” la morte di Kirk, a conferma di quanto il caso abbia incendiato anche la sfera pubblico-privata.

L’onda lunga della disinformazione

Nelle ore successive all’omicidio circolano notizie infondate: orientamenti politici attribuiti al sospetto, video manipolati, ricostruzioni fantasiose su presunti rifiuti di preghiere istituzionali. I fact-checker smentiscono, ma la dinamica è nota: più il sistema premia la viralità, più il dolore diventa narrazione.

Il calcolo di palazzo Chigi

Perché Meloni insiste? Per due ragioni. Primo: consolidare una cornice valoriale — “noi sotto attacco, loro indulgenti con l’odio” — che ricompatta FdI. Secondo: spingere le opposizioni nella trappola del “giustificazionismo”, facendo pesare post estremisti come se fossero voce dell’intero campo avversario. Ma la politica non vive nel vuoto: in Italia la memoria del terrorismo è profonda e l’uso del paragone con le Brigate Rosse è un’arma a doppio taglio. Rischio boomerang elevato.

Il nodo Ciriani

Le parole di Luca Ciriani“in Italia c’è un clima da Br” — segnano il salto di qualità. Per le opposizioni è la prova della degenerazione del linguaggio istituzionale. “Ciriani si dimetta”, incalza Renzi; il Pd parla di “delirio”. Se Meloni lo difende, se ne assume la paternità; se lo isola, ammette un errore di linea.

Cosa dice davvero l’opposizione

A sinistra nessuno “festeggia”. La condanna dell’omicidio è stata immediata e trasversale; il punto non è il dolore ma l’uso politico del dolore. La scelta di generalizzare partendo da post di sigle extraparlamentari è efficace nel breve (polarizza), ma consuma capitale istituzionale nel medio periodo. È la differenza tra governo e militanza: il primo deve separare i fringe dal Parlamento, non fonderli in un’unica immagine.

L’eco internazionale e la proiezione italiana

Lo scontro italiano entra sui media globali perché Kirk è stato una figura bandiera della destra trumpiana. Il rilievo dato alla caccia all’uomo e alla rabbia della destra mostra quanto il caso sia termometro del ciclo elettorale americano e, per riflesso, della dialettica europea. Meloni legge un’occasione per ribadire la vicinanza alla sponda trumpiana, ma il prezzo interno cresce se il linguaggio si imbarbarisce.

Il punto di diritto: l’inchiesta e i prossimi passi

La posizione di Robinson è gravissima. L’accusa di omicidio aggravato in Utah è una capital felony che, in presenza di aggravanti, può aprire alla pena di morte. La formalizzazione dei capi d’imputazione è attesa in udienza; nel frattempo, le autorità mantengono il riserbo sul movente, mentre il governatore Spencer Cox parla apertamente di “assassinio”.

La posta in gioco per Meloni

L’azzardo è evidente: usare un fatto estremo per ridefinire i confini morali della contesa. Funziona con la base, meno con i moderati. Le Brigate Rosse non sono un’iperbole qualunque: ricordarle come clava politica rischia di relativizzare la storia. In controluce, la premier difende la sua narrazione contro l’accusa di “doppiopesismo” sull’odio; ma l’Italia non è l’America, e ciò che negli Usa è scontro permanente qui diventa subito frattura istituzionale.

Perché Renzi è centrale in questa partita

Renzi ha fiuto per i varchi comunicativi. Chiedere la testa di Ciriani gli consente di occupare il centro dello schermo: si presenta come custode del perimetro democratico, parla al pubblico moderato, costringe Meloni a un bivio. E soprattutto marca un confine: “Cordoglio sì, propaganda no”. Se la premier non dissocia, si intestano alla maggioranza i toni da rissa; se lo fa, ne esce sconfessata.

Informazione, piattaforme e responsabilità

Il licenziamento al Nasdaq per post che “celebravano” la morte di Kirk dimostra che il tema non è astratto: la linea di confine tra libertà di espressione e apologia della violenza si fa più stretta. In Italia, la stretta va maneggiata con doppia cautela: il diritto penale non è un megafono e la comunicazione istituzionale dovrebbe ridurre, non amplificare, il rumore.

Che cosa resta dopo Kirk

Resta una verità semplice: la violenza politica va condannata sempre, e subito. Ma non può diventare carburante di campagna. L’Italia ha imparato a caro prezzo quanto costi trasformare la storia in caricatura; evocare le Br come metafora quotidiana inquina la lingua pubblica e alla lunga logora chi governa. Meloni vuole polarizzare, le opposizioni la sfidano sul terreno della responsabilità. Se la politica vuole parlare al Paese reale, deve smettere di urlare nel megafono del dolore.

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